SARISSA (gr. σάρισσα)
La menzione più antica di questa lunga lancia, caratteristica della falange macedone, si trova in Teofrasto, e quindi all'epoca di Alessandro; sembra tuttavia che la sarissa abbia fatto parte delle innovazioni introdotte da Filippo nell'armamento del suo esercito (Diod., XVI, 3). L'adozione di essa si spiega col fatto che i fanti macedoni erano privi di pesanti armature e poco abili nel combattimento corpo a corpo o in quello a distanza con armi da lancio; ma quanto alla sua origine è dubbio se la si debba ricercare, come vogliono alcuni, nelle lunghe lance di undici piedi, di cui si parla nell'Iliade, o se, piuttosto, il monarca macedone ne abbia preso l'idea dall'armamento dei Traci. Comunque è certo che la sarissa venne usata per la prima volta nelle campagne di Filippo. Riconosciutane l'efficacia, specialmente contro la cavalleria, essa rimase in uso negli eserciti dei Diadochi, poi anche in quelli degli Spartani, degli Etoli e degli Achei, all'incirca sino alla battaglia di Pidna.
Le misure che dànno gli antichi scrittori relativamente alla lunghezza della sarissa differiscono alquanto, ma è probabile che essa abbia subito modificazioni nelle varie epoche e nei varî eserciti. Teofrasto ci dice che era lunga 12 cubiti (m. 5,50); Polibio afferma che prima era stata di 16 cubiti, mentre più tardi sarebbe stata di 14.
La sarissa veniva impugnata a due mani ed era appoggiata contro il fianco del fante, sporgendo 10 cubiti davanti al corpo di questo; e siccome le file dei soldati distavano due cubiti l'una dall'altra, si sarebbe avuta una sporgenza decrescente delle punte delle sarisse appartenenti alle diverse file, a meno che non si raggiungesse una linea eguale facendo impugnare diversamente l'arma dai sarissofori delle file più arretrate. Alcuni studiosi parlano di un sccondo tipo di schieramento, cioè con sarisse di lunghezza diversa: le file più arretrate sarebbero state armate di sarisse più lunghe: ciò spiegherebbe la diversità dei dati degli antichi scrittori relativamente alla lunghezza dell'arma.
La sarissa veniva usata per infrangere le file nemiche, le quali difficilmente potevano resistere a questa spaventosa ferrea saepes, come la chiamarono i Romani che ne esperimentarono il pericolo a Pidna e a Cinocefale. L'uso della sarissa presentava al tempo stesso degl'inconvenienti: guai infatti se la falange, per la caduta di qualche sarissoforo, per le ineguaglianze del terreno, perdeva la sua compattezza; guai se cominciava a disgregarsi. Questa schiera di pesanti lance, da usarsi in formazione chiusa e in campo aperto, era una potente arma da urto, ma poco si prestava a tener fronte a un nemico agile ed esperto. Con ciò si spiega come col tempo essa cadesse in disuso.
Bibl.: H. Delbrück, Gesch. d. Kriegskunst, I, Berlino 1920, pp. 419-32; Lammert, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I A, coll. 2515-2530; A. J. Reinach, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiquités gr. et rom., s. v.; J. Kromayer e G. Veith, Heerwesen und Kriegführung Griech. und Römer, Monaco 1928, pp. 108, 134 seg.