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SAPROEMIA

di Guido Vernoni - Enciclopedia Italiana (1936)
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SAPROEMIA (dal gr. σαπρός "putrido" e αἷμα "sangue"; sin. "febbre putrida; intossicazione putrida")

Guido Vernoni

Malattia prodotta dalla vegetazione di germi putrefattivi (saprofiti) su tessuti o materiali organici devitalizzati, e dall'intossicazione generale che ne consegue. Manifestazione fondamentale è la febbre da riassorbimento dei veleni. Spesso i germi putrefattivi rimangono localizzati, e solo i veleni putridi si riassorbono nel sangue. Altre volte tali germi riescono a invadere l'organismo e a diffondersi anche nel torrente circolatorio; si parla allora di "sapro-setticemia" (v. setticemia).

Un esempio tipico di febbre putrida benigna è offerto dalla decomposizione dei residui placentari, coaguli sanguigni, ecc., rimasti nella cavità uterina dopo il parto. Si ha febbre anche elevatissima, talora con brividi, e profuse diarree. Si sospetta la temibile setticemia puerperale, ma basta detergere la cavità uterina per vedere cessare come d'incanto la febbre e ogni altro disturbo. Altri casi frequenti di saproemia si hanno nelle ferite lacerocontuse o in semplici traumatismi (come in seguito a iniezioni ipodermiche) in cui si abbia imbrattamento con materie fecali; nelle ferite chirurgiche invase da microbî intestinali; in ascessi cancrenosi del polmone, pleuriti e peritoniti putride, appendiciti cancrenose.

Non di rado queste infezioni putride, specialmente quelle sottocutanee e muscolari, assumono andamento grave per l'estendersi della pullulazione microbica alle parti sane circostanti, o addirittura nel sangue e per l'associarsi di altri germi patogeni. Il malato oltre alla febbre, presenta sintomi gravi, come cefalea, vomito, sopore o coma, delirio, itterizia, albuminuria.

Certi casi, specie nelle forme cosiddette di cancrena gassosa (v. sotto) possono avere decorso fulminante, portando a morte in poche ore.

I microbî responsabili sono di varia natura, per lo più anaerobî della putrefazione. I più temibili fra essi sono il Bacillus perfringens (B. Welchii, B. Fraenkel), il B. Novyi (B. oedematiens) e il B. oedematis maligni (Vibrion septique di Pasteur). Sono ospiti abituali, e normalmente innocui, dell'intestino dell'uomo e di animali. Questi germi liberano nei tessuti attaccati grandi quantità di gas, la cui presenza è particolarmente evidente nelle parti non comunicanti con l'esterno (sottocute, muscoli). Per questo tali forme cancrenose hanno preso il nome di "cancrene gassose".

Bisogna tener presente che i germi responsabili di queste malattie sono sporigeni e che le loro spore sono molto resistenti (anche all'ebollizione per 10-15 minuti), onde la buona norma di evitare d'imbrattare gli aghi per le iniezioni ipodermiche, conservandoli scrupolosamente puliti e protetti, e di non credere di poter distruggere qualsiasi microbo con una fugace ebollizione degli strumenti o con la semplice conservazione nell'alcool, i quali mezzi sono solo sufficienti per una normale sterilizzazione verso i comuni microbi del pus, che non sono sporigeni. Particolarissima cura va poi messa nella sterilizzazione di aghi e siringhe quando si tratta di iniettare nei muscoli sali di chinina o di calcio, perché queste soluzioni facilitano l'attecchimento dei germi sporigeni anaerobî in generale, e quindi dei saprofiti ricordati, nonché del bacillo del tetano.

La cura della saproemia è chirurgica, o immunitaria a base di sieri antitossici specifici.

Vocabolario
saproemìa
saproemia saproemìa (o sapremìa) s. f. [comp. di sapro- e -emia]. – In medicina, condizione morbosa tossinfettiva (detta anche intossicazione putrida) caratterizzata da una infezione putrida e dalla presenza nel sangue dei microrganismi...
setticosaproemìa
setticosaproemia setticosaproemìa s. f. [comp. di settico e saproemia]. – In medicina, infezione generale prodotta dai microbî della putrefazione.
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