scala geografica
scala geogràfica locuz. sost. f. – Tradizionalmente, rapporto dimensionale che intercorre tra una rappresentazione cartografica e la realtà rappresentata. In anni recenti il concetto di s. g., nella sua accezione ‘traslata’, è stato e continua a essere al centro di importanti sviluppi teorici, non solo per il pensiero geografico ma anche per le altre scienze umane. Una scala, infatti, rappresenta anche una serie di gradini che, per quanto simili e vicini l’uno all’altro, consentono di muoversi tra piani tra loro anche molto diversi, pur se strettamente interconnessi. Dal punto di vista della comprensione dei processi umani (sociali, economici, politici, ecc.), così come della loro interrelazione con quelli naturali (ecologici, ambientali), la scala è uno strumento che consente di meglio concettualizzare e comprendere i processi in atto non solo in ambito scientifico. Per questo la s. g. è divenuta implicitamente uno dei temi centrali del dibattito politico. Ne sono evidenti esempi le riflessioni sulla crisi dello Stato-Nazione, quasi schiacciato tra la necessità di un’oculata e partecipata gestione del territorio alla scala locale da un lato, e dai fattori geopolitici e macroeconomici alla scala sovrastatale e globale dall’altro. Altri temi di grande rilievo, che implicano il concetto di s. g., sono il crescente ruolo delle amministrazioni locali e dell’Unione Europea rispetto alle politiche nazionali o quello delle società multinazionali sul sistema produttivo, oppure quelli correlati all’espressione «think globally, act locally» (pensare globalmente, agire localmente), utilizzata in molti ambiti, dal business alla sostenibilità ambientale. Espressione che viene talvolta ribaltata per sottolineare una sorta di rivincita del locale sul globale. È ancora la s. g. l’elemento su cui si innestano i dibattiti sul federalismo e sul regionalismo, come anche sulla globalizzazione e i suoi molti portati. Sul piano della concettualizzazione la definizione della s. g., per quanto appaia intuitiva, è sfuggente e il dibattito scientifico è tra i più attivi e fecondi. La posizione secondo la quale le diverse s. g. sarebbero un mero artificio mentale, utile soltanto a interpretare la realtà, trova l’opposizione di un crescente numero di studiosi, secondo i quali le s. g. esistono ‘concretamente’ e dalla loro esistenza derivano effetti altrettanto concreti e visibili. Anche nel pensiero di coloro che supportano quest’ultima tesi possono riscontrarsi rilevanti differenze, poiché le s. g. possono essere considerate un dato assoluto, connesso alla natura delle cose e a elementi dati (come la posizione nello spazio, le distanze), oppure il risultato di processi continuamente attivi, in grado di ‘plasmare’ lo spazio e, con esso, anche le diverse scale geografiche. La categorizzazione gerarchica tradizionalmente correlata alla s. g. può essere concettualizzata in senso verticale, come una serie di gradini che, andando verso l’alto, porterebbero progressivamente dal livello locale ad ambiti ‘superiori’ (come quelli statuali, continentali e globali), oppure in senso orizzontale, alla stregua di cerchi concentrici sempre più larghi che racchiudono la casa, il quartiere, la città, lo spazio metropolitano, quello regionale fino a giungere nuovamente al livello globale. Il progressivo affinamento teorico tende a mettere in discussione l’aspetto gerarchico per muovere verso il concetto di rete, nella quale si mettono in evidenza, più che gli spazi, il numero, la densità e la qualità dei canali di connessione tra ambiti scalari. Secondo la geografia radicale la scala è un elemento fondamentale per il sistema produttivo, particolarmente nella dialettica tra capitale e lavoro. Il capitale sarebbe infatti continuamente sottoposto a due opposte e contemporanee tensioni: quella che lo spinge a ‘fissarsi’ spazialmente, per poter realizzare la produzione e la conseguente accumulazione, sviluppando perciò relazioni con fornitori e forza lavoro in uno o più luoghi; quella che lo induce a spostarsi, nella continua ricerca di occasioni ancora più redditizie per l’investimento. Tale continua tensione spaziale sarebbe alla base della produzione e continua rigenerazione di s. g., così come della preponderanza di alcune di esse in certe fasi storiche. Per es., la progressiva liberalizzazione globale dei flussi di capitali, dovuta alla convergenza tra innovazione tecnologica, fine dell’epoca della guerra fredda e diffusa accettazione della dottrina neoliberale, viene letta, in questa chiave, come costruzione e rafforzamento della scala globale (la cosiddetta globalizzazione) a opera del capitale. Dall’ultimo ventennio del 20° secolo in poi la scala globale sarebbe quella d’elezione per il capitale, che avrebbe comunque mantenuto una forte influenza su tutte le altre scale, contribuendo a determinarle; la scala alla quale il lavoro agisce e si auto-organizza sarebbe invece prevalentemente locale. Proprio il tema del lavoro, secondo alcuni autori, offrirebbe la possibilità di definire concretamente la scala urbana facendo riferimento all’ambito spaziale del mercato del lavoro, ovvero all’area all’interno della quale avviene la maggior parte degli spostamenti casa-impiego percorsi giornalmente dalla maggior parte dei lavoratori (travel-to-work area; in Italia un indicatore concettualmente simile è quello del Sistema locale del lavoro, SLL). Rispetto all’analisi dei processi e degli eventi realizzata a una singola scala, considerata come l’unica rilevante per determinati fenomeni, una sempre maggiore attenzione viene dedicata alla lettura simultanea e comparata dei fenomeni e delle relative influenze e interconnessioni alle diverse scale (transcalarità). Questo approccio si inserisce nell’alveo delle ricerche che condividono una scarsa fiducia nella possibilità di interpretare i processi analizzandone le singole componenti, ritenendo piuttosto necessario considerare la realtà in termini di complessità e di sistemi, nello studio dei quali, più che i singoli elementi, hanno rilievo le interazioni tra di essi e dei vari sistemi tra di loro. La capacità di effettuare ‘salti di scala’ (v. anche ), di agire su più scale diverse (multiscalarità), di costruirne di nuove o mutare il senso di quelle comunemente accettate, può offrire ad alcuni attori maggiori possibilità di successo rispetto agli altri in diversi contesti (economia, politica, cultura. ecc.).