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SARAGOZZA

di M.C. Lacarra Ducay - Enciclopedia dell' Arte Medievale (1999)
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SARAGOZZA

M.C. Lacarra Ducay

SARAGOZZA (spagnolo Zaragoza; lat. Caesaraugusta; arabo Saraqusöa)

Città della Spagna nordorientale, capoluogo dell’omonima provincia, posta sulla riva destra dell’Ebro, al centro di una fertile piana irrigua, nella regione storica dell’Aragona.

Antica colonia militare romana, S. fu costruita sulla città iberica di Salduba e durante il Basso Impero divenne uno dei più notevoli centri urbani ispano-romani. In questo periodo si diffuse a S. la religione cristiana, come documentano ampiamente i testi, i quali evidenziano anche la ripercussione che nella città ebbe la persecuzione di Massimiano (286-305). A testimonianza del culto dei primi martiri locali (s. Engrazia e gli Innumerevoli Martiri), istituito nel sec. 4°, rimane la cripta della chiesa di Santa Engracia, dove sono conservati due sarcofagi di marmo, opera di botteghe romane della metà del 4° secolo.

La S. ispano-visigota (472-711) ha lasciato scarsi resti archeologici (per lo più ceramiche, vetri, bronzi, monete), conservati al Mus. de Zaragoza, Arqueología y Bellas Artes. Le fonti scritte alludono all’importanza della Chiesa di S., con famosi vescovi, come s. Braulio (631-651), scrittore e bibliofilo, e notevoli centri ecclesiastici, come il monastero di Santa Engracia, annesso alla omonima basilica extra muros, la chiesa di Santa María la Mayor, una delle più antiche della città, sulle sponde dell’Ebro, e quelle di San Vicente e di San Millán, all’interno dello stesso recinto urbano.

Tra i resti artistici della dominazione musulmana, che a S. durò più di quattro secoli (714-1118), occupa un posto importante il palazzo reale della Aljafería, risalente fondamentalmente all’epoca del secondo re della dinastia saragozzana dei Banù Hùd, al-Muqtadir (1046-1082), realizzato nello stile dell’arte dei regni di Taifas. L’ubicazione in pianura favorì la costruzione di un recinto a pianta quasi quadrata, come nei primi palazzi degli Omayyadi del sec. 8°, difeso da una muraglia rinforzata con torrioni a semicerchio oltrepassato (sedici in tutto), fatta eccezione per la torre del Trovador, sul lato nord, a base rettangolare e destinata a scopi militari, che può corrispondere nel nucleo originale a un momento precedente (sec. 9°). L’accesso è sul lato orientale, fra due torrioni, attraverso una porta di alabastro con arco a ferro di cavallo a doppia ghiera. L’interno del palazzo risulta diviso in direzione N-S in tre zone longitudinali uguali, delle quali resta solo la centrale, che ospitava gli ambienti per la rappresentanza ufficiale, compresi la sala del trono e un piccolo oratorio privato o moschea. L’area centrale si sviluppa intorno a un patio rettangolare occupato da un giardino con vasche, mentre quelle laterali erano forse destinate ad abitazioni private e furono le più danneggiate dagli interventi cristiani medievali. L’uso di colonne di marmo molto slanciate, con capitelli di ordine corinzio e composito scolpiti in alabastro che sostengono archi intrecciati, polilobati e mistilinei, insieme al più severo arco a ferro di cavallo per il miéràb della moschea, e la profusione di lavori in gesso con motivi a intreccio come decorazione delle pareti derivano dalla tradizione califfale di Córdova, utilizzata però con totale libertà e fantasia.

Tra gli ampliamenti cristiani nel palazzo della Aljafería, quelli di maggior importanza risalgono all’epoca di Pietro IV d’Aragona (1336-1387), per concludersi alla fine del Quattrocento durante il regno dei Re Cattolici. Nel 1339 veniva portata a termine la nuova chiesa di San Martín, situata a destra dell’entrata del recinto murato, nel primo patio che porta il suo nome. Questa cappella, conservata senza modifiche fino al 1772, era un edificio gotico in mattoni con due navate di tre campate ciascuna, separate da pilastri e coperte da volte a crociera semplice. A S del patio di Santa Isabel, la cappella di San Jorge, costruita tra il 1350 e il 1358 e distrutta nel 1867, era un edificio mononave, con funzione di oratorio privato a uso della regina. Recenti lavori di restauro hanno permesso di recuperare al piano terreno e nella zona nord del palazzo reale, lungo il lato orientale della torre del Trovador, un grande salone per ricevimenti, costruito tra il 1339 e il 1356, coperto da un soffitto a cassettoni decorato con gli emblemi delle armi del re e delle sue spose: Maria di Navarra (m. nel 1347), Eleonora di Portogallo (m. nel 1348) ed Eleonora di Sicilia (m. nel 1375), allora regnante.

Della S. romanica scarse sono le testimonianze materiali: un timpano in pietra calcarea (sec. 12°), decorato con il monogramma di Cristo con motivi floreali ai lati, proveniente dalla chiesa di Santa María la Mayor e oggi inserito nella facciata meridionale della basilica di Nuestra Señora del Pilar (edificio barocco che sostituisce la chiesa medievale di Santa María la Mayor); alcuni capitelli scolpiti con scene evangeliche e motivi vegetali provenienti dalla primitiva chiesa di Santiago el Mayor, conservati nel palazzo Arcivescovile e al Mus. de Zaragoza, Arqueología y Bellas Artes; infine, il capocroce della Seo, la cattedrale di San Salvador.

La Seo, impiantata su quella che fino ad allora era stata la moschea maggiore della città, venne consacrata solennemente dal vescovo Pedro de Librana il 4 ottobre 1121; si suppone che la sua abilitazione al culto cristiano non abbia comportato, sul momento, sostanziali cambiamenti nell’edificio. Tuttavia, i molteplici riferimenti a donazioni fatte da privati per la chiesa di San Salvador durante l’episcopato di Pedro Tarroja (1152-1184) consentono di riferire a quel momento l’inizio del transetto della nuova chiesa, di cui si conservano importanti resti. A questo rinnovamento non fu estranea la traslazione della reliquia del cranio di s. Valerio dalla cattedrale di Roda de Isábena (prov. di Huesca), che avvenne nel 1171. La scarsa documentazione non permette di seguire passo per passo la storia della costruzione della chiesa, tuttavia il progetto iniziale doveva corrispondere a un edificio a pianta basilicale con cinque cappelle nel capocroce aperte su un ampio transetto (come nelle cattedrali di Lérida, Tarragona e Tudela) e un corpo composto da tre navate - ciascuna di tre campate - di cui quella centrale più ampia e più alta delle laterali, in uno stile di transizione verso il Gotico, in accordo con la sua cronologia.

La precoce costruzione di un chiostro (1207-1215), di cui rimangono tracce, con la corrispondente sala capitolare e altri annessi (dormitorio, refettorio, infermeria), così come l’esistenza di numerosi altari con dedicazioni diverse nelle cappelle del capocroce sono note attraverso i documenti dell’archivio della cattedrale. Durante l’amministrazione della sede da parte di Pedro López de Luna (1314-1345) e in concomitanza con la trasformazione della cattedrale in chiesa metropolitana nel 1318, furono promossi nuovi lavori nell’edificio religioso e nei suoi annessi capitolari. Si progettarono l’ampliamento delle absidi nel capocroce e la costruzione sopra il transetto di una torre lanterna (cimborrio). Al tempo dell’arcivescovo Lope Fernández de Luna (1351-1382) si devono riferire il completamento del cimborrio, la realizzazione del portale maggiore della chiesa, aperto nel transetto settentrionale (tuttora esistente dietro la facciata del sec. 18°), e la costruzione, per la propria sepoltura, di una cappella dedicata a s. Michele Arcangelo, alla quale lavorarono i migliori artisti della Corona d’Aragona. Essa fu realizzata tra gli anni 1374 e 1381, nel capocroce della chiesa sul lato nord, immediatamente addossata all’abside e parallela al transetto. Dell’epoca di Lope Fernández de Luna si conservano la decorazione del muro esterno, di tipo mudéjar, il soffitto che copre il presbiterio, armatura ottagonale in legno dorato, anch’esso di carattere mudéjar, e il sepolcro dell’arcivescovo, situato in un arcosolio aperto nella parete del lato sinistro, dovuto allo scultore e orafo Pere Moragues di Barcellona, che lo realizzò in alabastro con doratura e policromia, secondo il modello di sepoltura addossata al muro con statua giacente sul coperchio, una serie di incappucciati tra arcature sui tre lati visibili del sarcofago e la cerimonia funebre della sepoltura sul fondo della nicchia. Tra il 1403 e il 1409 si lavorò di nuovo al capocroce della chiesa, ingrandendo ulteriormente le absidi e restaurando il cimborrio che minacciava di crollare.

Tra le opere di oreficeria sono da segnalare i busti-reliquiario gotici dei ss. Valerio, Lorenzo e Vincenzo, conservati al Mus. de la catedral de la Seo, in argento dorato con smalti, di fattura avignonese, donati dal pontefice Benedetto XIII nel 1404.

Fra le chiese e i conventi di epoca medievale, particolarmente importanti sono il Monasterio de la Resurrección e il Convento de Santa Catalina de Siena. Il primo, appartenente all’Ordine delle Religiose del Santo Sepolcro di Gerusalemme, fu fondato alla fine del sec. 13° sulla sponda destra del fiume Ebro, vicino al muro romano. Grazie al mecenatismo della Corona d’Aragona e all’appoggio della Chiesa, il monastero si rafforzò economicamente e durante il sec. 14° fu ricostruito in laterizio. Il tesoriere di Lope Fernández de Luna, fra Martín de Alpartir, concesse aiuti per terminare i lavori, in particolare nel chiostro, nel soprachiostro, nel magazzino, nel refettorio e nella cucina. Nel suo testamento, dettato a S. il 24 giugno 1361, scelse per la sua sepoltura la sala capitolare del monastero e per decorare l’ambiente commissionò un retablo che attesta influenze gotiche italiane, oggi al Mus. de Zaragoza, Arqueología y Bellas Artes, al pittore Jaume Serra, di Barcellona, per il prezzo di trecento fiorini d’oro aragonesi (Lacarra Ducay, 1990). Del nucleo primitivo del Convento de Santa Catalina de Siena, monastero di Clarisse, situato nella calle de San Miguel, vicino al fiume Huerva, e fondato nel 1234 da Ermisenda de las Cellas, rimane la chiesa gotica in laterizio, risalente alla prima metà del 14° secolo.

Il Convento de Santo Domingo de Gúzman fu fondato nel 1260 dal re Giacomo I il Conquistatore (1213-1276). Si conerva l’antico refettorio in laterizio, della prima metà del sec. 14°: è una grande sala rettangolare, divisa da cinque pilastri cilindrici in due navate, ciascuna di cinque campate voltate a crociera.

In alcune cantine lungo la calle del Coso (nrr. 126-132) sono situati i bagni ebrei menzionati nel 1266, quando il re Giacomo I concesse per due anni alla città di S. il loro affitto, destinato ai lavori del ponte sull’Ebro (Fatas, Beltrán Martínez, Beltrán Lloris, 1991). Essi si trovavano di fronte alla Judería, per l’esattezza di fronte alla fortezza nota come Castillo de los Judíos, che sorgeva nel luogo oggi occupato dal Seminario de San Carlos. La fortezza comprendeva, oltre al castello, che serviva da carcere, la sinagoga maggiore, un ospedale e una macelleria. Dal castello, attraverso la porta detta della Carnicería de los Judíos si passava ai bagni, che si trovavano di fronte, sull’altro lato della calle del Coso. Ciò che si conserva è solo una piccola parte del complesso dei bagni, che risale al sec. 13° e segue una disposizione analoga a quella dei bagni ispano-islamici dell’epoca dei regni di Taifas, dell’11° secolo. Si tratta di una sala a pianta leggermente rettangolare, organizzata come un chiostro, con quattro campate nelle gallerie corte e cinque in quelle lunghe, con volte a crociera poggiate su dieci colonne che le separano dallo spazio centrale, anch’esso rettangolare e coperto da volte a crociera. Salvo le colonne, che sono di alabastro, il resto è in mattoni. Questa grande sala comunicava con un’altra più piccola, a due campate, anch’essa coperta da volte a crociera, oggi scomparsa.

Bibl.: M.C. Lacarra Ducay, De la Antigüedad al Gótico, in Zaragoza. Geografía, historia y arte, Zaragoza l9852, pp. 115-135; id., La catedral metropolitana de Zaragoza, in Las catedrales de Aragón, Zaragoza l987, pp. 309-353; id., Arte medieval. Siglos XIV-XV, in Museo de Zaragoza, Zaragoza 1990, pp. 7-61; G. Fatas, A. Beltrán Martínez, M. Beltrán Lloris, Zaragoza antigua, in Guía histórico-artística de Zaragoza, Zaragoza l99l, pp. 23-63; G. Fatas, G.M. Borrás Gualis, Zaragoza musulmana, ivi, pp. 69-100; M. Gomez De Valenzuela, Zaragoza románica, ivi, pp. 103-109; Zaragoza gótica y mudéjar, ivi, pp. 113-200; C. Aguarod Otal, A. Mostalac Carrillo, La arquelogía de Zaragoza en la Antigüedad tardía, Zaragoza 1998; S. Andrés Valero, Zaragoza cristiana (1118-1136), Zaragoza 1998; M. Beltrán Lloris, G. Fatas, Caesaraugusta, ciudad romana, Zaragoza 1998; J.L. Corral Lafuente, Zaragoza musulmana (714-1118), Zaragoza 1998; M.V. Escribano Paño, Zaragoza en la Antigüedad tardía (285-714), Zaragoza 1998; M.I. Falcón Pérez, Zaragoza en la Baja Edad Media (siglos XIV-XV), Zaragoza 1998.

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