SANTORIO, Santorio
SANTORIO, Santorio. – Nacque a Capodistria il 29 marzo 1561. Il padre Antonio, originario di Spilimbergo, serviva la Serenissima come sopramassaro delle munizioni; la madre, Elisabetta Cordonia, era di famiglia capodistriana. Santorio, primogenito, si trasferì presto a Venezia con il fratello Isidoro, mentre le loro due sorelle, Piana e Franceschina, si sposarono a Capodistria.
Grazie alla protezione dei patrizi Morosini, cui i Santorio erano legati, poté ricevere un’ottima educazione umanistica, avendo come compagno di studi il futuro storico Andrea Morosini. Nel 1575 si iscrisse all’Università di Padova, dove studiò filosofia con Giacomo Zabarella e medicina con Bernardino Paterno. Tra i compagni del periodo padovano con i quali strinse duratura amicizia vi fu il futuro doge Nicolò Contarini.
Dopo la laurea in medicina, conseguita nel 1582, Santorio mantenne contatti con Capodistria, dove negli anni Ottanta fu principe dell’Accademia Palladia. Viaggiò anche fuori dei domini veneti: già nel 1587 l’Università di Padova lo aveva raccomandato a un principe o a un notabile polacco, ma non risulta che Santorio si sia mai recato in Polonia. È invece assai probabile che egli abbia soggiornato nei territori dell’Europa centrale soggetti agli Asburgo, negli odierni Stati di Ungheria e Croazia: un’antica tradizione, recentemente ripresa da Mirko Drazen Grmek (1975, p. 101), vuole che egli si recasse nella città fortezza di Karlovac come medico personale di un nobile della città, il conte Zrinski; non a caso, Santorio dedicò all’arciduca Ferdinando di Stiria (il futuro Ferdinando II) la sua prima opera a stampa, la Methodus vitandorum errorum omnium, qui in arte medica contingunt (Venezia 1602).
Fin dai primi anni del Seicento Santorio risedette stabilmente a Venezia, dove strinse o rinsaldò una preziosa rete di amicizie, che comprendeva, oltre al dotto Morosini, patrizi e intellettuali di orientamento fieramente anticuriale, che furono poi protagonisti della vertenza dell’Interdetto, come Nicolò Contarini e fra Paolo Sarpi. In occasione dell’attentato a Sarpi del 5 ottobre 1607, Santorio, medico del convento dei serviti, prestò le prime cure al ferito.
Il legame fra i due era veramente molto stretto: secondo la denuncia portata a Roma da fra Fulgenzio Manfredi, Santorio partecipava con Sarpi alla lettura e alla discussione di libri proibiti. Sul piano degli studi, Sarpi poté introdurre Santorio alle novità della fisica galileiana, che tanta parte avrebbe avuto nelle indagini mediche del capodistriano: allora o più tardi egli conobbe lo stesso Galileo Galilei e i suoi più convinti estimatori veneziani, come Giovan Francesco Sagredo, Agostino Da Mula e Giacomo Barozzi.
Il legame con gli ambienti militanti della cultura veneta, la prestigiosa pratica professionale, l’invenzione di nuovi strumenti medici e le prime opere a stampa spianarono nel 1611 la strada alla chiamata del Santorio alla prima cattedra di medicina teorica nello Studio di Padova per la durata di sei anni, con uno stipendio di 800 ducati d’argento, poi elevati a 1200 in occasione della sua nuova condotta dal 1618 al 1624. Risalgono a questo periodo gli studi e le pubblicazioni che diedero a Santorio fama europea, facendone il precursore di quella nuova scuola medica che gli storici della medicina hanno definito ‘iatrofisica’. Abbandonando definitivamente la concezione qualitativa della fisica aristotelica (e rifiutando radicalmente l’applicazione dell’astrologia in medicina), Santorio cercò di ridurre a misura quantitativa fenomeni come il metabolismo umano e la febbre: ne nacquero opere famose come il De statica medicina (Venezia 1614), di cui volle donare un esemplare a Galilei, e nuovi strumenti, come il pulsilogium per la misurazione del polso, e il termometro, in merito alla cui ideazione e realizzazione fu controverso già allora il ruolo svolto rispettivamente da Galilei e da Santorio. Il capodistriano fu comunque il primo ad applicare la nuova invenzione nel campo medico.
Nel periodo padovano non venne meno la militanza di Santorio nella cultura veneta di orientamento anticuriale. Nel 1616 fu infatti chiamato a presiedere il Collegio veneto, istituito dal Senato per conferire la laurea padovana a quanti non volessero pronunciare la professione di fede tridentina (come i protestanti e gli ebrei): per la sua solerzia nell’esercitare questa funzione fu duramente criticato dal nunzio pontificio Berlinghiero Gessi. Santorio assistette inoltre Sarpi nelle fasi finali della sua malattia, nel 1623.
Nel mutato clima politico veneziano degli anni Venti, fu oggetto di vari attacchi, in parte giustificati con l’accusa di scarsa diligenza nell’insegnamento universitario (accusa da cui fu peraltro assolto nel febbraio 1624), ma più verosimilmente per motivi ideologici. Nel 1624 dovette perciò rinunciare a una nuova ricondotta nello Studio padovano (gli fu però mantenuto fino alla morte il cospicuo stipendio): al suo posto fu chiamato il filocuriale Pompeo Caimo.
Negli ultimi anni si ritirò a Venezia, dove risiedette nella parrocchia dei Ss. Ermacora e Fortunato: fece parte del Collegio medico e continuò a esercitare con autorevolezza la libera professione. Nell’agosto del 1630 fu consultato dal Senato sull’incipiente contagio: venendo incontro ai desideri dei magistrati, redasse un parere in cui, d’accordo con la maggioranza dei medici interpellati, negò motivatamente che potesse trattarsi di ‘vera peste’, salvo poi essere tragicamente smentito dai fatti.
Morì a Venezia nel 1636 e fu sepolto nel portico della chiesa dei Servi.
Il testamento attesta orgogliosamente il suo successo professionale: pur non avendo ereditato quasi nulla dai genitori, lasciò agli eredi depositi in Zecca per un valore di 35.000-40.000 ducati, accanto ad altri crediti e beni, e dispose diversi lasciti: sicché Arturo Castiglioni (1920, p. 24) ha potuto stimare il suo patrimonio complessivo a non meno di 70.000-80.000 ducati.
Opere. Methodus vitandorum errorum omnium, qui in arte medica contingunt, Venetiis 1602; Commentaria in artem medicinalem Galeni, Venetiis 1612; Ars [...] de statica medicina, sectionibus aphorismorum septem comprehensa, Venetiis 1614; Commentaria in prima Fen primi libri Canonis Avicennae, Venetiis 1625; Commentaria in primam sectionem Aphorismorum Hypocratis, Venetiis 1629; De remediorum inventione, Venetiis 1629; De lithotomia, seu calculi vesicae sectione consultatio, Lugduni Batavorum 1638. Prima edizione di tutte le opere: Opera omnia quatuor tomis distincta, Venetiis 1660.
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