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SANTUARIO

di Red. - Enciclopedia dell' Arte Antica (1965)
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SANTUARIO

Red.

Col termine S., il cui significato non è rigorosamente definibile nell'ambito della storia delle religioni, si intende un particolare luogo di culto, distinto sia dal tempio, che può sorgere ovunque, e la cui sacralità dipende da un atto di consacrazione, sia dai luoghi sacri puramente naturali (grotte, boschi sacri). La sacralità del S. dipende invece da una presenza sacra nel luogo, la presenza che può essere intuita, può concretarsi in teofanie o consistere in reliquie. Il S. viene costituito come luogo di culto mediante un segno sacro (altare, pietra confitta, ecc.), e diviene centro di manifestazioni di devozione indissolubilmente legate al posto (distinte dai riti universalmente validi), richiamo periodico o permanente per coloro che partecipano delle stesse credenze religiose.

Per rispondere alle sue funzioni il S. comporta quindi una zona sacra, delimitata e sottolineata da un peribolo, entro il quale solo l'altare, o gli altari, se si tratta di più divinità, sono assolutamente necessarî; oltre l'altare vi si può trovare il tempio, in cui viene custodita l'immagine della divinità, mentre l'area sacra può essere occupata dalle offerte dei fedeli e da edifici connessi con le feste religiose e con l'organizzazione del culto.

Non esistono norme che regolino l'organizzazione del s. (unica particolarità, talvolta, l'uniformità di orientamento nel tempio), la cui struttura, oltre che dal sito, ci viene chiarita soprattutto dalla natura della divinità venerata: il carattere particolare di ogni culto, determina infatti, all'interno del s., una particolare organizzazione degli edifici a funzione specifica, mentre talvolta l'associazione dell'elemento religioso a tutte le forme di vita, può far sì che il S. accolga, almeno in Grecia, anche edifici, per così dire profani (palestre, stadî, ecc.).

Il s. è stato talora posto in relazione con l'origine delle città e considerato un nucleo generatore nello sviluppo della concentrazione urbana, proprio in quanto ad esso affluivano periodicamente, per le cerimonie rituali, i gruppi umani sparsi nelle vicinanze: esso tuttavia ha conservato sempre una esistenza indipendente dalla città vera e propria. Alcuni dei più importanti s., anzi, non sono mai diventati nuclei urbani, costituendo invece autentiche città sacre a sè stanti (v. per esempio, i grandi s. panellenici quali Olimpia, Delfi, Delo). Ma anche quando il s. fu incorporato nel piano urbano, esso rimase senza rapporti e legami con esso, perché le ragioni della sua esistenza erano altre da quelle urbanistiche e architettoniche: il s. cioè non ha mai espresso funzioni urbane.

Di contro alla compatta concentrazione del s. mesopotamico in ogni sua età, e alla chiara e geometrica sintassi del s. egiziano con le sue precise correlazioni strutturali e planimetriche, il s. greco si distingue per una totale mancanza di collegamento tra le varie parti. Il particolare disordine compositivo nella distribuzione degli edifici nei s. della Grecia arcaica e classica si spiega sia dal punto di vista religioso, per l'assenza di un culto centralizzato e unificato, che impedisce che l'altare o il tempio svolgano un ruolo privilegiato nel piano; sia per l'individualismo che caratterizza l'architettura di età classica, la quale considera ciascun edificio in sè, liberandone il valore funzionale, senza tener conto dei suoi rapporti, e sottolineandone al massimo le possibilità visive. (Per la distinzione, non sempre osservata nella letteratura manualistica, tra s. ἱερόν e tèmenos, v. temenos).

Nei s. di età ellenistica la composizione planimetrica generale continua a non rivelare alcuna subordinazione a norme religiose, anche se vengono sottolineati effetti scenografici. Nei s. di età romana, che da quelli ellenistici traggono spunto, vengono accentuate le caratteristiche scenografiche, perché più che utilizzare le risorse naturali del terreno (come a Palestrina, v.), si tende a creare ambienti conclusi a prospettiva limitata.

Per i principali s. nelle varie civiltà si vedano le singole voci:

Per l'Egitto: Abido; Abu-Simbel; Benī Ḥasan; Deir el-Bahạrī; Deir el-Gebrawi; Denderah; Edfu; Medamud; MEedīnet Habu; Saqqārah; Speos Artemidos; Tebe; Tell el-῾Amārnah.

Per l'Anatolia, la Siria e la Palestina: Beycesultan; Biblo; Boǧazköy; Heliopolis, 2°; Palmira; Marathos; Sakçagözü; Saft el-Henna; Seia; Taanak; Umm el Amid.

Per la Mesopotamia e Iran: Assur; Aqar Quf; Ishchali; Eshnunna; Eridu; Ur.

Per l'India: Bamiyan; Bhaja; Bharhut; Bodh Gaya; Karli; Khandagiri.

Per l'Arabia meridionale: Mrabis; per la civiltà punica: Cartagine.

Per la Grecia: Atene (Acropoli); Argo; Brauron; Coo; Kalaureia; Dodona; Delfi; Delo; Egina; Eleusi; Epidauro; Isthmia; Kalidon (Laphrion); Labraunda; Lagina; Lykosoura; Magnesia; Mileto (Didymaion); Nemea; Olimpia; Samo; Sunio; Thermos; Tinos; Trezene.

Per Roma e per l'Italia: Agrigento (divinità ctonie); Cuma (antro della Sibilla); Fiesole; Lavinio; Locri Epizefiri; Marzabotto; Nemi; Palestrina; Sele; Terracina; Veio.

Si vedano inoltre particolarmente le voci Temenos; Tempio; Templum; Ziqqurat.

Vocabolario
santüàrio
santuario santüàrio s. m. [dal lat. tardo sanctuarium, der. di sanctus «santo», sul modello di sacrarium «sacrario»; il sign. 3 b è dovuto a influenza dell’ingl. sanctuary]. – 1. Nelle varie tradizioni religiose, luogo che ha acquistato...
cabìrio
cabirio cabìrio s. m. [dal gr. Καβείριον]. – Santuario dei cabiri nell’antica Grecia.
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