Vedi SATRICUM dell'anno: 1966 - 1997
SATRICUM (od. Conca, in località Le Ferriere)
Città volsca, poco discosta dal mare, situata tra Anzio e Ardea, presso la riva destra del fiume Astura.
A. Nibby aveva localizzato il sito di S. nel 1825; le rovine furono scoperte dal francese H. Graillot nel 1885. Per alcuni anni vi scavarono F. Bernabei, A. Cozza e R. Mengarelli; nel 1896 E. Petersen fornì un elenco sistematico dei materiali rinvenuti, ma un quadro d'insieme si ebbe solo nel 1918 a cura di A. Della Seta. G. E. Rizzo avrebbe dovuto studiare e pubblicare l'intero complesso di S., ma non realizzò il piano programmatico. Benché editi, i resti monumentali ed i materiali archeologici di S. devono essere ancora oggi scientificamente indagati; le ricerche tentate in anni recenti hanno avuto carattere occasionale.
S. fece parte della Lega Latina; nei suoi pressi Coriolano condusse le ostilità tra Romani e Volsci; il territorio limitrofo fu spesso teatro di aspre lotte tra Volsci, Ernici e Latini, ai quali è da addebitare l'incendio della città (Liv., vi, 33, ci assicura che fu risparmiato solo il tempio della Mater Matuta). Fu ripopolata nel 345 con una colonia dedotta da Anzio (Liv., vii, 27). Nel 338 Anziati e Veliterni vi si asserragliarono e S. fu occupata e distrutta da G. Plauzio (ancora una volta si salvarono i templi della Mater Matuta e di Giove; in seguito, il complesso sacro dovette godere di sicura fama).
S. era famosa per il suo santuario della Mater Matuta, divinità del parto e della luce mattinale. L'acropoli sorgeva su una collina situata a O-N-O rispetto alla collina di Conca; le abitazioni attorniavano il tempio, ma è certo che la città continuava a N e ad O su un altopiano; è probabile, anzi, che la sua pianta superasse lo sbarramento naturale del fiume Astura e si estendesse a S ed a S-E. Le necropoli sono state localizzate ad O della città ed esse seguono una direttrice di sviluppo da N a S. A giudicare dal materiale delle case e delle necropoli, si può affermare che il luogo era abitato già nella prima Età del Ferro e che da questo periodo, fino al VII-VI sec. a. C., a S. dovette essere tributato un culto all'aperto (testimoniato dalla successione del materiale della stipe più antica); il primo tempio vero e proprio, databile alla metà del VI sec., documenta con la sua decorazione superstite una fase ionica; questo primo edificio venne sostituito tra la fine del VI e gli inizî del V sec. a. C. da un grande tempio la cui vita, certo con ricostruzioni e restauri, dovette essere lunghissima, giacché la stipe recente, connessa col secondo tempio, ha reso materiale databile fino ai secoli III-II a. C. Alla fine del III sec., sul tempio sarebbe caduto un fulmine (Liv., xxviii, 11); nel I sec. d. C. Plinio (Nat. hist., iii, 5, 9) parla di S. come di una città del passato.
Il tempio si innalzava sul lato orientale della collina. Gli allineamenti dei numerosi muri di fondazione messi in luce, tutti diversi tra di loro per la qualità del tufo adoperato e per lo spessore dei blocchi, e le basi delle colonne disposte secondo varie file, fanno certi delle molteplici ricostruzioni del tempio. Benché non riesca chiara la successione dei rifacimenti, è certo che in origine doveva esservi un tempio di modeste proporzioni con cella, vestibolo e colonnato all'interno (o su uno dei lati esterni, o su tutti e due i lati), il cui orientamento era ad O; il secondo tempio, orientato a S, aveva cella e vestibolo anteriore, ed era attorniato da un imponente colonnato.
La decorazione architettonica rinvenuta (v. anche menadi, fig. 1196), riferibile ai due templi, può essere suddivisa in due serie: la prima documenta, con scarsi elementi, la fase ionica (metà del VI sec. a. C.); la seconda testimonia, con abbondanza di materiali, le ricostruzioni della fase arcaica (VI-V sec. a. C.). Appartengono alla prima fase: alcune lastre di fregio con due gruppi di due cavalieri, di cui uno saettante in avanti e indietro, alternativamente (Andrén, i: 1, a-d); frammenti di un rilievo con Gorgone barbata e alata (Andrén, i: 2); alcune antefisse a testa femminile con diadema (Andrén, i: 7); oltre a frammenti diversi di decorazione (Andrén, i: 3-6, 8-9). Appartengono, invece, alla seconda fase: due frammenti di una lastra con guerriero combattente, forse una monomachia decorante la testata del columen (Andrén, ii: 1); molti frammenti, di cui alcuni di notevoli proporzioni, riferibili a statue di culto o votive, e ad altorilievi connessi con il tempio (Andrén, ii: 2 a-x; ii: 3, a-b); antefisse con palmette (Andrén, ii: 4); con teste di Gorgone (Andrén, ii: 5); con teste femminili sormontate da conchiglia (Andrén, ii: 6); con teste di sileno (Andrén, ii: 7-9); con testa di Giunone Sospita (Andrén, ii: 10); con figure di Tifone (Andrén, ii: 11); con figure di Arpia (Andrén, ii: 12); con gruppi di sileno e menade danzanti (Andrén, ii: 13, a-i); frammenti di acroterî con sfingi alate o grifi (Andrén, ii: 14, a-d; ii: 15); e moltissimi elementi interi e frammentari di lastre di rivestimento con ricca sintassi decorativa: cornice, sima, gèison, cortina pendula, ecc. (Andrén, ii: 16-30).
La stipe più antica è stata rinvenuta dentro e sotto il perimetro del primo tempio, ricca di materiali disparati, tra cui spiccano alcuni bronzetti: abbraccia un lasso di tempo che va dal VII alla fine del VI sec. a. C. La stipe recente, con fossa molto ampia, circondata da un muro, si apriva a S-O della fronte del tempio: i materiali offrono una cronologia quasi ininterrotta dal IV al II sec. a. C.; tuttavia, un congruo numero di oggetti, tra cui alcuni piccoli bronzi, si distaccano cronologicamente dal resto della stipe per risalire agli ultimi decennî del VI secolo. Tra la stipe più antica e la seconda è palese una frattura di circa 130 anni. La stipe che avrebbe dovuto colmarla, e che potremmo definire di mezzo, non è stata scoperta; è logico supporre una perdita o una depredazione avvenuta in antico. A N della città, e quindi in una zona non pertinente al tempio, nella macchia Bottacci, è stata rinvenuta una terza stipe votiva, molto povera e cronologicamente connessa con la stipe recente del tempio.
Per quanto concerne le abitazioni, sono stati scoperti attorno al tempio diversi fondi di capanne circolari ed ellittiche, le cui pareti dovevano essere di fango o di argilla e sostenute da un'armatura interna lignea; la copertura doveva essere a caditoia. Il focolare era al centro (in due casi è stato rinvenuto intatto); gli oggetti di uso, di bronzo e di ferro, e il vasellame di impasto sono stati rinvenuti sparsi sul fondo, mescolati a resti combusti. Insieme a quelle descritte sono state scoperte alcune case di forma quadrata, con pareti di tufo, il cui impianto, pur mancando qualsiasi elemento cronologico, non può non essere contemporaneo che al secondo tempio. Tra i materiali rinvenuti nelle case circolari ed ellittiche spiccano: impasti rossicci, bruni all'esterno (di tipo neolitico), spesso decorati con punti e linee incise, a volte i motivi sono riempiti di bianco; e impasti lavorati al tornio con fine decorazione geometrica incisa; non mancano anche alcuni vasi italo-geometrici, certo importati, riferibili alla fine del VII secolo.
Le necropoli sono state localizzate a N-O, a O e a S della città, nelle macchie Bottacci, Ciuffonara e S. Lucia; ma anche a E ed a N-E, lungo la via per Cisterna. Sono venuti in luce seppellimenti a pozzo, a fossa e a tumulo, adibiti sia a cremazione che a inumazione (tra le tombe a tumulo una sola tomba presentava camera sepolcrale). La loro cronologia abbraccia un lunghissimo periodo, dalla prima Età del Ferro a tutta l'età orientalizzante, fino alla età del VI sec. a. C. Tra le suppellettili, si distinguono: impasti a superficie grigia con costolature, fibule a disco, cuspidi di lancia e spade di bronzo (nelle tombe più antiche); vasi italo-geometrici di argilla figulina, vasi corinzî, vasi di bucchero e di impasto grigio molto raffinato, con bella decorazione graffita (nelle tombe più recenti), ma non mancano i bronzi e gli oggetti di ferro; spicca, soprattutto, l'uso dell'ambra per corpi di fibule e per pendagli.
Bibl.: In generale: G. Lugli, in Enc. Ital., XXXX, 1936, p. 908-909; Philipp, in Pauly-Wissowa, II A, 1923, c. 189-190, s. v. Tutta la bibl. dal 1896 al 1918, per il tempio, le stipi, le abitazioni e le necropoli, è stata raccolta da A. Della Seta, Museo di Villa Giulia, Roma 1918, p. 233-320, ed è a qusta insostituibile "guida" che rimandiamo per gli elenchi dettagliati dei materiali archeologici di S.; A. Andrén, Architectural Terracottas from Etrusco-Italic Temples, I-II, Lund-Lipsia 1939-1940, p. 453 ss., tav. 137 ss., ha suddiviso sistematicamente per fasi e per tipi gli elementi superstiti della decorazione architettonica dei templi. Bibl. posteriore al 1918, è: E. D. Van Buren, Figurative Terracotta Revetments in Etruria and Latium, in VI and V Centuries b. C., Londra 1921, passim; P. Ducati, Storia dell'arte etrusca, I-II, Firenze 1927, p. 79 ss.; G. Q. Giglioli, L'arte etrusca, Milano 1935, passim; M. Pallottino, Etruscologia, Milano 1947, pp. 8, 120; P. J. Riis, Tyrrhenika, Copenaghen 1941, pp. 25; 163 ss.; id., An Introduction to Etruscan Art, Copenaghen 1953, pp. 9-10 ss.; L. Polacco, Tuscaniae Dispositiones, Padova 1952, pp. 52; 82; D. S. Robertson, A Handbook of Greek and Roman Architecture, II ed., Cambridge 1954, pp. 200; 336 (App. I F); Mostra dell'arte e della civiltà etrusca, Milano 1955, nn. 284, 291; 292-293 passim; N. Bonacasa, in Studi Etr., XXV, 1957, p. 549 ss.; id., ibid., XXVI, 1958, p. 37 ss.