SAVOIA, Gian Ludovico
di, vescovo di Ginevra. – Settimo figlio del duca Ludovico di Savoia e di Anna di Cipro o di Lusignano; la sua data di nascita è sconosciuta, ma quasi certamente risale al 1447.
Gian Ludovico fu destinato fin dalla nascita alla carriera ecclesiastica. Già nel 1451, all’età di quattro anni, papa Niccolò V lo nominò priore di Nantua, Payerne e Romainmôtier (attualmente Morat, in Svizzera), nonché abate di S. Benigno di Fruttuaria (Torino). Quando nel 1452 l’episcopio di Saint-Jean-de-Maurienne rimase vacante, il capitolo elesse Gian Ludovico; la sua nomina non fu però ratificata da papa Niccolò V, che non approvò la decisione di affidare una cattedra a un titolare che non avesse ricevuto gli ordini sacri. Gian Ludovico non li ricevette mai: nei documenti è definito «cordatus», «protonotario apostolico» e «amministratore perpetuo del vescovato» (Helvetia Sacra..., a cura di L. Binz - J. Emery - C. Santschi, 1980, pp. 56 s.). Tali titoli furono comunque considerati sufficienti da papa Callisto III, che con bolla datata 22 aprile 1456 affidò a Gian Ludovico la carica di amministratore del vescovato di Tarantasia, in Savoia. Pochi anni dopo, nel 1460, una bolla di papa Pio II trasferì Gian Ludovico alla cattedra di Ginevra, rimasta vacante in seguito alla morte del titolare, Pietro di Savoia, fratello maggiore di Gian Ludovico, che si trovava allora a Torino, dove studiava all’università.
La carica di vescovo non impedì a Gian Ludovico di prendere parte attiva alla vita militare: nel mese di ottobre del 1468, insieme ai fratelli Filippo di Bresse e Giacomo di Romont – ognuno alla guida di una compagnia armata – fu presente a Péronne all’incontro tra il re di Francia Luigi XI e il duca di Borgogna Carlo il Temerario. I cadetti di Savoia erano schierati in campo borgognone e il vescovo di Ginevra prese anche parte all’assedio e al saccheggio di Liegi (1468).
Gian Ludovico si dedicò anche al governo politico del proprio vescovato. Nel 1469 promulgò diverse ordinanze ai castellani al fine di limitare gli abusi dei propri ufficiali, in particolare dei vicari.
Sia il grande numero di vicari presenti sul territorio sia la brevità del loro mandato infatti erano stati causa di disordini. Questi ufficiali, che rappresentavano il vescovo nell’esercizio del potere giurisdizionale, avevano sostituito di fatto Gian Ludovico nell’esercizio dei pontificalia, cioè dei riti che il vescovo di Ginevra non poteva esercitare, non avendo ricevuto gli ordini sacri. Buona parte dei vicari da lui scelti erano stati vescovi o suffraganei titolari di una cattedra in Terrasanta e, a seguito delle riconquiste islamiche, erano rimasti privi dell’episcopato e delle relative rendite. Nel 1480 Gian Ludovico promulgò poi nuovi statuti sinodali con i quali obbligò i cappellani a collaborare al culto parrocchiale, anche qualora le clausole per la concessione dei loro benefici non lo avessero previsto. Egli mirava a contenere il numero di suffraganei e quindi a limitare sia la frammentazione del potere vescovile sia la dispersione delle rendite.
Gian Ludovico si occupò attivamente non solo del governo del proprio vescovato, ma anche della politica del Ducato di Savoia, determinandone spesso anche gli orientamenti. Egli infatti prese parte alle dispute per la reggenza durante la minorità del duca Filiberto, figlio del defunto Amedeo IX e di Iolanda di Francia. Nel 1470, insieme al fratello Filippo II di Bresse, detto Senza Terra (v. la voce in questo Dizionario), fu presente a un incontro con Galeazzo Sforza per negoziare un’alleanza al fine di contrastare l’egemonia francese sul Ducato di Savoia, che invece la duchessa Iolanda, sorella di Luigi XI, aveva appoggiato.
L’interesse dei cadetti di Savoia e del duca di Milano coincideva: il controllo politico del re di Francia sul Ducato di Savoia, i cui passi alpini davano accesso all’Italia, infatti avrebbe costituito una minaccia anche per il Ducato di Milano. Non fu però raggiunto un accordo.
L’instabilità politica del Ducato di Savoia, causata dalla malattia del duca Amedeo IX, lo aveva reso soggetto alle mire di diversi sovrani e quindi teatro di accese lotte politiche. Nel 1471 Gian Ludovico, con l’intento di ottenere un ruolo di governo, mutò schieramento politico e aderì al partito della duchessa Iolanda e del duca di Borgogna in aperto scontro con i suoi fratelli. Per ristabilire la pace tra i cadetti di Savoia, la duchessa e i sudditi, fu necessario l’intervento degli ambasciatori del re di Francia e delle città svizzere di Berna e Friburgo, queste ultime ostili a Gian Ludovico e soprattutto a Carlo il Temerario. Lo scacchiere politico sul quale agì Gian Ludovico non era infatti circoscritto ai territori del Ducato di Savoia: il suo appoggio al duca di Borgogna aveva determinato rapporti più stretti con il duca di Milano e di conseguenza anche con i suoi alleati e i suoi nemici.
I rapporti di Gian Ludovico e di Galeazzo Sforza divennero sempre più stretti; con una lettera, datata 23 marzo 1472 e inviata al segretario milanese Cicco Simonetta, il vescovo chiese in prestito due galere, che sarebbero state armate a spese dei sudditi di Savoia. Il dichiarato sostegno a Carlo il Temerario determinò nel 1475 l’alleanza di Gian Ludovico con la duchessa Iolanda di Savoia e il duca di Milano nello scontro con il re di Francia per la reggenza del Ducato. Il principale antagonista del vescovo era il fratello maggiore Filippo, contro il quale Gian Ludovico non esitò a inviare le proprie truppe.
Philippe de Commynes, al servizio di Luigi XI, nei Mémoires descriveva Gian Ludovico «uomo assai prepotente, ma governato da un certo commendatore di Ranverso» (Memorie, a cura di M.C. Daviso di Charvensod, 1960, p. 249). Si trattava di Jean de Montchenu, priore dell’abbazia di S. Antonio di Ranverso, appartenente a una potente famiglia ginevrina. Questi nel 1475 fu catturato da Filippo di Bresse, con l’accusa di essere coinvolto in un tentativo di veneficio ai danni del re di Francia, e consegnato a Luigi XI. Quest’ultimo lo liberò e lo inviò come suo emissario a Ginevra.
L’adesione di Jean de Montchenu agli interessi francesi è confermata dai successivi avvenimenti: in seguito alla sconfitta a Morat di Carlo il Temerario nel 1476 e dei suoi sostenitori, il giovane duca Filiberto di Savoia fu trasferito proprio a Ginevra, ospite dello zio vescovo. Fu in questa occasione che Gian Ludovico, dopo le trattative con il re di Francia a Lione e in seguito alla convenzione di Roanne del 22 luglio 1476, ottenne legittimamente la luogotenenza e il governo di Savoia e Valle d’Aosta. Filippo di Bresse fu invece nominato luogotenente e governatore del Piemonte. La carica di Gian Ludovico ebbe durata assai breve; infatti nel mese di ottobre dello stesso anno, Luigi XI, con una lettera datata dal castello di Plessis-le-Tour, gli ordinò di rimettere il governo al duca Filiberto, affidato alla tutela della madre, e di esibire ai sudditi e agli ufficiali ducali soltanto le lettere con l’ordine che lo destituivano dalla carica.
Nel 1478 la morte di Iolanda di Savoia riaprì nuovamente lo scontro per il governo del ducato. La tutela del duca Filiberto era stata affidata a Giovanni Filiberto di Grolée; Luigi XI aveva però nominato anche un governatore e luogotenente generale, il conte Louis de la Chambre. Quindi i cadetti della dinastia di Savoia erano stati esclusi dal governo; inoltre, tra il 1479 e il 1480 i legittimi successori al trono, tutti ancora minorenni, erano stati accolti da Luigi XI in Francia nel castello di Chinon.
Fu in questo periodo che Gian Ludovico organizzò un pellegrinaggio in Terrasanta, con un intento politico e non spirituale. La meta doveva essere Gerusalemme, ma il viaggio, a causa della guerra con il sultano turco Maometto II, che nel 1480 aveva posto sotto assedio Rodi, si arrestò all’isola di Corfù; in realtà il soggiorno a Venezia – dove Gian Ludovico e il suo seguito composto di undici uomini trascorsero un paio di mesi nel quartiere tedesco – era destinato a negoziare con la Serenissima un appoggio contro Luigi XI.
Al suo ritorno, nel 1481, Gian Ludovico rivendicò nuovamente la carica di reggente e governatore del Ducato di Savoia, appoggiato sia dalla nobiltà piemontese sia da alcune famiglie della nobiltà savoiarda. A novembre di quello stesso anno il vescovo di Ginevra, dopo avere catturato il governatore del duca Filiberto e dopo avere accompagnato il principe ad Annecy per affidarlo alla custodia di Giano di Savoia, si recò infatti a Torino, accompagnato tra gli altri dal maresciallo di Piemonte Claudio di Racconigi e da Matteo Confalonieri, ambasciatore della corte sabauda presso il duca di Milano. Qui costituì un governo provvisorio, nominando anche un consiglio. Pure questo governo ebbe brevissima durata: già a Natale dello stesso anno, Filippo di Bresse, insieme a Louis de la Chambre, raggiunse la città di Susa per marciare su Torino. Gian Ludovico fuggì a Milano, in cerca di aiuti finanziari e militari e la Chambre riassunse il governo. Poche settimane dopo però, il 19 gennaio 1482, Filippo di Bresse, agendo per ordine di Luigi XI, catturò Louis de la Chambre e pose sotto assedio la città di Vercelli, che aveva sostenuto il duca di Milano Gian Ludovico. Quest’ultimo, che aveva trovato rifugio a Palestro, su invito del fratello ritornò a Torino, dove nel marzo del 1482 fu nominato da Luigi XI governatore del Piemonte.
Il 22 aprile seguente la prematura morte del duca Filiberto pose fine al mandato e riaprì la lotta per la reggenza. Ma Gian Ludovico non ebbe modo di parteciparvi: morì infatti improvvisamente l’11 luglio 1482, a Vercelli.
Il percorso politico di Gian Ludovico di Savoia dimostra in modo efficace come una cattedra episcopale potesse offrire al cadetto di una grande casata una concreta possibilità di carriera. Il vescovo di Ginevra infatti agì come un vero e proprio principe, dotato di compagnie armate, e prese parte ai giochi politici del suo tempo per ottenere un ruolo nel governo del Ducato di Savoia.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Materie politiche per rapporto all’interno, Principi del sangue, m. 9, f. 8; Tutele e reggenze, m. 1, f. 12; Miscellanea Quirinale, Principi del ramo primogenito, m. 17; Philippe de Commynes, Memorie, a cura di M.C. Daviso di Charvensod, Torino 1960, p. 249; Helvetia Sacra, I, Archidiocèses et diocèses, 1.3, Le diocèse de Genève, l’archidiocèse de Vienne en Dauphiné, a cura di L. Binz - J. Emery - C. Santschi, Bern 1980, s.v. Savoia, Gian Ludovico.
S. Guichenon, Histoire de Bresse et de Bugey, Lyon 1650; Id., Histoire généalogique de la royal maison de Savoie, Lyon 1660; V. van Berchem, Le pèlerinage d’un évêque de Genève (Jean-Louis de Savoie) en 1480, in Bulletin de la Societé d’histoire et d’archéologie de Genève, III (1913), pp. 365-384; M.C. Daviso di Charvensod, Filippo II il Senzaterra, Torino 1941, pp. 71-73 , 113-118, 214-224; J. Favier, Louis XI, Paris 2001, p. 573; D. Cereia, Percorso politico di un cadetto: Filippo di Bresse, poi duca di Savoia, tesi di dottorato, Università degli studi di Torino e di Savoia, 2004-08; J. Blanchard, Louis XI, Paris 2015.