SARMIZEGETUSA (v. vol. vii, p. 52)
L'attività di scavo, interrotta nel dopoguerra, è ripresa a partire dal 1973 con esplorazioni sistematiche a Í della cinta muraria, nella zona dell'anfiteatro e dei templi già noti di Nemesi e degli dèi palmireni. Sono venuti alla luce altri templi, e un Asklepièion che comprendeva diversi impianti, estendendosi su una vasta area a NE dell'anfiteatro, dove se ne sospettava la presenza fin dal secolo scorso a seguito di ritrovamenti epigrafici.
Si è accertato che la fondazione di questo santuario risale ai primi decenni di vita della colonia; ma della fase più antica è stato possibile distinguere solo due grandi ambienti, in corrispondenza del lato S di un'area recintata da un muro, e resti di fondazioni superficiali, sia all'interno che all'esterno di essa. Sembra che le sovrastrutture fossero in gran parte di legno. Già nella prima metà del II sec. il complesso è stato interamente ricostruito dopo un incendio, utilizzando lo strato di macerie per eliminare la pendenza del terreno con una terrazza artificiale. Di questa seconda fase sono stati identificati quattro edifici, tutti orientati approssimativamente a E, ma senza regolare allineamento: un tempietto quadrato, del tipo gallo-romano «a pagoda» (I); un tempio rettangolare recintato, con un ambiente minore sul retro (II); un edificio rettangolare indiviso (III); un tempio tetrastilo, attraversato da una parete che isolava la parte posteriore (IV). Inoltre, una fontana e altari. A questa fase ha posto fine un secondo incendio, provocato da incursioni durante le guerre marcomanniche, da cui furono danneggiati anche altri edifici extra muros. Nella ricostruzione successiva sono stati allargati il tempietto quadrato (I), limitatamente al deambulatorio, e il tempio tetrastilo (IV), trasformato in una grande aula rettangolare. Il tempio rettangolare (II) è stato sostituito in parte da una nuova costruzione, che ne ha inglobato il vano posteriore, e in parte da un'area lastricata con un bacino per i lavacri terapeutico-rituali; l'edificio rettangolare (III) è rimasto intatto. Contemporaneamente dev'essersi installata nel santuario una piccola officina lapidaria che forniva gli ex voto ai fedeli (piano di lavoro e brecciame nei pressi del tempio II). Verso Í il complesso si estendeva con ambienti di accoglienza ai visitatori oltre il muro di cinta. Tutta l'area ha restituito rilievi votivi, altari e tavolette con dediche a Esculapio e Igea, ma non è stato identificato un tempio principale; né sembra che il complesso sia stato ampliato su un luogo di culto preromano.
Circa 300 m a E dell'anfiteatro, un altro edificio del quale affioravano resti sulla strada fra Haţeg e Caransebeş, metodicamente scavato, si è rivelato un tempio di Liber Pater. Anche in questo caso i materiali di scavo datano la fondazione ai primi decenni del II sec., mentre un successivo strato d'incendio sembra da mettere in relazione con le guerre marcomanniche. Il fabbricato, occupante il lato N di una corte porticata, comprendeva un tempio distilo con breve gradinata di accesso e due corpi laterali meno elevati. Nell'ala O, un tramezzo longitudinale separava una stanza riservata al culto di Silvano da un corridoio adiacente alla cella centrale e comunicante con l'esterno; di qui si saliva anche alla cella stessa, mediante una scala di legno. Nella ricostruzione successiva all'incendio il tramezzo è stato soppresso e il livello del pavimento rialzato. A questi rifacimenti si riferisce la nuova dedica del tempio, che ricorda i restauri eseguiti a spese del questore L. Apuleius Marcus nei cubicoli e nel portico, a vi hostium exustos. Al centro della corte, un bacino in luogo dell'altare implica l'uso rituale dell'acqua, praticato anche in molti santuari di Dioniso (Plin., Nat. hist., II, 23; Diod. Sic., III, 66, 2; Paus., VI, 26, 1-2, ed evidenze archeologiche a Gerasa e a Corinto).
A SE dell'anfiteatro, dove si voleva localizzare un ipotetico tempio di Malakbel, è stato invece identificato un tempio di Silvano, in parte sovrapposto a un edificio più antico, e anch'esso ricostruito dopo un incendio. Alla cella, divisa forse in tre navate, si addossava un vastissimo ambiente in cui sono state trovate ossa di animali. Nella seconda metà del III sec. l'edificio è stato nuovamente incendiato e non più ricostruito.
Immediatamente a E sorgeva un altro tempio di dimensioni maggiori, tetrastilo, a quanto risulterebbe dal rapporto fra il diametro delle colonne e la larghezza della cella, ma non completamente scavato. Era posto in asse sul lato N di un'area recintata da un muro, con porticato interno e propilei a S, che si estendeva su una terrazza in parte artificiale. Iscrizioni e statue rinvenute fra i materiali di riempimento hanno fatto pensare a una ricostruzione del tardo II sec., in occasione della quale sarebbero state sepolte le dediche e le immagini di culto di un santuario più antico; si tratterebbe, in tal caso, di un tempio consacrato a varie divinità (Ercole, Diana, Giunone). Un muro rintracciato più a N è forse pertinente a un témenos, che poteva recintare anche l'attiguo Tempio di Silvano.
Da queste ricerche è emersa una documentazione di fondamentale importanza, non solo sulla topografia di S. romana, ma anche sulla sua architettura templare e sui culti cittadini. Gli scavi hanno definitivamente appurato che a Ν la città si estendeva con un'area sacra extramuraria, di cui il primo impianto è immediatamente successivo, se non coevo alla fondazione della colonia. Il tempio galloromano rappresenta una novità per la Dacia, come del resto l'intero complesso dell'Asklepièion, che inserisce questa provincia nel problema della diffusione del culto di Asklepios-Esculapio fra le regioni balcaniche e l'Istria, mentre il bacino annesso al Tempio di Liber Pater rientra forse in quelle tradizioni di culto orientali che a S. sono documentate epigraficamente con tanta ampiezza. Inoltre, sia per la triplice cella, sia per le caratteristiche planimetriche generali, questo edificio s'inquadra perfettamente nella tipologia dei templi africani a corte.
Architettonicamente il tipo più consueto è il tempio romano-italico prostilo, talvolta nella sua più semplice formulazione con pronao distilo. A questo modello si uniformava anche il già noto Tempio di Nemesi, com'è risultato da recenti sondaggi che ne hanno chiarito le caratteristiche di pianta e le fasi struttive.
Nel corso delle stesse campagne è stato scavato, a NE dell'anfiteatro, un vasto edificio suddiviso in parecchi ambienti, presumibilmente la schola gladiatorum. Gli scavi sono ripresi anche nel foro, che è risultato del tipo a basilica traversa. Saggi nelle necropoli hanno inoltre rivelato un'area funeraria recintata, con basi di monumenti, un sarcofago aniconico «a casa» e qualche scultura, fra cui un'interessante lastra di edicola con scena di maternità. Fra i ritrovamenti sporadici di questi ultimi anni ha avuto particolare risonanza, per la qualità e l'interesse iconografico del pezzo, il recupero di una testa bronzea di Decio nel torrente Apa Mica, a N della cinta muraria. Meritano anche di essere segnalati alcuni bronzetti di fattura molto fine: un 'applique dorata con maschera di Medusa dall'Asklepièion e una statuetta di Venere, purtroppo trafugata; da menzionare, inoltre, un mosaico con schematico disegno vegetale in tessere bianche su fondo verde, praticamente l'unico conservato, ma troppo modesto per essere rappresentativo. Di maggiore interesse il cospicuo materiale epigrafico e scultoreo rinvenuto nei templi e nelle necropoli. La recente edizione completa dei monumenti figurati ha evidenziato l'intensità della vita artistica, non priva di manifestazioni notevoli.
Bibl.: In generale: O. Fioca, Un monument sculptural de l'empereur Trajan Decius à Ulpia Traiana-Sarmizegetusa, in Latomus, XXIV, 1965, pp. 353-358;
C. Pop, T. Albulescu, Venus Ulpiana, in Apulum, XIV, 1976, pp. 433-440; D. Alicu, Un nou mozaic la Sarmizegetusa («Un nuovo mosaico a Sarmizegetusa»), in StCIstor, XXVIII, 1977, pp. 111-117; L. Bianchi, La Venere Genitrice di Claudio Saturnino, in ArchCl, XXIX, 1977, pp. 128-133; D. Alicu, E. Nemeçs, Roman Lamps from Sarmizegetusa, Oxford 1978; D. Alicu, C. Pop, V. Wollmann, Figured Monuments from Sarmizegetusa (BAR, Int. S., 55), Oxford 1979; L. Bianchi, Statue-ritratto in marmo della Dacia transilvanica, in Mitteilungen der Archäologischen Gesellschaft Steiermark, V, 1991, pp. 83-98. Resoconti di scavi: H. Daicoviciu e altri, in Sargetia, XI-XII, 1974-1975, pp. 225-231; H. Daicoviciu, D. Alicu, Edificii de cult la Ulpia Troiana Sarmizegetusa («Edifici di culto di Ulpia Traiana Sarmizegetusa») in ActaMusNapoca, XVIII, 1981, pp. 59-84.
Sui templi: D. Alicu, Templul zeitei Nemesis de la Ulpia Traiana Sarmizegetusa («Il tempio di Nemesi di Ulpia Traiana Sarmizegetusa»), in ActaMusNapoca, XV, 1978, pp. 173-177; id., Note asupra templului sirian de la Sarmizegetusa («Note sul tempio siriano di Sarmizegetusa»), in StCIstor, XXX, 1979, pp. 625-629; H. Daicoviciu, D. Alicu, Edificii de cult la Ulpia Traiana Sarmizegetusa («Edifici di culto a Ulpia Traiana Sarmizegetusa»), in ActaMusNapoca, XIX, 1982, pp. 59-73. Per le iscrizioni: I. I. Russu, Inscriptiones Daciae romanae, III, 2, Bucarest 1980.