BERNHARDT, Sarah (pseudonimo di Henriette-Rosine Bernard)
Attrice francese, nata a Parigi il 22 ottobre 1844 ed ivi morta il 21 marzo 1923. "Snella ed alta figura dalla biondissima chioma e dalla voce d'oro", la giovane allieva del Conservatorio parigino, non sostò a lungo nei primi gradini della carriera in quella Comédie Française ove esordì in Iphigenie e poi in Valérie nel 1862. Sebbene alla prima recita il Sarcey tributasse maggiori elogi alla sua bellezza che alla sua arte, in brevissimo tempo, pubblico, critici ed autori staccarono istintivamente dalla folla varia delle esordienti quella fanciulla sottile e slanciata che già si rivelava, in artistiche pose - come il suo prediletto poeta, Edmond Rostand, doveva cantarla più tardi - reine de l'attitude et princesse du geste. Appena pochi anni dopo, in una sera del 1869, alla vigilia della guerra e nell'ultimo splendore del secondo Impero, all'Odéon, scoppiava fulmineo, con eco mondiale, il successo d'un breve atto in versi, Le Passant, che consacrava a un tempo, nel fragore d'una frenetica acclamazione, due fame improvvise, destinate a ingrandire rapidamente: quella del giovane poeta François Coppée e quella della giovanissima attrice Sarah Bernhardt. Avvertita da così grande clamore, la Comédie Française rivolle nel 1872 l'attrice che si era lasciata sfuggire; e, dopo i numerosi trionfi conseguiti nelle più fortunate opere teatrali del tempo, in Le Sphynx di O. Feuillet, in Rome Vaincue dell'italiano divenuto francese Alessandro Parodi, in La fille de Roland di H. de Bornier, e in tragedie del repertorio classico (Phèdre, Andromaque, Zaïre), il mondo intero - Inghilterra, Paesi Bassi, Stati Uniti, Russia - si contese la nuovissima grande interprete, l'erede della fama universale di Rachel, colei che la voga, esagerando, proclamava la "più grande attrice del mondo". Ed ecco Sarah Bernhardt, rotti clamorosamente i suoi impegni con la Comédie, pagando indennizzi in cifre per quel tempo favolose, partire negli anni 1880-1881 per fastose tournées attraverso il mondo dove ogni forma di teatralità, e nell'omaggio e nella réclame, precedeva la fama della sua bellezza e la sua acclamata "regalità" d'attrice.
Carica d'allori transoceanici e di ricchezze essa torna finalmente a Parigi dove Sardou la vuole ad interprete del suo nuovo dramma Fédore. Sarah ha un teatro suo (il Pont-Saint-Martin), nel quale crea - in pieno amore col poeta e recitandolo con lui - un dramma pittoresco e romantico di Jean Richepin, Nana Sahib. Lo scandalo accresce ancora la celebrità dell'attrice. E a una nuova tournée in America (1888-1889) seguono altre clamorose creazioni in drammi del Sardou (Théodora, Tosca, Cléopatre, Gismonde), del Lemaître (Les Rois), del Sudermann (Casa paterna), e finalmente di Gabriele d'Annunzio, La Ville Morte (La città morta), tragedia che il poeta italiano, nel 1898, compose, in francese, appositamente per lei. Doveva, a breve distanza, seguire il periodo delle opere di Edmond Rostand al cui repertorio la B. fu fedele circa vent'anni, cioè sin quasi al giorno di chiudere, solo con la morte, la sua carriera artistica. Del Rostand ella creò La Samaritaine, La Princesse lointaine e L'Aiglon. Questo dramma, in cui l'attrice indossava, sfanfareggiando con la "voce d'oro" bei versi rotondi e sonanti rime, le bianche uniformi austriache del duca di Reichstadt, fu da lei recitato a Parigi e nel mondo per più di tre anni.
Temperamento artistico di grande sensibilità, la B. fu anche scultrice, pittrice, scrittrice: tentò il romanzo (Petite Idole, 1920), compose drammi (Adrienne Lecouvreur, 1908), scrisse memorie (Ma double vie, Mémoires, 1907), pubblicò versi. Non fu, forse, interprete profonda. Ma ebbe - come i due suoi grandi autori, Sardou e Rostand - un prodigioso senso del teatro. La plastica bellezza, la regalità del portamento, la voce stupenda, la perfetta dizione, il senso mirabile del ritmo, della attitude, il sicuro intuito, la pronta e mutevolissima sensibilità la fecero clamorosa, dispotica e splendente regina del teatro francese in un clamore che soffocò, senza però farle tacere, più acute e umane voci d'attrici, rappresentanti d'una poesia più intima che esteriore, più sofferta nell'anima che sbandierata in oratoria eloquenza di alessandrini.
Non di meno il fenomeno artistico e teatrale di Sarah Bernhardt fu di prima grandezza e di quelli che ben di rado si rinnovano. Triste e lungo fu il suo tramonto. A più di settant'anni, mutilata d'una gamba, bionda ancora e spettrale, ella volle continuare a girare il mondo, recitando, con quanto le rimaneva dell'antica "voce d'oro", commedie romantiche e sentimentali che suo nipote, l'attore-autore L. Verneuil, scriveva appositamente in modo da crearle situazioni ov'ella potesse sempre essere in scena e recitare seduta. Così, sul palcoscenico della sua gloria e della sua passione, malinconicamente si spense colei che tanto aveva appassionato i suoi contemporanei da provocare persino una serie di duelli tra scrittori francesi, quando, in abito maschile, volle, a Parigi, quasi sessantenne, raffigurare il principe Amleto. Ciò avvenne in quel teatro ch'ella acquistò dal municipio di Parigi (antica Opéra Comique in piazza dello Châtelet) e che ancora oggi porta il suo nome.
Bibl.: J. Huret, Sarah Bernhardt, Parigi 1899; L. S. Bernhard, Le soir de la vie de S. B., Parigi 1927.