Sarno
Con questo idronimo latino (Sarnus) D. identifica costantemente nelle opere in latino (VE I VI 3, Ep IV 2, VII 23, Eg II 44: e inoltre nelle datationes di Ep VI 27, VII 31) il fiume Arno, peraltro noto sempre col nome Arno nella Commedia.
L'identificazione è arbitraria dato che l'idronimo indica invece un ben noto fiume della Campania e questo doveva risultare chiaro a D. almeno attraverso Virgilio (Aen. VII 738) e Lucano (Il 424) che gli erano certamente presenti. Il Boccaccio che glossa Eg II 44 sa già dell'errore: " hic Sarnum pro Arno fluvio Tusciae inteligit seu quod ratione metri auctoritate poetica addiderit in principio illam S, seu quod ita condam illum vocatum crediderit eo quod Virgilius dicit ‛ et quae rigat aequora Sarnus ' quasi de isto Arno loquatur, quod quidem falsum est: loquitur enim Virgilius de Sarno fluvio Campaniae prope Neapolim ut satis loca ibidem a Virgilio nominata demonstrant ".
Wicksteed-Gadner seguiti dal Padoan traggono dalla chiosa del Boccaccio la conferma che egli non può essere indiziato come falsificatore del carteggio D.-Giovanni del Virgilio: " questa non è certo una chiosa apposta dall'autore ad un proprio verso, ma è il tentativo di spiegare (‛ seu quod... seu quod ') una forma altrui ritenuta erronea " (Padoan): e penso abbiano ragione. Il Boccaccio glossa con la stessa sicurezza le riprese dell'idronimo in Giovanni del Virgilio (Eg III 37 Sarni: " idest florentiae, ratione cuiusdam fluvii sic nominati "; Egloga ad Albertino Mussato 229 Sarnius: " scilicet Dantes, a sarno flumine "): è chiaro che a livello della chiosa non accetta l'identificazione che pur aveva accolta nella Comedia de le ninfe fiorentine. Sembra improbabile che il Boccaccio, se fosse stato autore della corrispondenza, potesse lasciare in piedi la diffrazione culturale fra il testo e la chiosa (né so poi se il Rossi voglia considerare pura e semplice coincidenza il fatto che il Boccaccio, presunto falsario, abbia identificato l'Arno proprio come D. avrebbe voluto, e come fece, con il Sarno. Sapeva forse che questo era l'uso di D.?; se lo sapeva, come ha potuto pensare alla ratio metri?).
Tuttavia, escluso ovviamente il motivo della ratio metri che potrebbe valere solo per Eg II 44, le ragioni dell'errore di D. sono più profonde e raffinate. È vero infatti che le poche fonti latine che citino l'idronimo Arnus (Livio XXII II 2; Plinio III L 50, 52; Silio Italico VI 109; Tacito Ann. I LXXIX 1; Rutilio Namaziano I 566; Cassiodoro Var. V XVII 20) sono sicuramente precluse a D., dato che Livio che non erra, l'unica voce che avrebbe potuto ascoltare, è sostituita, qui come altrove, da Orosio e che proprio Orosio già proponeva, sulla scorta del luogo virgiliano, l'errata identificazione dell'Arno con il S. (Orosio Hist. IV XV 2-3): " igitur Hannibal sciens Flaminium consulem solum in castris esse, quo celerius imparatum obrueret primo vere progressus arripuit propiorem sed palustrem viam et cum forte Sarnus late redundans pendulos et dissolutos campos reliquerat, de quibus dictum est et quae rigat aequora Sarnus [= Virgilio Aen. VII 738] in quos cum exercitu progressus Hannibal nebulis maxime, quae de palude exhalabantur, prospectum auferentibus magnam partem sociorum iumentorumque perdidit ".
Orosio epitoma e retoricizza Livio (XXII II, forse in un'epitome a noi ignota) che descriveva le disgrazie di Annibale nella sua marcia verso Arezzo " qua fluvius Arnus per eos dies solito magis inundaverat ". L'identificazione che fa dell'Arno con il S., e per lo più con l'adduzione impropria del luogo virgiliano, è certo assai grossolana, ma forse non travalica il livello culturale di Orosio. In seconda istanza potrebbe giustificarsi con una cattiva lettura del testo liviano (" fluviusarnus " = " fluviussarnus ": così K. Zangemeister) o con l'accettazione di una glossa ad Aen. VII 738 - glossa peraltro ignota alla scoliastica pervenutaci - che già avesse proposto la falsa identificazione. In terza e disperata istanza non è da escludersi che lo stesso testo di Orosio presenti qui un'interpolazione sulla base della citazione di Virgilio, operata da un indotto lettore: ma è istanza, lo ripeto, disperata se si considera che la vulgata di Orosio è qui unanime allo stato attuale della conoscenza critica del testo.
Ma è anche vero che D. non poteva poi ignorare l'identità campana del S., qual era testificata dal suo Virgilio (e meglio ancora da Servio ad Aen. VII 738 " populi Campaniae sunt a Sarno fluvio "), ma anche da Lucano (II 424). È assai improbabile che non possedesse una nozione così elementare, qual è quella che gli rinfaccia il Boccaccio, anche se il S. campano aveva probabilmente in quell'epoca un'altra denominazione (" Draconteo " o " Dragoncello ").
Il Toynbee, seguito pedissequamente da tutti, sostenne che " the mediaeval writers not uncommonly used the name Sarnus to represent the Arno in Latin ", ma questo è assolutamente falso: D. è il primo a condurre questa operazione. Giovanni Villani (I 43), che secondo il Toynbee " identifies the Virgilian Sarnus with the Arno ", si limita invece alla citazione del passo di Orosio (che completa opportunamente con la fonte liviana) senza prendere posizione. In ogni caso l'excursus geografico del Villani ha tanti punti di contatto con quello di Pg XIV 16 ss., da obbligarci a pensare a una fonte comune - per ora non identificabile - che sulla base di Orosio riportava l'identificazione S.-Arno: il Villani la riprende obiettivamente, come una scheda qualsiasi, ma D. solo la sviluppa come dato culturale.
È infatti credibile che D. abbia voluto operare una scelta precisa e qualificante, accettando come dato culturale la rara e forse inaudita versione di Orosio sull'identificazione S.-Arno: lo dimostra, diremmo, la costanza dell'identificazione che non può essere quindi addebitata a esibizione erudita, ma deve avere un significato di messaggio ideologico. Spiegherei quindi: D. cita il S.-Arno collegandolo in prevalenza all'età mitica della sua pura infanzia (VE I VI 3 quamquam Sarnum biberimus ante dentes; Ep IV 2 cum primum pedes iuxta Sarni fluenta securus et incautus defigerem; Eg II 42-44 Nonne triumphales melius pexare capillos / et patrio, redeam si quando, abscondere canos / fronde sub inserta solitum flavescere Sarno?). Il patrius fluvius del suo paesaggio perduto non è più l'Arno ma il S.-Arno sul cui antico fons D. data le sue lettere politiche (Ep VI 27 sub fontem Sarni; VII 31 sub fonte Sarni). Sul piano ideologico l'Arno diventa il S. come elemento topografico del sogno dell'esule e non importa certo che non sia un elemento autentico e reale, quando tutto il sogno di D. di un suo ritorno a una nuova Firenze, lui ancor giovane e Firenze pudica, è privo di qualsiasi collegamento con la realtà sociale e politica. Sul piano culturale basta filologicamente a D. per giustificare la sua innovazione l'accenno profetico di Virgilio e l'erudizione santa di Orosio, interprete che non erra di Virgilio: nel contesto sacro di reminiscenze e di utopie il vero nome latino dell'Arno (anche se D. lo conobbe) non ha posto. Arno è il nome del fiero fiume della misera valle popolata da genti ferine, quale D. vede la Firenze dei suoi tempi; e il fiume è condannato con la valle e i suoi abitanti. D. infligge all'Arno una damnatio nominis. E non soltanto con l'estrosa e preziosa scoperta dell'equivalenza S.-Arno: in Pg XIV dichiara esplicitamente quella damnatio, rifiutandosi di pronunciare il vocabol di quella riviera, / pur com'om fa de l'orribili cose, perché degno / ben è che 'l nome di tal valle pèra (vv. 26-30).
Bibl. - G. Padoan, recens. ad A. Rossi, in " Studi sul Boccaccio " II (1964) 502-503; A. Rossi, Dossier di un'attribuzione, in " Paragone " XIX (1968) 104-105.