scabbia
Da s. (che secondo le cognizioni mediche del tempo si accompagnava alla lebbra: v. LEBBRA), che macula i loro corpi di chiazze aride e pruriginose, sono affetti nell'ottavo cerchio dell'Inferno i falsari di metalli: sì traevan giù l'unghie la scabbia, / come coltel di scardova le scaglie (If XXIX 82). Qui il vocabolo non indica tanto il fatto morboso in sé e per sé, quanto piuttosto le pustole che ne sono l'effetto e la manifestazione esterna.
Ricorre poi nella preghiera rivolta da Forese a D.: " Deh, non contendere a l'asciutta scabbia / che mi scolora ", pregava, " la pelle, / né a difetto di carne ch'io abbia... " (Pg XXIII 49); e poiché i golosi purgano il loro peccato soffrendo gli stimoli della fame e della sete, qui s., più che una determinata affezione che renda la pelle arida e squamosa, sarà analogicamente posta a indicare la sete (l'effetto della fame è indicato al v. 51), in quanto l'intenso e prolungato bisogno d'ingerire acqua provoca nell'organismo un senso di secchezza analogo a quello causato dalla scabbia: " idest ad siccam maciem ", chiosa Benvenuto.