SANTO STEFANO, Ordine di
Fu istituito il 15 marzo 1562 da Cosimo I di Toscana, che ne fu il primo gran maestro. Fu intitolato a santo Stefano I papa e martire, perché nella sua ricorrenza (2 agosto) le truppe medicee avevano riportato due vittorie importanti: quella di Scannagallo (1554) e quella di Montemurlo (1559).
Emblema dell'Ordine fu la croce rossa in campo bianco. Le cariche supreme, dopo il gran maestro, erano il commendatore maggiore, che aveva funzione di luogotenente, il gran contestabile, al quale era affidato il comando delle truppe da sbarco, e l'ammiraglio. Questi dignitarî, dai quali dipendevano i priori e i balì, insieme con alcuni cavalieri nominati dal gran maestro o dal capitolo generale, formavano il Consiglio dei dodici che aveva il governo dell'Ordine. L'amministrazione era diretta da un conservatore generale, e alle spese si provvedeva con le decime del clero e con contributi dei cavalieri stessi. Questi erano divisi in tre categorie: militi, ecclesiastici e serventi. All'atto dell'ammissione dovevano prestare tre voti: di carità, di castità (ossia fedeltà) coniugale e di ubbidienza. La sede dell'Ordine fu a Pisa, nella piazza che dai cavalieri prese il nome. Nel palazzo che il Vasari costruì insieme con la chiesa, i militi trovavano una vera accademia nautica, che dava loro tutto l'addestramento necessario.
Gli statuti dell'Ordine, approvati da Pio IV, erano modellati su quelli di Malta. Ferdinando I ne fece una revisione e li pubblicò (1559). Una nuova ristampa ebbero per opera di Ferdinando II (1665), e una terza al tempo dei Lorena (1746).
Le prime unità della flotta stefaniana furono costruite a Pisa, ma poi si preferi l'arsenale di Livorno, che aveva aumentato la sua efficienza sotto la direzione di R. Dudley. Non si può fare una netta distinzione fra marina granducale e marina dell'Ordine; al tempo di Cosimo I l'una era in completa decadenza, e l'altra ebbe il duplice compito, religioso ed economico, di arrestare la diffusione della fede musulmana e di liberare il commercio mediterraneo dalla minaccia permanente dei pirati turchi. Dodici navi stefaniane, sotto bandiera pontificia ma con equipaggi dell'Ordine, combatterono a Lepanto. Dopo alcuni anni dì riorganizzazione la flotta ebbe il suo periodo di più gloriosa attività dal 1587 al 1609, durante il governo di Ferdinando I, essendone ammiraglio Iacopo Inghirami, che si segnalò tra l'altro nell'espugnazione della Prevesa (1605) e nell'impresa di Bona (1607). L'esempio dell'Inghirami fu seguito dai suoi successori, come Giulio Barbolani di Montauto, che nel 1626 forzò i Dardanelli, Lodovico da Verrazzano e Camillo Guidi. Così nel secolo XVII l'Ordine contribuì validamente a frenare l'audacia musulmana e riaffermò il prestigio dell'Italia nel Mediterraneo.
Ma dopo la morte di Ferdinando I, e specialmente con Ferdinando II, la marina stefaniana andò decadendo. I Lorenesi la riorganizzarono, ma i trattati conclusi con i Turchi a metà del sec. XVIII le tolsero la sua ragione di vita. L'Ordine fu soppresso dai Francesi nel 1809, ricostituito nel 1817 e definitivamente abolito dal governo provvisorio nel 1859.
Da segnalare il ricco materiale cartografico che fu patrimonio dell'Ordine, e specialmente l'Atlante nautico del Cavallini (1688).
Bibl.: C. Manfroni, La marina da guerra di Cosimo I e dei suoi successori, in Rivista marittima, 1895; G. G. Guarnieri, Cavalieri di Santo Stefano, Pisa 1928.