SCALPTOR
S. poteva chiamarsi in Roma ogni incisore e scultore del marmo (v. marmorarius), delle pietre dure (v. gemmarius). L'iscrizione di uno s. vascularius (C.I.L., vi, 9824) probabilmente si riferisce a un artigiano di vasi decorati (di marmo o di bronzo?), quella di un liberto adiutor praepos(iti) scalptorum sacrae monetae (C.I.L., vi, 8464) a un incisore di conî. Altri scalptores sono ricordati in iscrizioni funerarie (C.I.L., vi, 9824; 339089). L'azione dello s. (scalpere) si contrappone a quella del dipingere e del formare: de pictore, scalptore, fictore, nisi artifex iudicare... non potest (Plin., Epist., i, 104); itaque ad pingendum, ad fingendum, ad scalpendum... (Cic., De Nat. deor., ii, 60). Nella tradizione manoscritta scaiptor e scalpere sono facilmente alternati con sculptor (v. sculptor) e sculpere, ma la prima è la più antica parola che tradusse il greco γλύϕω, e fu sostituita circa dalla metà del II sec. d. C. dalla seconda, senza esprimere alcuna differenza di significato.
Bibl.: G. Kuehn, De opificum Romanorum condicione privata quaestiones, Halis 1930, p. 41, n. i; Ernout-Meillet, Diction. étymol. de la langue latine, Parigi 19604, II, pp. 598-9.