Sanzioni inflitte dalla Banca d’Italia
La Corte costituzionale dichiara illegittime le norme che attribuivano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione delle controversie in materia di sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia. La Corte ha interpretato restrittivamente il criterio della legge di delega riguardante il riordino del processo amministrativo e ha affermato che il legislatore delegato, nell’innovare la materia, non si sarebbe attenuto all’ulteriore criterio del rispetto della giurisprudenza delle giurisdizioni superiori.
La Corte costituzionale con la sentenza 15.4.2014, n. 94 dichiara costituzionalmente illegittime le disposizioni del c.p.a. che hanno attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con cognizione estesa al merito, le controversie relative a provvedimenti sanzionatori di natura pecuniaria adottati dalla Banca d’Italia1. La decisione ripercorre l’iter argomentativo seguito due anni prima dalla sentenza 27.6.2012, n. 162 la quale aveva già ritenuto costituzionalmente illegittima l’attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione sulle sanzioni pecuniarie irrogate dalla CONSOB2.
Con le due citate sentenze, la Corte ritiene che l’art. 44 della l. 18.6.2009, n. 69 contenga una delega per il riordino del processo amministrativo e il riparto di giurisdizioni concedendo al legislatore un limitato margine di discrezionalità per l’introduzione di soluzioni innovative. Il legislatore delegato, quindi, doveva mantenere ferma la giurisdizione del giudice ordinario sulle sanzioni irrogate dalla Banca d’Italia così come su quelle irrogate dalla CONSOB.
Invece, il legislatore nell’adottare la soluzione innovativa non solo aveva violato il criterio della delega avente a oggetto il mero riordino e riassetto del processo amministrativo, stravolgendo le norme sul riparto della giurisdizione, ma aveva altresì violato un altro criterio della delega il quale imponeva di «adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori»3.
Poiché la giurisprudenza costante della Corte di cassazione aveva affermato la giurisdizione ordinaria sulle citate sanzioni in quanto frutto dell’esercizio di attività vincolata alla quale si collegavano diritti soggettivi dei privati, le norme del codice si ponevano in aperto contrasto con tale direttrice fondamentale4.
La Corte costituzionale, quindi, dichiarava l’eccesso di delega delle norme censurate del c.p.a. La capacità innovativa del legislatore delegato doveva, quindi, interpretarsi in senso restrittivo.
Le decisioni della Corte costituzionale, pur proponendo una soluzione omogenea con riguardo alle sanzioni della Banca d’Italia e della CONSOB, creano una profonda differenziazione rispetto al regime processuale relativo alle sanzioni inflitte da altre autorità amministrative indipendenti di regolazione e rappresentano un cospicuo ridimensionamento della estensione della giurisdizione esclusiva del giudice.
La decisione della Corte costituzionale ripropone il delicato tema delle modalità di individuazione delle materia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Innanzitutto, il giudice delle leggi ritiene che la delega contenuta nella l. n. 69/2009 sia da considerarsi dimero riordino, quindi non idonea a innovare rispetto al sistema vigente. Sul punto è stato osservato, correttamente, che si trattava, invece, di una delega più ampia che autorizzava il legislatore a innovare rispetto al sistema anche al fine di una sua razionalizzazione, soprattutto con riguardo alle sanzioni irrogate da Banca d’Italia e CONSOB che continuavano, ingiustificatamente, a essere sottoposte alla cognizione dal giudice ordinario laddove le controversie relative alle sanzioni irrogate da tutte le altre autorità indipendenti di regolazione erano state attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo5.
Al di là della poco condivisibile interpretazione restrittiva della delega occorre rilevare che appare alquanto perplessa anche l’applicazione in questo caso dell’ulteriore criterio dell’ «adeguamento alla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori».
È noto che la costante giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di cassazione ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario con riferimento alle sanzioni sul presupposto che l’esercizio del potere sanzionatorio rappresenti attività vincolata distinta da quella della vigilanza, ancorché a essa collegata.
Solo questa circostanza, quindi, per la Corte costituzionale sarebbe bastata per affermare l’illegittimità della norma del c.p.a. per eccesso di delega.
Ma occorre rilevare, nel solco di quanto affermato dalla dottrina, che l’applicazione del criterio dell’adeguamento alla giurisprudenza delle corti superiori con riferimento alla attribuzione di materia alla giurisdizione esclusiva è alquanto problematico6.
Innanzitutto, tale criterio si caratterizza per un alto tasso di genericità tanto da apparire sfuggente; infatti, per essere assunto come principio guida per il legislatore, esso deve contenere indicazioni univoche, non contraddittorie in quanto frutto di una soluzione omogenea.
Ma proprio con riguardo alla questione della attribuzione della giurisdizione esclusiva le caratteristiche appena enunciate non sembrano essere presenti.
Infatti, occorre ricordare che in materia la stessa Corte costituzionale, con la sentenza 204/2004, ha affermato che il legislatore non possiede una incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione esclusiva, in quanto ciò può avvenire solo nelle materie nelle quali la p.a. agisca come autorità; nella giurisdizione esclusiva, poi, possono rientrare anche materie in cui venga in rilievo anche l’esercizio “mediato” del potere.
Date queste coordinate interpretative si rileva che il potere sanzionatorio è sicuramente esercizio di un potere amministrativo e allora occorre domandarsi a quali indicazioni della giurisprudenza si sarebbe dovuto attenere il legislatore, poiché le soluzioni della Corte costituzionale potevano differire da quelle della Corte di cassazione.
Da ciò deriva che il mero richiamo alla giurisprudenza non costituisce un canone del tutto sicuro con riferimento alla individuazione delle materie da attribuire alla giurisdizione esclusiva.
La Corte costituzionale, peraltro, non ha preso in considerazione che la legge delega prevedeva l’altro fondamentale principio della “concentrazione delle tutele” (art. 44, co. 1, l. n. 69/2009) in virtù del quale il legislatore avrebbe ben potuto operare il riassetto delle materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e, in particolare, anche con riferimento alle sanzioni amministrative irrogate dalle autorità di regolazione.
Infatti, l’attribuzione della giurisdizione esclusiva di tutti i provvedimenti sanzionatori delle autorità amministrative indipendenti si sarebbe giustificata in virtù della intima connessione tra attività di vigilanza e attività sanzionatoria.
La Corte costituzionale ritiene che si possa considerare diritto vivente quello rappresentato dalla giurisprudenza della Cassazione in materia di provvedimenti sanzionatori delle autorità indipendenti.
Secondo tale impostazione, la giurisdizione sulle opposizioni alle sanzioni inflitte dalla CONSOB o dalla Banca d’Italia spetterebbe all’autorità giudiziaria ordinaria stante la natura vincolata dell’attività sanzionatoria; questa non può essere assimilata a quella di vigilanza, le cui modalità di esercizio non sono rigidamente predeterminate ma sono lasciate all’apprezzamento delle autorità cui è affidato il compito di salvaguardare la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione dei soggetti abilitati all’esercizio dell’attività di intermediazione finanziaria, avendo riguardo alla tutela degli investitori e alla stabilità, alla competitività e al buon funzionamento del sistema finanziario7.
La Corte costituzionale, quindi, avalla l’idea che l’attività sanzionatoria non sia frutto dell’esercizio di un potere discrezionale e, in secondo luogo, che attività di vigilanza e attività sanzionatoria siano ontologicamente differenti.
Sulla questione dell’esercizio del potere discrezionale si deve osservare che non è affatto scontata l’assenza di profili di discrezionalità nell’ambito dell’attività sanzionatoria e, quindi, la presenza di interessi legittimi in tali situazioni8. In molti casi, infatti, possono venire in rilievo attività valutative complesse riguardanti aspetti tecnici: si tratta, quindi, di esercizio di discrezionalità tecnica9.
Più specificamente, in materia di sanzioni antitrust, la giurisprudenza ha affermato che l’attività determinativa del quantum della sanzione irrogata (nonché, amonte, il giudizio di sussunzione delle peculiarità del caso entro i criteri determinativi normativamente indicati) costituisce esplicazione di una attività discrezionale, con la conseguenza che l’operazione valutativa può essere sindacata in sede di giudizio di legittimità, laddove risulti incongruamente motivata e affetta da vizi logici10.
L’esercizio del potere sanzionatorio non è, quindi, connotato da vincolatività bensì da discrezionalità tecnica e la sanzione non è quantificata a monte bensì a valle dello svolgimento del procedimento a seguito di una valutazione e di una ponderazione non solo degli interessi pubblici e della gravità della violazione ma anche degli interessi privati connessi alle condizioni economiche del trasgressore.
Infatti, nell’esercizio del potere sanzionatorio viene in rilievo un apprezzamento tecnico discrezionale relativo alla qualificazione della condotta di un soggetto e alla sussistenza dei presupposti costitutivi della fattispecie che poi incidono sulla quantificazione della sanzione.
Inoltre, la connessione tra l’attività di vigilanza e quella sanzionatoria è molto evidente: basti pensare che irregolarità e violazioni della legge possono dar luogo a provvedimenti di vigilanza e a provvedimenti sanzionatori11. Se l’attività di accertamento della infrazione e quella di irrogazione della sanzione sono strettamente connesse, l’attribuire la cognizione dei provvedimenti risultanti da queste attività a due giudici differenti appare una incongruenza difficilmente comprensibile12.
Tale differenziazione viola inevitabilmente il principio della concentrazione della tutela, principio cardine della legge di delega sul processo amministrativo che ha informato l’attività del legislatore nell’attribuire la giurisdizione sulle sanzioni al giudice amministrativo già competente a conoscere in relazione ai provvedimenti di vigilanza delle autorità.
La giurisprudenza aveva già avuto modo di affermare un principio con riguardo all’attività di vigilanza operata dalla Banca d’Italia che poteva assumere una valenza generale: se l’attività di vigilanza viene qualificata dal legislatore come pubblico servizio, ne consegue che, in questo ambito devono essere attratte tutte le fasi di realizzazione di tale funzione non solo quelle rivolte alla rilevazione di eventuali infrazioni alle regole da osservarsi dagli enti sottoposti alla vigilanza, ma anche (e soprattutto) quelle dirette, attraverso la repressione dei comportamenti scorretti, alla dissuasione (e, quindi, alla prevenzione) del reiterarsi di comportamenti siffatti e, in definitiva, a presidiare l’interesse pubblico all’ordinato svolgimento di detta attività13.
Il c.p.a., quindi, poneva rimedio a una incongruenza piuttosto vistosa nell’ordinamento, ripristinata, però, da decisioni della Corte costituzionale poco persuasive. Ragioni di coerenza del sistema avrebbero dovuto indurre la Corte costituzionale a non introdurre questa irragionevole differenziazione circa la tutela giurisdizionale nell’ambito delle sanzioni irrogate dalle autorità indipendenti che, comunque, rimangono atti di espressione di un potere autoritativo sul quale, in via generale, è il giudice amministrativo a esercitare la giurisdizione14.
1 La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dalla terza sezione del TAR Lazio con due ordinanze (n. 299 e 306 entrambe depositate in data 27.7.2012). Le ordinanze ritenevano non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 76 Cost., in riferimento all’art. 44 della l. 18.6.2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), degli artt. 133, co. 1, lett. l), 134, co. 1, lett. c), e 135, co. 1, lett. c), del d.lgs. 2.7.2010, n. 104. Sul punto occorre ricordare che l’art. 195 del d.lgs. 24.2.1998, n. 58, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, prevedeva che le sanzioni amministrative fossero applicate dalla Banca d’Italia e dalla CONSOB in relazione alle rispettive competenze e nei confronti di queste sanzioni si potesse esperire il giudizio di opposizione dinanzi alla Corte d’appello. Il c.p.a. aveva abrogato tale norma attribuendo la giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo. La sentenza della Corte costituzionale del 2012 aveva dichiarato l’illegittimità della norma del c.p.a. solo con riguardo alle sanzioni CONSOB, facendo rivivere la norma citate del TUF. La giurisdizione della Corte di appello era anche prevista per le sanzioni irrogate dalla Banca d’Italia ai sensi dell’art. 145 del d.lgs. 1.9.1993, n. 385, Testo unico delle disposizioni in materia bancaria. Per un primo commento si veda Pozzi, A., Giurisdizione esclusiva (in materia creditizia e dei mercati finanziari) o giurisdizione escludente dei Tar?, in www.giustamm.it, 5, 2014.
2 In generale si veda Sandulli, M.A., Sanzioni amministrative e principio di specialità: riflessioni sull’unitarietà della funzione afflittiva, in www.giustamm.it, 7, 2012. Sulla decisione della Corte costituzionale si veda Clarich, M., Le sanzioni amministrative della Consob nel “balletto” delle giurisdizioni, in www.giustizia-amministrativa.it; Scognamiglio, A., La giurisdizione sui provvedimenti sanzionatori della Consob, in Banca borsa, 2013, 254: Serges, G., La difficile determinazione dei confini della giurisdizione esclusiva mediante il rinvio ai principi desumibile dalla giurisprudenza, in Giur. cost., 2012, 2218. La questione di costituzionalità fu sollevata dalla Corte di appello di Torino, I sez. civ., con ordinanza 712 del 25.3.2011, in relazione a un presunto eccesso di delega che avrebbe viziato il c.p.a. nonché in relazione alla presunta violazione dei parametri costituzionali relativi alle modalità di individuazione delle materie da attribuire alla giurisdizione esclusiva.
3 Sul punto Serges, G., op. cit., esprime perplessità in merito alla decisione della Corte nel momento in cui omette qualsiasi riflessione sulla legittimità di un criterio di delega come quello del rinvio alla «giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori» che appare «oggettivamente mobile e per molti versi difficile da perimetrare».
4 La Corte di Cassazione aveva avuto modo di ribadire che le opposizioni avverso i provvedimenti emanati ai sensi del d.lgs. 24.2.1998, n. 58, art. 195, ossia le sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione di norme relative alla disciplina dell’attività di intermediazione finanziaria, restano affidate alla cognizione del giudice ordinario (e alla competenza della Corte d’appello) in quanto espressione di attività vincolata dalla legge in alcun modo assimilabile, pur se a essa collegata, alla materia della “vigilanza sul mercato mobiliare” devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art. 33, d.lgs. 31.3.1998, n. 80 (Cass., S.U., 15.7.2010, n. 16577, in Giur. it,, 2010, 2663; Cass., S.U., 24.1.2005, n. 1362, in Foro amm.-Cds, 2005, 694).
5 Clarich, M., op. cit., 5.
6 Serges, G., op. cit.
7 Cass. civ., S.U., 23.1.2004, n. 1235, in Foro it., 2004, I, 1781.
8 Per la qualificazione in termini di diritto soggettivo delle posizioni giuridiche soggettiva a fronte di sanzioni si veda Terracciano, G.-Albano, L., Il riparto di giurisdizione nelle sanzioni amministrative, in Cagnazzo, A.-Toschei, S., a cura di, La sanzione amministrativa. Principi generali, Torino, 2012, 833.
9 Per la qualificazione in termini di interesse legittimo della posizione del privato nei confronti del potere sanzionatorio della p.a. si veda Sandulli, M.A., Sanzioni amministrative, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1992, 18; Clarich,M., op. cit., 5.
10 Cons. St., sez. VI, 12.4.2011, 2256, in Foro amm.-Cds, 2011, 1241.
11 Scognamiglio, A., op. cit., 256.
12 Sul punto si veda Chieppa, R., op. cit., 660, che parla di giurisdizione esclusiva onnicomprensiva in ragione della stretta correlazione tra potere di vigilanza e potere sanzionatorio.
13 Cons. St., sez. VI, 13.5.2003, n. 2533, in Foro amm.-Cds, 2003, 1666.
14 Si veda Cons. St., sez. VI, 24.9.2012, n. 5073. Secondo tale decisione, sulle sanzioni pecuniarie, comprese quelle applicate dalle autorità amministrative indipendenti, il giudice amministrativo esercita una giurisdizione estesa al merito, ai sensi dell’art. 134, lett. c), c.p.a. (d.lgs. n. 104/2010), onde la possibilità di valutazioni del giudice amministrativo, anche con riguardo alla quantificazione delle misure sanzionatorie stesse.