SCAMBÎ INTERNAZIONALI
Nell'ultimo trentennio la teoria degli s. i. è stata sottoposta ad analisi d'indole diversa che hanno integrato o superato gli schemi classici (v. commercio: Commercio internazionale, X, p. 961). Le numerose elaborazioni rivolte a completare la teoria ricardiana hanno spesso cercato di ridurre le limitazioni implicate dalle ipotesi a cui essa è legata e in via generale hanno tentato di svilupparne i canoni fondamentali con l'ausilio delle dottrine dell'equilibrio economico generale. G. Haberler, B. Ohlin, T. O. Yntema e J. L. Mosak sono gli autori ai quali si devono gli studî di maggior rilievo.
Haberler accetta, in linea di massima, la teoria classica, che riesamina utilizzando le concezioni fondamentali della scuola austriaca e studiando la determinazione dei prezzi d'equilibrio prima in regime di mercato chiuso e successivamente in regime di scambî internazionali. Egli suppone che in ogni paese considerato con una molteplicità di fattori produttivi possano essere ottenuti due prodotti in combinazioni variabili, e osserva che ovviamente ai fini del consumo interno viene scelta quella combinazione che procura la maggiore utilità complessiva. A causa della limitazione delle possibilità produttive (e Haberler precisa che tali limitazioni possono derivare anche dall'impiego di fattori specifici, la cui mobilità spaziale od occupazionale è quasi nulla) ogni scelta costringe a rinunciare, in tutto o in parte, all'uno o all'altro dei prodotti ottenibili. Dati due prodotti A e B, il costo marginale di sostituzione "di una determinata quantità X del prodotto A è pari alla quantità del prodotto B a cui bisogna rinunciare per produrre X quantità di A invece di X − 1": il rapporto fra i costi marginali di sostituzione dei due prodotti dicesi rapporto marginale di sostituzione fra i due prodotti. Ammesso un regime di libera e perfetta concorrenza, il prezzo di ogni prodotto tende ad adeguarsi al costo marginale, la cui entità è data dalla somma dei prezzi dei fattori produttivi necessarî per produrre l'unità marginale. Il prezzo di ogni fattore tende inoltre ad essere determinato dalla sua produttività marginale: d'altra parte le singole unità di ciascun fattore, essendo tutte identiche e sostituibili fra loro, hanno lo stesso prezzo quale che sia l'uso che di esse si faccia. Evidentemente una quantità infinitesima di un qualsiasi fattore può essere sostituita, al margine, da una quantità infinitesima, avente la stessa produttività, di qualsiasi altro fattore, senza che varii il costo marginale e quindi il prezzo del prodotto. Una unità del prodotto A deve quindi avere lo stesso prezzo di quella quantità del prodotto B la cui produzione richieda, al margine, una combinazione di fattori produttivi avente valore identico alla combinazione dei fattori necessarî per la produzione di una unità di A. L'unità di A e la data quantità di B, avendo identico valore, vengono scambiate l'una con l'altra: il rapporto quantitativo di s. non è altro che l'indicato rapporto marginale di sostituzione, che rappresenta la ragione di s. d'equilibrio a mercato chiuso. Nel caso di due paesi producenti ciascuno due prodotti, se in essi i rapporti marginali di sostituzione sono diversi (ossia se i prezzi dei prodotti sono comparativamente diversi), la divisione internazionale delle attività produttive conviene ad entrambi, poiché in tal modo ciascun paese ottiene, in seguito allo scambio, la disponibilità di una combinazione dei due prodotti avente un indice d'ofelimità più elevato di quello riguardante la migliore combinazione ottenibile in regime di mercato chiuso. Ogni paese esporta quel prodotto che ottiene a costi di sostituzione (o alternativi) relativamente minori, nella cui produzione cioè si trova in condizioni di maggior vantaggio o di minor svantaggio. La ragione di s. i. è uguale al rapporto marginale di sostituzione nei due paesi ed è determinata dalla intensità delle loro domande-offerte. Haberler espone in tal modo la teoria del commercio internazionale facendo riferimento ad una "molteplicità di fattori" anziché al solo fattore "lavoro", e a "prezzi relativi" (o rapporti di sostituzione) anziché a "costi assoluti di lavoro", abbandonando quindi completamente l'ipotesi del valore-lavoro che costituisce una delle maggiori limitazioni della dottrina ricardiana.
Più innovatrice è, senza dubbio, la teoria di Ohlin, la quale segue in generale le concezioni di K. Wicksell, E. Cassel e specialmente di G. Heckscher. L'Ohlin non accoglie l'esposizione tradizionale e considera lo scambio internazionale nell'ambito della teoria dell'equilibrio economico generale e quale caso particolare dello s. interregionale (effettuato fra "regioni" considerate quali "luoghi di immobilizzazione relativa dei fattori di produzione"). Egli ipotizza la esistenza di più merci e di più fattori, considera tassi di cambio che permettono il confronto internazionale dei prezzi e afferma che la causa dello s. i. si trova nella differenza dei prezzi delle merci, i quali variano in relazione all'intensità delle domande (che fa dipendere oltre che dai gusti, dalla distribuzione dei redditi nei varî paesi) e alla possibilità delle offerte. Ogni paese tende a specializzarsi nelle produzioni di quelle merci che richiedono prevalentemente l'impiego di fattori in esso abbondanti (e quindi aventi prezzi relativamente meno alti), ed importa le altre merci. Ciò produce il massimo impiego, nei varî paesi, dei fattori relativamente abbondanti e la contrazione dell'impiego dei fattori relativamente scarsi, e naturalmente determina il livellamento dei prezzi dei "prodotti" e la tendenza al livellamento (essendo impossibile o improbabile che si abbia un completo livellamento) anche dei prezzi dei "fattori produttivi". L'Ohlin ha in tal modo sottolineato l'importanza dell'elemento spaziale nella teoria dello s. i., che ha presentato in termini monetarî abbandonando completamente le limitazioni derivanti dalla esposizione classica in termini di costi reali. La teoria della mera "tendenza" al livellamento dei prezzi dei fattori produttivi è stata tuttavia vivamente criticata da P. A. Samuelson e A. P. Lerner, i quali hanno affermato che in regime di libero s. deve realizzarsi il completo livellamento dei prezzi assoluti e relativi dei fattori di produzione e non solo il livellamento dei prezzi dei prodotti ottenuti con l'impiego di tali fattori. Per questi autori il libero s. dei prodotti sostituirebbe pienamente e non solo parzialmente la mobilità internazionale dei fattori. Occorre tuttavia rilevare che Samuelson e Lerner, oltre ad accettare le ipotesi di Ohlin, hanno basato la loro concezione su numerose altre ipotesi e in particolare su quella affatto inverosimile della esistenza di identiche funzioni produttive nei paesi considerati.
Yntema e Mosak, sebbene accettino in sostanza le più importanti ipotesi della teoria classica, ne curano riesposizioni matematiche impiegando schemi semplificati della teoria dell'equilibrio economico generale. In particolare, Yntema si sofferma ad analizzare il meccanismo della bilancia dei pagamenti, mentre Mosak generalizza e completa la trattazione dell'Yntema seguendo i moderni indirizzi imposti dalla teoria hicksiana.
Le esposizioni moderne, più che indulgere a trattazioni riguardanti la teoria pura degli s. i., hanno studiato i loro effetti sui redditi nazionali con particolare riferimento ai problemi riguardanti l'equilibrio delle bilance dei pagamenti. Le varie indagini hanno preso normalmente le mosse dalla critica del meccanismo classico dei pagamenti internazionali, che implicava un automatismo legato esclusivamente ai movimenti dei prezzi e ai flussi valutarî. Nel 1929 l'Ohlin - in netto contrasto con le concezioni di J. M. Keynes che allora era piuttosto vicino alla teoria classica - affermò (e la questione riguardava il problema degli effetti dei trasferimenti dipendenti dalle riparazioni tedesche) che un trasferimento di "capacità d'acquisto" (inteso come trasferimento di reddito) da un paese all'altro avrebbe provocato un aumento delle importazioni nel paese ricevente e una diminuzione in quello cedente, e quindi avrebbe determinato movimenti compensativi volti a ripristinare l'equilibrio nella bilancia dei pagamenti. Per Ohlin il reddito può trasferirsi da un paese all'altro senza subire modificazioni nella sua consistenza globale: sia nel caso in cui si abbia un trasferimento di reddito risparmiato (volontariamente o coattivamente) sia in quello in cui si abbia una eccedenza temporanea delle esportazioni, l'aumento della capacità d'acquisto in un paese deve essere pari alla diminuzione della stessa all'estero (principio della conservazione della capacità d'acquisto). La modifica della distribuzione internazionale della capacità d'acquisto causata dalle importazioni e dalle esportazioni comporta variazioni nei redditi nazionali ma non determina necessariamente variazioni notevoli nei prezzi dei beni importati ed esportati, e quindi non sempre produce variazioni nelle ragioni di scambio internazionali. Le nuove concezioni keynesiane successivamente, specie dopo il 1939, hanno indotto a riprendere e ad approfondire tali indirizzi. Per i principali sostenitori (R. F. Harrod, Joan Robinson, F. Machlup, L. A. Metzler, J. E. Meade) le variazioni nella formazione e nell'impiego del reddito contribuiscono a realizzare o a ristabilire le posizioni di equilibrio nei pagamenti internazionali. Tuttavia essi hanno sottolineato la necessità di eliminare ogni possibile contrasto fra posizioni di equilibrio interno con piena occupazione e posizioni di equilibrio esterno in regime di libero scambio. L'utilizzazione dell'analisi moltiplicatoria keynesiana in genere è stata fatta considerando distintamente gli effetti che le importazioni e le esportazioni producono sulla formazione e la distribuzione del reddito nazionale. Secondo le opinioni prevalenti le importazioni si risolvono in minori possibilità di occupazione all'interno e quindi in minori redditi per i fattori produttivi nazionali, mentre le esportazioni comportano un aumento della occupazione dei fattori produttivi nazionali e dei redditi ad essi spettanti. Ogni variazione delle importazioni tende, pertanto, a produrre una variazione di segno inverso nell'occupazione e nel reddito nazionale, mentre ogni variazione nelle esportazioni tende a determinare variazioni dello stesso segno nell'occupazione e nel reddito nazionale. Mentre un aumento delle esportazioni, come un aumento degli investimenti interni, stimola lo sviluppo del reddito, un aumento delle importazioni, come un aumento del risparmio interno, frena l'espansione del reddito nazionale. In ogni caso, gli effetti finali degli s. i. dei beni dipendono dalla propensione all'importazione (definita, in termini marginali, come il rapporto fra variazione del reddito e variazione delle importazioni) e dall'aumento di reddito che potrà essere causato dalle esportazioni (il cui moltiplicatore è ipotizzato pari al reciproco della sommatoria della propensione al risparmio e della propensione all'importazione). La determinazione dei vantaggi derivanti dagli s. i. deve essere fatta - secondo i sostenitori di tali concezioni - tenendo conto essenzialmente della qualità e della intensità, per ogni paese, degli "effetti di reddito" derivanti dalle importazioni e dalle esportazioni.
Indirizzi teorici recenti hanno richiamato l'attenzione su alcune cause poco evidenti che determiriano in concreto importanti correnti di scambio internazionale. I principali lavori hanno considerato gli effetti sul commercio internazionale delle differenti strutture produttive dei diversi paesi (e specie le relazioni fra paesi sviluppati e paesi sottosviluppati), della disuguale forza economica dei partecipanti agli scambî (esaminando, anche sul piano internazionale, i rapporti fra gruppi dominanti e gruppi dominati) e delle varie tendenze integrative (con riferimenti specifici agli accordi regionali). Occorre, infine, ricordare che nell'ultimo decennio alcuni studiosi hanno messo in dubbio l'utilità di continuare a sostenere, data la inadeguatezza delle ipotesi, una teoria pura dello scambio internazionale distinta dalla teoria generale del valore.
In complesso, mentre gli affinamenti e le estensioni della teoria classica hanno contribuito a riaffermare la validità delle concezioni libero cambiste, le teorie post-keynesiane e più recenti hanno posto in rilievo elementi idonei a giustificare diffusi e continui interventi di natura politica nelle relazioni economiche internazionali.
Bibl.: F. D. Graham, The theory of international values, in Quarterly Journal of economics, agosto 1932; T. O. Yntema, A mathematical reformulation of the general theory of international trade, Chicago 1932; G. Haberler, Der Internationale Handel, Berlino 1933 (trad. ingl. rivista dall'A.: The theory of international trade, Londra 1936); R. Harrod, International economics, Londra 1933 (nuova ed. riveduta 1939); B. Ohlin, Interregional and international trade, Cambridge, Mass., 1935; J. Viner, Studies in the theory of international trade, New York 1937; P. T. Ellsworth, International economics, New York 1938; id., The international economy, New York 1950 (nuova ed. riveduta 1958); F. Machlup, International trade and the national income multiplier, Filadelfia 1943; J. L. Mosak, General equilibrium in international trade, Bloomington, Ind., 1944; A. Gambino, Gli ammodernamenti della teoria degli scambi internazionali, Padova 1944; J. Robinson, The pure theory of international trade, in Review of economic studies, 1946-47; P. A. Samuelson, International trade and the equalisation of factor prices, in Economic Journal, giugno 1948; id., International factor-price equalisation once again, ibidem, giugno 1949; L. A. Metzler, The theory of international trade, in Survey of contemporary economics, I, Filadelfia 1948; O. D'Alauro, Commercio internazionale e concorrenza monopolistica, in Economia Internazionale, novembre 1949; id., I prezzi dei fattori produttivi e la teoria dello scambio internazionale, Genova 1958; American Economic Association, Readings in the theory of international trade, III, Homewood 1949; J. E. Meade, The theory of international economic policy, Londra 1951 e 1955; A. P. Lerner, Factor prices and international trade, in Economica, febbraio 1952; M. Byé, Les fondements de l'économie internationale, Parigi 1956; M. Moret, L'échange international, Parigi 1957.