SASSO DI FURBARA
Località dell'Etruria meridionale a c.a 50 km a N di Roma, presso la Via Aurelia, così denominata per l'assetto geomorfologico del territorio, costituito da roccioni e pareti aggettanti sulla pianura costiera. Il Martinori, invece, metteva in relazione il toponimo con la famiglia dei Sassoni che scesero a Roma insieme a quella degli Ottoni nell'XI secolo.
Le prime indagini archeologiche condotte negli anni '50, hanno consentito di tracciare un sommario quadro d'insieme delle facies più antiche del S., il cui interesse rimane soprattutto legato allo scheletro dal cranio trapanato, associato a industria litica, ossea e ornamenti tra cui due pseudo-bressards.
Un gruppo di necropoli protovillanoviane, distribuite rispettivamente presso il villaggio del S. con orientamento NO-SE (Montorgano, Cerqueto, Muracciola, Punton dell'Oliveto) e nell'entroterra a NE e E (Grotte Barche, Monte Marino), mostra nelle strutture tombali (pozzetti semplici, rivestiti, custodie tufacee, costruzioni a cassetta talora con segnacoli), nei riti e nei corredi, alcune peculiarità autoctone. In particolare le forme vascolari, le tecniche di lavorazione e il repertorio ornamentale della ceramica si arricchiscono di tipi scarsamente rappresentati nella vicina Allumiere, ma diffusi in ambiente laziale. Significativa è la comparsa del coperchio a tetto di capanna, avvicinabile a quelli delle urne laziali, e della figurazione plastica umana che costituisce la più antica rappresentazione antropomorfa sulla tettonica vascolare.
La puntualizzazione dei caratteri del Protovillanoviano del S., analizzati anche alla luce dei rinvenimenti delle facies delle zone limitrofe e rispetto alle problematiche della I fase Roma-Colli Albani, in realtà ancora in via di chiarimento, ha portato ad affermare (Brusadin Laplace) che tale centro ebbe una funzione anticipatrice e propagatrice di alcuni caratteri informatori del processo di formazione delle facies culturali vicine.
Le indagini condotte nelle necropoli villanoviane (Le Comunali, seconda metà IX sec.; S. Antonio, Punton del Norcino: seconda metà IX-primi decenni VIII sec.; Caolino: secondo quarto VIII sec. a.C.) offrono dati per una visione generale dello sviluppo del Villanoviano del S. e dei suoi rapporti con il Protovillanoviano.
Tali connessioni sono indicate dalla presenza nello stesso ambito territoriale, talvolta nelle medesime necropoli, di tombe protovillanoviane e villanoviane, con un riscontro anche in ricognizioni di aree insediative (Montetosto). Si doveva trattare probabilmente di gruppi di capanne con un proprio sepolcreto ubicati in aree pianeggianti e ricche d'acqua. I corredi funerari presentano talvolta interessanti associazioni di materiali protovillanoviani con altri che anticipano caratteri peculiari del Villanoviano.
L'evidenza archeologica attesta dunque un ruolo predominante del Protovillanoviano del S. rispetto ai centri vicini (a Cerveteri è praticamente sconosciuto) con stringenti connessioni con il Villanoviano, del quale anticipa alcuni caratteri che gli saranno propri. Le manifestazioni artistiche del Villanoviano del S. sono invece piuttosto limitate, ma molto ben rappresentate a Cerveteri, che si approprierà di elementi di tradizione protovillanoviana, fenomeno che attesta una continuità culturale tra l'Età del Bronzo Finale e quella del Ferro per il comprensorio che va dal S. a Cerveteri, passando per Montetosto. In tale ottica questa continuità culturale senza interruzioni evidenti ha consentito l'ipotesi (Brusadin Laplace) che Agylla, l'antica denominazione di Caere, sia da identificare con il S. dell'XI sec. a.C. assorbito nel corso del IX sec. da Caere.
Pur mancando le fonti letterarie, rinvenimenti e segnalazioni attestano la presenza di resti etruschi (tombe e tracce di insediamenti in varie località della zona). Un piccolo santuario agreste in località Sughereto, parzialmente esplorato e studiato, si data fra gli ultimi decenni del VI e la prima metà del V sec. a.C.
Numerose sono le testimonianze di età romana relative soprattutto a impianti termali, grazie alla ricchezza nella zona di acque omotermali, con temperature tra i 30o e i 40 o e alla presenza di sorgenti con acqua fredda di tipo oligominerale.
L'impianto termale di Aquae Caeretanae, già noto alle fonti antiche (Liv., XXII, 1, 10; Val. Max., 1, 6, 5; Strab., V, 2, 3; Cael. Aur., Chron., II, 1, 48) e ricercato dal Cluverio e dall'Holstenio, è da individuarsi - secondo indagini più recenti - nel vasto comprensorio di Pian della Carlotta. Si deve al rinvenimento di due iscrizioni in situ e a una terza dal mercato antiquario il riconoscimento di alcune strutture messe in luce in scavi recenti come appartenenti al sito di Aquae Caeretanae. Dal 1988 sono stati infatti esplorati due grandi ambienti con piscina (calidarium e tepidarium) che subirono notevoli opere di ristrutturazione e ampliamento come i tre ambienti di servizio, mosaicati, scavati in un settore limitrofo che hanno restituito molto materiale fittile e oggetti di ornamento femminili. La datazione del complesso, che copre un'area di circa 7 ha, va collocata, sulla scorta dei rinvenimenti effettuati, tra cui diverse sculture, tra la prima età imperiale e la fine del III sec. d.C.
Si individuano sul terreno diversi tracciati viari antichi riconducibili sia alla strada Caere-Pyrgi sia a successive reti stradali. Ad altri resti antichi (tracce riferibili a ville rustiche, in qualche caso sovrapposte a impianti di età etrusca, e talora sepolture) si aggiungono le sopravvivenze monumentali posteriori, indispensabili alla lettura globale del territorio.
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