SAVOIA, Maria Giuseppina Luisa
di, contessa di Provenza. – Nacque a Torino il 2 settembre 1753, figlia di Vittorio Amedeo, allora duca di Savoia e dal 1773 re di Sardegna (Vittorio Amedeo III), e di Maria Antonia Ferdinanda di Borbone, figlia del re di Spagna Filippo V.
L’educazione della principessa sabauda fu affidata, a Torino, a uno scudiere e a due dame di palazzo, secondo canoni severi e austeri che in seguito si sarebbero rivelati non adatti a prepararla per affrontare il contesto politico nel quale dovette operare. Dopo aver pensato all’ipotesi di un suo matrimonio con Ferdinando di Borbone-Napoli (che invece nel 1768 sposò Maria Carolina d’Asburgo), Carlo Emanuele III di Savoia, suo avo, ne organizzò le nozze con Luigi Stanislao Saverio di Borbone, conte di Provenza (1755-1824), fratello del delfino di Francia (il futuro Luigi XVI), più giovane di lei di due anni. Le trattative furono condotte fra il 1769 e il 1770 direttamente con Luigi XV, che era nipote ex sorore del re di Sardegna.
In quell’occasione il cardinale François-Joachim de Pierre de Bernis, ambasciatore francese presso la S. Sede, procurò le necessarie dispense ai due sposi (la nonna di Luigi Stanislao era la principessa Maria Adelaide di Savoia). Grazie all’azione congiunta del conte Giambattista Balbo Simeone di Rivera, ministro plenipotenziario del re di Sardegna a Roma, la pontificia Segreteria dei brevi fece tempestivamente inviare l’approvazione papale a Versailles e a Torino. Il ministro Louis-Marie-Gabriel-César barone di Choiseul, ambasciatore straordinario e plenipotenziario a Torino, s’incaricò poi di presentare la domanda della mano della principessa (10 aprile 1770) agendo come procuratore durante tutte le cerimonie legate alle nozze. A nome del conte di Provenza, Choiseul fece consegnare alla futura sposa una lettera, un ritratto in miniatura dello sposo montato su un braccialetto e una ricca parure di perle e diamanti.
Il contratto di matrimonio fu siglato il 16 aprile 1770 a Torino, dove si tennero ricchi festeggiamenti oltre che a Palazzo reale, presso il palazzo del marchese Alessandro Marcello Ferrero d’Ormea e quello del marchese Angelo Carlo Isnardi di Caraglio. Il matrimonio per procura fu celebrato a Torino, nella cappella del Santo Sudario, il 25 gennaio 1771 presenti il cardinale Carlo Vittorio Amedeo delle Lanze e l’arcivescovo di Torino Francesco Luserna Rorengo di Rorà, coadiuvato dai vescovi di Vigevano (Giuseppe Maria Scarampi) e di Fossano (Giuseppe Filippo Porporato). A rappresentare lo sposo fu il principe di Piemonte (il futuro Carlo Emanuele IV), fratello maggiore di Maria Giuseppina. Il 22 aprile 1771 la sposa partì per la Francia, giungendo a Lione il 5 maggio. Alcuni giorni dopo, il 14 maggio, il matrimonio venne nuovamente celebrato nella cappella della reggia di Versailles.
Maria Giuseppina inizialmente simpatizzò con la giovane Maria Antonietta – che aveva sposato il delfino un anno prima –, ma le invidie di corte, legate al fatto che il delfino e sua moglie non avevano ancora avuto figli, alimentarono l’ostilità e i sospetti dell’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo (madre di Maria Antonietta), che temeva una trama da parte dei conti di Provenza per scalzare la linea dinastica principale dal trono di Francia. I timori dell’imperatrice furono acuiti dal matrimonio, consumato nel 1773, anche dalla sorella di Maria Giuseppina, Maria Teresa di Savoia, con il conte d’Artois. A Vienna si temeva, infatti, che l’azione delle due principesse, unite a quella della principessa di Lamballe, una Savoia Carignano, segnassero l’affermarsi a Versailles di un partito piemontese che riuscisse a rompere l’alleanza tra Impero e Francia, la quale aveva bloccato l’espansione sabauda nel Nord Italia.
Appena giunta a Versailles, Maria Giuseppina riuscì inizialmente a inserirsi nell’ambiente francese: nelle relazioni che inviava a Torino raccontava delle lunghe e frequenti passeggiate, dei concerti, delle cene e degli svaghi quotidiani. Il tono sfarzoso e mondano della corte, tuttavia, contrastava non poco sia con quello della corte torinese dove era cresciuta sia con il suo carattere, incline alla malinconia e alla riservatezza. Nel 1774 Maria Giuseppina rimase incinta: poiché Luigi XVI e Maria Antonietta non avevano ancora consumato il proprio matrimonio e non avevano figli, se fosse nato un maschio, sarebbe stato l’erede al trono. Tuttavia, la gravidanza si risolse con un aborto spontaneo, così come avvenne per una successiva gravidanza nel 1781. Il matrimonio non portò, infine, alla nascita di alcun erede.
La tristezza per l’apparente incapacità di dare un figlio al marito e i rapporti sempre più difficili con Maria Antonietta portarono la principessa alla decisione di andare a vivere fuori dalla reggia di Versailles. Nel 1780 acquistò nel sobborgo di Versailles un podere di una dozzina di ettari detto il Grand-Montreuil e incaricò l’architetto Jean François Chalgrin (1739-1811) di costruirle una residenza che le permettesse di condurre una vita più ritirata. Realizzata in pochi anni, passò alla storia con il nome di Pavillon Madame o Château de Montreuil, circondata da un parco all’inglese e da numerosi fabbricati, fra cui diversi tempietti allegorici e il Pavillon de musique (1784).
Gran parte della struttura fu distrutta nel corso e dopo la Rivoluzione, durante la quale fu requisita come bene nazionale. Venduto fra il 1793 e il 1794 a prezzi irrisori, il podere, che era stato svuotato dai conti di Provenza di gran parte dei mobili e degli arredi, biblioteca compresa, fu separato in lotti e acquistato da privati.
La decisione di allontanarsi da Versailles nacque anche dal progressivo deteriorarsi dei rapporti con il marito a causa del fallimento della gravidanza del 1781. Questi, peraltro, già da diversi mesi si era legato ad Anne Nompar de Caumont (1753-1842; figlia del suo primo gentiluomo di camera e della governante dei figli dei conti d’Artois) che giunse a imporre alla moglie come dama d’atours. Da parte sua, Maria Giuseppina stessa pare avesse già avuto altre relazioni e, all’inizio degli anni Ottanta, si legò sempre più a Jeanne-Marguerite Gallois (1737-1817), sposata con Charles-Florent de Gourbillon, che divenne prima sua lettrice e poi compagna inseparabile.
Neppure la condivisione con il marito del castello di Brunoy (altra residenza amata da Luigi Stanislao, che vi fece allestire un teatro e vi accolse Maria Antonietta in occasione di sontuosi ricevimenti) riuscì a sanare il rapporto della coppia, divisa anche nei gusti culturali: tanto avido lettore si rivelò il marito, quanto disinteressata alla letteratura e ai passatempi intellettuali era invece descritta Maria Giuseppina, la quale a Parigi abitò l’ala destra del Grand Palais de Luxembourg, collegata tramite una galleria al Petit Palais, dove il marito, dal 1778, aveva allestito un’altra residenza, ottenuta da Luigi XVI come appannaggio. Quando, nel 1789, la corte fu costretta a risiedere al palazzo delle Tuileries, il sovrano era solito invitare il fratello e la cognata a condividere le cene con la corte. Maria Giuseppina, tuttavia, a differenza del marito, non amava il Luxembourg, né le serate presso il castello di Saint-Cloud, acquistato nel 1785 da Luigi XVI per la regina e dove, in occasione della stagione estiva, era ospitata la famiglia reale allargata, compresi i conti di Provenza.
Ormai, però, il rapporto tra Maria Giuseppina e madame de Gourbillon si era fatto così stretto da divenire oggetto di scandalo e Luigi XVI decise quindi, nel febbraio del 1789, di mandare in esilio la lettrice. La contessa, tuttavia, riuscì a farla rientrare in Francia già un anno dopo. La Rivoluzione interruppe questa routine e, nel giugno del 1791, i conti di Provenza si unirono ai sovrani nel tentativo di fuga che per questi ultimi si concluse con i drammatici eventi di Varennes. Al contrario, grazie anche all’azione di madame de Gourbillon, i Provenza arrivarono in salvo nei Paesi Bassi austriaci, da dove Luigi Stanislao si unì agli émigrés e al conte d’Artois a Treviri per tentare un’operazione armata contro i rivoluzionari. Il precipitare della crisi politica a Parigi, l’esecuzione dei sovrani (1793) e la morte del piccolo Luigi XVII, nel 1795, portarono la corona – per quanto virtuale – sul capo di Luigi Stanislao (Luigi XVIII) e Maria Giuseppina. Per i due si aprì un periodo di esilio e peregrinazioni che essi trascorsero quasi interamente separati. Lei fu a Torino nel 1792 dal padre, Vittorio Amedeo III, che, tra la fine del 1793 e la primavera del 1794, accolse anche Luigi. Nel 1796, mentre lo Stato sabaudo veniva sconfitto dalla Francia nella guerra delle Alpi, Maria Giuseppina e madame de Gourbillon si portarono a Novara e da lì si trasferirono in Svizzera, Germania e Austria. Nel 1799 il conte di Provenza chiese a Giuseppina – descritta come frequente vittima di attacchi di nevrastenia e dedita all’uso di alcolici – di raggiungerlo a Mittau, in Lettonia, per assistere alle nozze del nipote Luigi Antonio, figlio dei conti d’Artois, con la nipote Maria Teresa, unica figlia sopravvissuta di Luigi XVI e Maria Antonietta. La coppia dunque si ricongiunse, ricostruendo intorno a sé, grazie alla munificenza garantita dallo zar Paolo I, una piccola corte di reduci dai fasti di Versailles. Luigi riuscì però a impedire a madame de Gourbillon di accompagnare la moglie. Il clima troppo rigido suggerì a Maria Giuseppina di trasferirsi, in incognito e sotto lo pseudonimo di contessa d’Oliergues o di Lille, fin dal 1800 in Germania, a Pyrmont nel Principato di Waldeck e, l’anno successivo, in Schleswig-Hostein a Kiel. Nel 1802 fu a Wildungen, in Assia. La sua salute era sempre più compromessa quando, nel 1803, raggiunse Varsavia, dove Luigi XVIII si era stabilito nel palazzo Wasilewski con una propria corte; Maria Giuseppina alloggiò separatamente nel palazzo Łazienski, di proprietà dei principi Poniatowski. Nel 1805 i due tornarono ancora in Lettonia, sotto lo zar Alessandro I, che si rivelò, tuttavia, meno generoso del padre nell’accogliere la coppia di esuli. L’ascesa napoleonica, i successi militari dell’imperatore dei francesi e le nuove alleanze dinastiche stabilite da quest’ultimo posero in ombra le vicende di Luigi XVIII, che non riuscì a trovare, con la moglie, il sostegno sperato da parte dei sovrani antifrancesi. Nel 1807 il conte di Provenza, allontanato dallo zar, decise di imbarcarsi a Stoccolma per la Gran Bretagna, dove fu accolto benevolmente dall’aristocrazia inglese e dalla pubblicistica che, a differenza di quella francese, diede risalto alla presenza della coppia. Nel 1808 il duca di Buckingham li ospitò provvisoriamente a Gosfield Hall. In quegli anni anche madame de Gourbillon viveva a Londra, ma i suoi tentativi di riunirsi a Maria Giuseppina furono più volte frustrati dall’azione di Luigi. Nel 1809 i due si stabilirono a Hartwell House, nel Buckinghamshire, a circa sessanta chilometri da Londra, residenza nella quale Maria Giuseppina, colpita da tempo da idropisia oltre che da crisi nervose, morì nella notte fra il 13 e il 14 novembre 1810, senza riuscire a sedere sul trono di Francia con il marito, che sarebbe diventato sovrano nel 1814.
Non si ha traccia di un testamento di Giuseppina, ma solo della sua volontà di essere sepolta nel Regno di Sardegna, dove la corte paterna si era ritirata. A Londra, la veglia di rito cattolico fu celebrata nella cappella cosiddetta degli ambasciatori, in King Street (25-26 novembre); fu tumulata inizialmente a Westminster, nella cappella di Enrico VII, per poi essere trasferita a Cagliari il 12 aprile 1811 e venire collocata nella cattedrale della città il successivo 13 aprile.
Fonti e Bibl.: T.H.A. de Reiset, Joséphine de Savoie comtesse de Provence 1753-1810. D’après des documents inédits, Paris 1913; M. Gallet, Les architectes parisiens du XVIII siècle. Dictionnaire biographique et critique, Paris 1995, p. 114; Marie Antoinette (catal.), a cura di X. Salmon, Paris 2008, pp. 71, 101, 116, 212, 214, 258 e schede nn. 68, 69, 72, 88, 96, 229; E. De Waresquiel, L’obstination d’un roi. Louis XVIII en exile. 1791-1814, in Napoleonica. La Revue, 2015, 1, n. 22, pp. 32-43; F. Meyer, Leçon d’histoire dynastique pour une princesse de Savoie: l’épître à Marie-Joséphine, comtesse de Provence, en 1771, par l’abbé Parmentier, in L’Honnête homme, l’or blanc et le Duc d’Albe. Mélanges offerts à Alain Becchia, Chambéry 2016, pp. 463-478.