SĀVITRĪ
. Eroina di un episodio del Mahābhārata (vanaparvan, adh. 293-299) nel quale rifulge la devozione di una moglie bramosa di richiamare in vita il marito morto. Per ottenere l'intento essa non esita a seguire il dio della morte che porta via seco l'anima del dilettissimo sposo, e lo induce con acconce parole a restituire la preda. Sāvitrī si chiama anche la più sacra e famosa delle strofe vediche, detta anche, dal metro, gāyatrī. La recita l'alunno brahmano (brahmacārin) iniziando lo studio del Veda, ed è in genere l'invocazione delle tre prime caste al principio e alla fine del giorno (Ṛgveda, III, 62, 10): "Possiamo noi ottenere questo desiderabile splendore del dio Savitar che stimoli i nostri pensieri".
Bibl.: M. Kerbaker, Sâvitrî, Napoli 1908; V. Papesso, Inni del Rig-veda, I, p. 40, Bologna 1929; II, ivi 1931, p. 23.