URSICINO, santo
URSICINO, santo. – Non è nota la data di nascita così come rimangono oscure le sue origini.
Secondo Andrea Agnello, protostorico ravennate del IX secolo, fu il ventiquattresimo successore di s. Apollinare sulla cattedra episcopale di Ravenna che occupò per tre anni, sei mesi e nove giorni (Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis, a cura di D. Mauskopf Deliyannis, 2006, cap. 65, p. 235). La ricostruzione dei limiti cronologici del suo episcopato è per lo più basata sulle informazioni desunte dalla scansione temporale proposta da Agnello per i vescovi ravennati tra il 521 e il 546.
L’ordinazione di Ursicino avvenne tra la fine del 532 e l’inizio del 533; fu vescovo in un periodo estremamente critico per la storia politica della penisola italica, quello che coincise con il declino del Regno ostrogoto.
Alla morte di Atalarico, nel 534, seguì l’assassinio della madre e reggente Amalasunta a opera del cugino Teodato nel 535, e queste vicende aprirono la strada all’intervento bizantino che si tramutò in un lungo conflitto per il controllo della penisola, noto come guerra greco-gotica (535-553), nel corso del quale Ravenna venne conquistata dal generale bizantino Belisario nel 540.
Nonostante la presenza degli Ostrogoti, di confessione ariana, la città conserva la memoria dell’attività episcopale di Ursicino attraverso importanti opere monumentali che lo videro coinvolto in prima persona. Di alcune di queste rimangono soltanto labili tracce archeologiche e testimonianze di carattere documentario come nel caso della fabbrica della domus Tricoli, edificio di pertinenza dell’episcopio, anche noto come palazzo episcopale del Tricolium, di cui egli proseguì l’edificazione continuando l’opera dei suoi predecessori, i vescovi Pietro II, Aureliano ed Ecclesio.
Agnello informa che all’interno del medesimo edificio, oggi scomparso, Ursicino era ritratto insieme agli altri presuli e committenti dei lavori, i cui nomi furono commemorati su un’epigrafe musiva fatta comporre dal vescovo Massimiano, che portò a compimento la costruzione dell’edificio, e della quale si conserva il testo nella versione trasmessaci dallo stesso Agnello: «Hic Petrus, Christi praecepta secutus, ut docuit sacris moribus exhibuit. Hanc quoque funduit mirandis molibus arcem, nominis ipse sui haec monumenta dedit. Huius post obitum Aurelianus gessit honores, post hunc antistes extitit Eccelsius; hinc fuit Ursicinus, sequitur post ordine Victor; temporibus iunior Maximianus adest» (Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis, a cura di O. Holder-Egger, 1878, cap. 75, pp. 328 s.; Liber Pontificalis..., cit., 2006, cit., p. 243).
Tuttavia, il principale monumento a cui sono legati la memoria e il nome di Ursicino è sicuramente la chiesa di S. Apollinare in Classe, l’onere del cui cantiere fu sostenuto da Giuliano argentarius (Liber Pontificalis, cit., 2006, p. 232), già mandatario del vescovo Ecclesio per la fabbrica di S. Vitale a Ravenna. A Ursicino si devono attribuire il progetto e probabilmente le prime fasi costruttive della basilica intitolata al protovescovo ravennate Apollinare nel luogo in cui, secondo la Passio Sancti Apollinaris (Biblioteca Hagiographica Latina antiquae et mediae aestatis, I, Bruxellis 1898-1899, p. 101, n. 623), era collocata la sua sepoltura al di fuori delle mura della città, nel sobborgo di Classe.
Come per S. Vitale, anche i lavori della basilica classense furono, però, portati a termine soltanto dopo la morte del committente durante l’episcopato di Massimiano che la consacrò nel 549.
Dal capitolo 76 del Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis (cit., 2006) sulla vita del vescovo Massimiano si apprende che nell’ardica (o nartece) della chiesa era posta originariamente un’epigrafe dedicatoria, oggi scomparsa, lì affissa probabilmente in occasione della consacrazione del nuovo edificio di culto, nella quale Ursicino veniva ricordato come committente: «Beati Apolenaris sacerdotis basilicam, mandante viro beatissimo Ursicino episcopo, a fundamentis Iulianus argentarius aedificavit, ornavit atque dedicavit, consecrante viro beato Maximiano episcopo» (p. 245).
Celebre è il suo ritratto, identificabile dall’iscrizione che riporta il nome «Ursicinus», all’interno della stessa basilica su un pannello musivo inserito tra le finestre della zona inferiore della conca absidale, accompagnato dalle raffigurazioni di altri tre vescovi ravennati, Severo, Orso ed Ecclesio, successori di Apollinare e autorevoli rappresentanti della tradizione ortodossa e della continuità storica della chiesa locale.
La sua immagine si staglia all’interno di un’edicola a conchiglia ed è incorniciata da candidi vela raccolti ai lati, dove egli è disposto in atteggiamento frontale con la mano destra benedicente, mentre con la mano sinistra velata regge il libro dei Vangeli. La sua dignità episcopale, come per gli altri vescovi, è espressa dall’abbigliamento, composto di tunica clavata, casula purpurea e, seppur anacronisticamente, di pallio arcivescovile, ed è esaltata dalla presenza di una corona aurea gemmata che pende sul suo capo. I tratti fisionomici particolarmente individualizzanti nella resa del volto di Ursicino e la datazione relativa all’esecuzione dei mosaici del catino absidale, riferibile a un periodo probabilmente di poco successivo alla sua morte, suggeriscono, secondo le ipotesi più accreditate, una certa attendibilità ritrattistica nella rappresentazione musiva del presule (Mazzotti, 1954, p. 166; Bovini, 1974, p. 71). È probabile che una visione diretta dell’imago classense possa aver influenzato anche la sua descrizione fisica tramandata da Agnello: («Ursicinus XIIII, humilis vir, rubicundam habens faciem oculosque grandes, procer statura, tenui corpore», Liber Pontificalis..., cit., 2006, cap. 62, p. 232).
Si ritiene che la morte sia avvenuta nel 536, dopo soli tre o quattro anni dalla sua consacrazione episcopale.
Secondo il protostorico ravennate, fu sepolto nella basilica di S. Vitale di fronte all’altare di S. Nazario («sepultusque est in basilica beati Vitalis Martiris ante altarium sancti Nazarii», Liber Pontificalis..., cit., 2006, cap. 65, p. 235) e più precisamente nella cappella a destra del presbiterio intitolata ai Ss. Nazario e Celso (« infra monasterium S. Nazarii», ibid., p. 226) insieme ai vescovi Ecclesio e Vittore.
Di fatto la sua sepoltura in questo luogo non può che essere avvenuta qualche anno dopo la morte, ovvero soltanto quando i lavori per l’edificazione della basilica furono ultimati, verosimilmente durante l’episcopato di Vittore o all’inizio di quello di Massimiano che consacrò la chiesa nel 547. Nel 1731 durante alcuni interventi di restauro all’interno della medesima cappella, in seguito denominata Sancta Sanctorum, e documentati da padre Pier Paolo Ginanni (Ravenna, Biblioteca Classense, Miscellanea di documenti..., Mob. 3. 1. L2, cc. 90-95), fu rinvenuto il sarcofago di Ursicino, poi smembrato, identificato da una lastra con l’iscrizione «Ursicinus episcopus», che si conserva tuttora insieme ad alcuni frammenti dell’arca. In questa occasione le sue reliquie, insieme a quelle degli altri due santi vescovi ravennati, Ecclesio e Vittore, furono traslate all’interno dell’altare della cappella, per poi essere riposte nell’altare maggiore della basilica nel 1955.
Non è chiaro se l’antica intitolazione a Ursicino di una porta della città attestata dal X secolo (enfiteusi 982 aprile 1, in Le carte ravennati..., 2002, n. 224 p. 86), in seguito chiamata porta Sisi, sia riferibile al santo vescovo oppure all’omonimo santo martire e discepolo di s. Apollinare (Gardini, 2000, pp. 213 s.).
Fonti e Bibl.: Ravenna, Biblioteca Classense, Miscellanea di documenti, e memorie spettanti a varie chiese, e luoghi pii di Ravenna. Chiesa, e Monastero di S. Vitale, Mob. 3. 1. L2, IV, cc. 67-103 (in partic. cc. 90-95); Corpus Inscriptionum Latinarum, XI, 1, Inscriptiones Aemiliae Etruriae Umbriae latinae, Berolini 1888, nn. 293d e 294; Codex Pontificalis ecclesiae Ravennatis, I, Agnelli Liber Pontificalis, a cura di A. Testi Rasponi, in RIS, II, parte 3, Bologna 1924, capp. 59, 62-65, 75 s., pp. 167, 174-180, 193, 198 = Agnelli qui et Andreas Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis, a cura di O. Holder-Egger, in MGH, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VI-IX, Hannoverae 1878, pp. 319, 322-324, 329 s.; Agnelli Ravennatis Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis, a cura di D. Mauskopf Deliyannis, in Corpus Christianorum. Continuatio Mediaevalis, CXCIX, Turnhout 2006, pp. 226, 232-235, 243 e 245.
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