SARPEDONE (Σαρπηδών; Sarpedon)
Nell'Iliade (II, 287), è nominato come duce dei Lici insieme con Glauço, e fra gli eroi omerici è una delle figure artisticamente più vive e più forti: così nel crudo rimprovero (Iliade, V, 476 segg.) contro Ettore stesso, lui semplice alleato e lontano dalla sua terra e dalla sua famiglia, per le sorti della battaglia; così nella pacata risposta (Il., V, 628 segg.) all'insolente Tlepolemo, che poi resta cadavere sul campo; così nel fraterno colloquio (Il., XII, 101 segg.) con Glauco, a cui si rivolge durante la teichomachia in tono cordiale, con parole presaghe. Contro il destino lo stesso Zeus vorrebbe opporsi quando S. si azzuffa con Patroclo (Il., XVI, 419 segg.) e la sua ora è suonata; ma può solo ottenere che almeno il corpo, già spogliato delle armi nella terribile lotta che si accende intorno al suo cadavere, sia trafugato e portato in Licia dalla Morte e dal Sonno. Infatti Zeus è il padre di S., come appare anche da frammentarie fonti mitografiche (Esiodo, Bacchilide, Tragici), secondo le quali la madre sarebbe Europa: e fratelli quindi Minosse e Radamanto. Pare dunque un riflesso di critica posteriore, atta a sopprimere la difficoltà cronologica di un eroe troiano fratello del giudice dell'oltretomba, la genealogia di S. esposta nell'Iliade (VI, 198, durante l'incontro che avviene tra Glauco e Diomede), quale figlio di Zeus e Laodamia, quindi cugino di Glauco, figlio di Ippoloco.
Bibl.: Buone analisi dei varî episodi omerici si trovano in G. Finsler, Homer, 2ª ed., Lipsia 1914, I, p. 163; II, p. 53 segg.; per il problema della coordinazione e dell'antichità degli episodî vedi E. Bethe, Homer, Lipsia 1914, I, pp. 275, 316; U. v. Wilamowitz, Ilias und Homer, Berlino 1920, pagine 135 segg., 214 segg.