SAVOIA (Savoia-Aosta), Luigi Amedeo di, duca degli Abruzzi
Figlio terzogenito di Amedeo, duca d'Aosta, e di Maria Vittoria, principessa Dal Pozzo della Cisterna, nacque a Madrid il 29 gennaio 1873, quattordici giorni prima che il padre abdicasse al trono di Spagna. Compiuti i corsi dell'Accademia navale, a 16 anni si imbarcò sulla R. N. A. Vespucci per una lunga crociera sulle due coste dell'America Meridionale; tenente di vascello nel 1893, sulla Volturno, visitava le coste dell'Africa orientale fino a Zanzibar, navigando poi nell'Atlantico e nel Mediterraneo. In quegli anni egli iniziò la sua educazione alpinistica sulle vette principali della catena del M. Bianco e delle Alpi Pennine, e vi ritornò poi più tardi, nelle brevi vacanze della vita marinara, conquistando difficili vette non prima salite da altri.
Nel corso di un viaggio di circumnavigazione fra l'ottobre del 1894 e il dicembre del 1896, sulla R. N. Cristoforo Colombo, ebbe la prima visione del Himālaya dalla stazione di Darjeeling nel Bengala e appena tornato in patria si accinse alla preparazione di una spedizione a una delle più alte vette della grande catena indiana. Costretto a rinunziarvi dallo scoppio di un'epidemia di peste e da una grave carestia nei piani prehimalayani, con decisione improvvisa scelse una meta interamente diversa, richiedente uno studio e mezzi nuovissimi, il M. Sant'Elia dell'Alasca, alto 5514 m., coperto di ghiacciai che scendono alla costa dell'Oceano Pacifico, all'incrocio del 60° parallelo col 141° meridiano O. La spedizione composta dal principe, U. Cagni, G. Gonella, V. Sella, F. De Filippi, quattro guide alpine e un assistente fotografo, lasciava l'Italia nel maggio 1897. Dopo cinque settimane di viaggio sbarcava in una baia del Pacifico settentrionale, ai piedi della catena. In 38 giorni furono percorsi i 90 km. di ghiacciai fra la costa e la vetta del Sant'Elia, che venne raggiunta da tutta la spedizione il 31 luglio.
Seguì la spedizione polare artica, compiuta dal luglio 1899 al settembre 1900 dal principe, U. Cagni, F. Querini, A. Cavalli Molinelli, quattro guide alpine e tre marinai del Corpo reali equipaggi, sulla nave Stella Polare. Attraverso i canali dell'Arcipelago Francesco Giuseppe riuscì a toccare la latitudine più alta raggiunta da una nave, 82°4′, e si accinse allo sverno sulla costa dell'Isola Principe Rodolfo. Ai primi di settembre la pressione dei ghiacci in deriva per poco non distrusse la nave, e si dovettero preparare i quartieri d'inverno a terra. In una delle escursioni invernali con le slitte il principe fu sorpreso da una tempesta di neve, ed ebbe una mano congelata e due dita incancrenite. Dovette quindi rinunciare a condurre egli stesso la spedizione verso il nord e ne affidò il comando al Cagni, che si spinse fino alla latitudine di 86°34′ la più alta raggiunta fino allora.
Un secondo viaggio di circumnavigazione compì il principe nel 1903-1905 al comando della R. N. Liguria, col grado di capitano di fregata: un viaggio di 53.600 miglia nautiche, traversando sei volte l'equatore, e toccando centoquattordici porti. Un anno dopo il suo ritorno, intraprese l'esplorazione della catena del Ruvenzori, situata fra i grandi laghi dell'Africa Equatoriale e il bacino del Congo. Perennemente coperto da nebbie e da nubi, questo sistema di monti era quasi del tutto sconosciuto. In meno di due mesi il principe, con i suoi collaboratori Cagni, Cavalli Molinelli, Sella e Roccati, ne completò l'esplorazione e l'illustrazione in ogni sua parte: forma e topografia della catena, distribuzione e altezza delle vette, loro rapporti con le valli, caratteri ed estensione dei ghiacciai. Furono salite quattordici vette della catena di altezza superiore ai 4600 m.
Promosso capitano di vascello, ebbe il comando delle due navi Varese ed Etruria inviate agli Stati Uniti per le feste centenarie della fondazione della repubblica; poi della corazzata Regina Elena, in crociera nell'Atlantico settentrionale e nelle grandi manovre nel Mediterraneo. Al termine di due anni di navigazione, sullo scorcio del 1908, incominciò a preparare una nuova impresa. Egli voleva conquistare il primato dell'altezza in montagna come già aveva conquistato quello della latitudine nel Mare glaciale artico. Scelse come meta il K2, di 8610 m., o un'altra delle eccelse vette che si ergono attorno al ghiacciaio Baltoro, nella catena del Karakorum.
Alla metà del 1909, il principe con i compagni marchese F. Negrotto, il Sella e il De Filippi, sette guide alpine e l'assistente del Sella, era pervenuto sul Baltoro. Per più d'un mese rinnovò gli attacchi alla grande piramide del K2; da S., da E., da O. Respinto dalle sue formidabili difese, si rivolse a un'altra vetta del bacino, il Bride Peak, alto 7654 m. In un primo tentativo fu respinto da una tempesta di neve, a 7150 m. di altezza. Pochi giorni dopo, il 18 luglio, riusciva a raggiungere il sommo di un'isola di rocce affiorante sulla neve della cresta, a un'altitudine di 7500 m., 213 m. più su del punto toccato fino allora dall'uomo. Per due ore attese invano una schiarita della nebbia che gli permettesse di proseguire; ma dovette rinunciare a pervenire alla vetta. Quest'altezza non fu più superata dall'uomo fino ai tentativi di conquista dell'Everest, nel 1922, 1924 e 1933.
Promosso contrammiraglio alla fine del 1909, il principe tenne la direzione dell'arsenale marittimo di Venezia fino allo scoppio della guerra italo-turca (29 settembre 1911), quando fu nominato ispettore delle siluranti, con la missione di vigilare il litorale albanese da Valona a Prevesa. Le operazioni di guerra, iniziate con l'affondamento di torpediniere nemiche, vennero interrotte dal veto austriaco contro azioni nell'Adriatico e nello Ionio. Nominato viceammiraglio nel maggio 1912, dopo la pace con la Turchia, per un anno ebbe il comando della piazza marittima della Spezia. Poi riprese il comando di squadra, fino allo scoppio della guerra mondiale, quando venne nominato comandante in capo delle forze navali. Trascorse il periodo di neutralità dell'Italia curando l'efficienza delle forze affidategli.
Poi, per due anni, diresse tutta l'azione guerresca della marina italiana e delle flotte riunite degli alleati in Adriatico. La campagna culminò col salvataggio dell'esercito serbo: oltre 150.000 profughi trasportati da Medua, Durazzo e Valona a Corfù, a Brindisi e all'Asinara, senz'alcuna perdita. Organizzò poi il trasporto del corpo di occupazione di Salonicco, e l'occupazione di punti strategici sulla costa adriatica orientale in appoggio all'esercito operante in Albania. Nei primi giorni del febbraio 1917 il principe cedeva il comando dell'armata e si congedava dagli stati maggiori e dagli equipaggi della flotta.
Nel 1919, egli si recava nella Somalia Italiana con alcuni tecnici e geografi, per studiare la possibilità di fondare una colonia agricola sul corso inferiore dello Uebi Scebeli. In dieci anni di assiduo lavoro una fiorente azienda sostituiva la boscaglia incolta nella regione scelta di Scidli. L'alimentano le acque dello Uebi Scebeli, sfruttate con estesi lavori idrici e con una fitta rete di canali; 150 km. di strade, una ferrovia economica, magazzini, officine, laboratorî e impianti industriali assicurano l'autonomia della colonia, che si stende attorno al Villaggio Duca degli Abruzzi, sede della direzione.
Organizzata la colonia, era naturale che il principe sentisse la necessità di conoscere in ogni suo particolare il fiume che le dà vita. Questo scorre nel suo tratto medio e superiore in regioni dell'Etiopia allora per buona parte inesplorate, o appena attraversate dagl'itinerarî di varî viaggiatori, fra cui buon numero d'Italiani. Nessuno di questi s'era proposto di esplorare il fiume sistematicamente. Erano ignote le sue sorgenti, la maggior parte del percorso, il numero e l'importanza relativa dei suoi tributarî. Dalla conoscenza del bacino idrico e del suo clima era probabile di poter trarre conclusioni utili per l'economia della colonia.
La spedizione, per la quale il duca aveva richiesto la collaborazione di E. Cerulli etnografo, E. Tischer mineralogo, C. Basile naturalista, capitano Palazzolo e tenente Broca, topografi, O. Pavanello meteorologo ed E. Angeli radiotelegrafista, iniziò il viaggio in carovana da Hadama, sulla ferrovia Gibuti-Addis Abeba, alla fine di ottobre 1928. In quindici giorni perveniva a Hoghisò, a 2680 metri sul mare, dove sgorga il fiume. Di qui, in poco meno di tre mesi, esplorò e compì il rilevamento di circa 1200 km. del suo corso, fino a Sulsul, nel piano della Somalia Italiana.
I molti anni spesi nell'Africa tropicale con brevi e insufficienti periodi di riposo in clima temperato avevano duramente provata la salute del principe, che andò declinando rapidamente negli ultimi due anni. Quando sentì la fine vicina, stoicamente lasciò l'Italia per terminare in pace e in solitudine la strenua vita nella terra che aveva redenta dal deserto, nel villaggio che aveva edificato, il 18 marzo 1933.
Bibl.: T. Sillani, L. di S., Roma 1929; G. Vallanzi, L. A. di S. (discorso commem.), ivi 1933; L. di S., duca degli Abruzzi, a cura dell'Ufficio storico della marina, ivi 1934; E. Curi, Il principe esploratore, Rovereto 1935.
Per le campagne esplorative, v. le singole voci geografiche.