SANTONINA
La santonina è il principio attivo antelmintico che è contenuto (circa il 2%) nelle calatidi di diverse specie di Artemisia (fam. Compositae) e specialmente nell'Art. maritima e nell'Art. Cina (Fiori di Cina, Semen contra o Seme santo delle antiche Farmacopee).
La santonina è cristallizzata in laminette bianche che si colorano in giallo alla luce. Fonde a 170°. È otticamente attiva [α]D = 173°. È quasi insolubile nell'acqua, si scioglie nell'alcool, poco nell'etere: è solubilissima in cloroformio. Si scioglie facilmente nei carbonati e negli idrati alcalini. Con soluzione alcoolica di KOH dà colorazione rosso ciliegia.
La santonina fu isolata per la prima volta da Kahler e Alms nel 1830. Le prime indagini sulla sua costituzione furono fatte da Heldt che ne stabilì la formula greggia C15H18O3. Hesse dimostrò poi che essa è il lattone di un ossiacido. Il suo studio fu ripreso nel 1873 da S. Cannizzaro che con i suoi allievi (F. A. Sestini, G. Carnelutti, V. Villavecchia, Fabris, P. Gucci, G. Grassi-Cristaldi, Andreocci, L. Francesconi, G. Bargellini) mise in evidenza le principali caratteristiche di questa sostanza e il suo multiforme comportamento. Dai chimici italiani della scuola di Cannizzaro fu dimostrata la sua natura chetonica e la sua proprietà di trasformarsi con gli acidi forti in isomeri (desmotroposantonine, formula II) privi di proprietà chetoniche e forniti di proprietà fenoliche, fu indagata la natura del prodotto (acido santonico) che dalla santonina si ottiene per riscaldamento con gli alcali, furono studiati i prodotti che in varie condizioni si formano da essa per azione della luce e furono eseguite molte altre ricerche. I fatti osservati condussero il Cannizzaro ad assegnare alla santonina la formula I.
I risultati ottenuti in seguito da Angeli con l'ossidazione permanganica della santonina, dai quali si doveva dedurre che essa contiene un atomo di carbonio quaternario, fecero sorgere qualche dubbio sulla completa esattezza di questa formula. Receriti ricerche di G. R. Clemo, W. N. Haworth e J. X. Walton e di L. Ruzicka hanno infatti dimostrato con la sintesi della desmotroposantonina (formula IV) che l'ossidrile alcoolico sta in posizione α e non in posizione β e hanno soprattutto messo in evidenza il fatto, d'accordo con i risultati dell'ossidazione, che nella santonina un gruppo metilico deve occupare nella molecola la posizione 4ª (ceme in certi sesquiterpeni) e deve cambiare di posto nella trasformazione in desmotroposantonina. In seguito a queste nuove osservazioni si assegna oggi alla santonina la formula III.
In connessione con le nuove vedute sulla costituzione della santonina è stato ripreso e portato a termine anche lo studio di altre sostanze naturali delle quali già da molto tempo era stata notata l'analogia con la santonina. È stato così dimostrato che esse contengono effettivamente nella molecola uno scheletro di atomi di carbonio simile a quello contenuto nella santonina. Tali sono l'artemisina che si ricava dalle acque madri alcooliche dell'estrazione della santonina, l'alantolattone e l'isoalantolattone (Elenina o canfora di Alanta) contenuti nelle radici di Inula helenium, e anche l'eremofilone, contenuto nell'olio essenziale che si può estrarre dal legno di Eremophila Mitchelli.
Farmacologia. - È apprezzato antielmintico, segnatamente efficace contro gli ascaridi lombricoidi. Già nel sec. XVII F. Redi, sperimentando sul seme santo dimostrava che gli ascaridi sono eccitati, ma non sempre uccisi, da dosi elevate di questa droga. Il fatto è stato anche recentemente confermato (F. Coppola, D. Lo Monaco, P. Trendelenburg). L'azione eccitante la secrezione biliare, cui si dava grande importanza, è del tutto inesistente (P. Marfori). Probabilmente i vermi in presenza di santonina s'allontanano dall'intestino tenue dove abitualmente si trovano e vengono espulsi vivi o restano nel crasso dove sono uccisi dalla putrefazione. Facilmente assorbita dal canale intestinale, la santonina si elimina, ossidata in varie forme, con le urine, cui conferisce color giallo intenso. Secondo la Farmacopea italiana, per l'adulto: massimo gr. 0,10 per dose e gr. 0,30 nelle ventiquattro ore.
Tossicologia. - L'avvelenamento da santonina è abbastanza frequente, sia per somministrazione di dosi eccessive, sia per idiosincrasie, ma la mortalità è invero scarsa. La dose tossica è per i bambini tra gr. o,08 e 0,30. La santonina, per quanto in grado scarso, possiede ùn'azione convulsivante, agendo sui centri motori corticali e solo secondariamente su quelli bulbari e spinali. Ha scarse proprietà irritanti e flogogene; infatti, anche per dosi alte raramente produce vomito fugace, seguito da visione gialla (xantopsia), e insieme da vertigini, allucinazioni, specialmente visive, cefalea, depressione generale. Le dosi elevate determinano tremori, crampi, particolarmente dei muscoli mimici, convulsioni generali cui segue uno stato comatoso e collasso circolatorio. Raramente l'esito è mortale per una paralisi cerebrale. Spesso residua un ittero, o anche una paraparesi. L'urina è giallo-verdastra; alcalinizzata con potassa diventa rosso-scarlatta. Si procuri un rapido svuotamento dello stomaco e un lavaggio con soluzione mucillagginosa o albuminosa, non con latte. Non si somministrino purganti oleosi né sali alcalini. Se l'eccitazione nervosa è rilevante si potrà ricorrere, oltre che al cloralio, alla cloroformizzazione o all'eteronarcosi, mentre durante il successivo periodo di collasso si rende necessaria la terapia stimolante.