SARPEDONTE (Σαρπηδῶν, Sarpedon)
Eroe figlio di Zeus e di Europa, generalmente considerato principe di Creta e fratello minore di Minosse e Radamante. Tuttavia nelle apparizioni episodiche che egli fa nell'Iliade, S. è considerato dinasta di Licia e come tale alleato dei Troiani. Tali discrepanze erano state già rilevate dagli antichi, che avevano pertanto proposto l'ovvia soluzione di due eroi diversi dello stesso nome. Peraltro anche nell'Iliade sono stati notati accenni riferibili ai precedenti cretesi dell'eroe e, a quanto sembra, il dramma di Eschilo Europa doveva riferirsi al S. omerico.
Indubbiamente la notorietà di S. dovette essere assai maggiore di quanto a noi risulti attraverso le documentazioni rimaste. Pindaro (Pyth., iii, 113) ricorda opere che ne vantavano la gloria. E ugualmente tardi autori, quali Dione Crisostomo e Cristodoro ci parlano di statue dell'eroe con l'elmo, opere di cui non si ha traccia o che non sono più riconoscibili. Nella Nèkyia di Polignoto S. assai opportunamente era posto accanto a Memnone a lui accomunato dal fato.
La più antica tra le figurazioni di S. è su una coppa corinzia databile intorno al 600 a. C. che raccoglie i più famosi eroi ponendoli a fronte in duelli isolati. Il nome di S. è assegnato a una figura di giovane a cavallo che sembra spalleggiare Ettore combattente a piedi. A parte questa isolata apparizione S. ricorre solo in figurazioni relative alla più spettacolare delle sue avventure, il trasporto del suo corpo esanime a cura di Hypnos e Thanatos per comando di Zeus. Alcune di queste figurazioni sono state contese tra S. e Memnone: e invero in sciatte pitture tarde a figure nere è alle volte arduo stabilire se ad operare il trasporto siano appunto i due Genî comandati da Zeus oppure Eos, la madre di Memnone. In ogni modo che si tratti di S. sembra indubitabile nel caso di due opere famose, la coppa del Pittore di Nikosthenes (British Museum E 12) e il cratere a calice del Pittore di Eucharides (Louvre G 168). Anche in questi due monumenti peraltro la tradizione figurata non è unitaria e rende S. una volta come un giovinetto dalla florida chioma, una volta come un patetico guerriero barbato.
In tono più diffuso e spettacolare il cratere a calice italiota di New York che ha dato appunto il nome al Pittore di Sarpedon descrive invece il viaggio aereo e l'arrivo in patria del corpo di S. tra la sbalordita reverenza dei Lici. C. Picard che riferisce le due figurazioni del vaso di New York alla perduta tragedia di Eschilo Europa, postula aspetti di un simile rituale funerario nelle figurazioni della Tomba licia delle Arpie, caratterizzata appunto da ratti aerei di anime ad opera dei grandi uccelli a testa umana.
Bibl.: Immisch, in Roscher, IV, 1909-15, c. 389-400 ss., s. v. Sarpedon; F. Messerschmidt, in Röm. Mitt., XLVII, 1932, p. 138 ss.; Zwicker, in Pauly-Wissowa, II A, 1923, cc. 35-43, s. v. Sarpedon; C. Picard, in Compt. Rendus de l'Ac. des Inscriptions, XLI, 1953, p. 201 ss.; F. Brommer, Vasenlisten2, Marburg-Lahn 1960, p. 333.