SEBASTIANO, santo
, La figura di S., soldato e martire, già circonfusa di leggenda, risalta nell'anonima passio del sec. V.
L'anonimo compilatore lo crede oriundo di Narbona ed educato a Milano; inoltre asserisce che fu assai caro agl'imperatori Diocleziano e Massimiano, i quali gli affidarono il comando della prima coorte. Per la sua qualità di militare, S. può avvicinare Marco e Marcelliano, figli gemelli di Tranquillino e di Marcia, tenuti in custodia dal "primiscrinius" Nicostrato, e rafforzarli nella loro fede. Seguono infinite conversioni, anche a causa di prodigi. Durante la persecuzione "Maximiano et Aquilino consulibus facta" (Massimo e Aquilino del 286?), una parte delle persone convertite da S. va in altro luogo. Fra quelli che rimangono a Roma, Marco e Marcelliano sono eletti diaconi, Tranquillino prete, S. difensore della chiesa. Essi abitano presso il cristiano Castolo, cubiculario del palazzo imperiale sul Palatino. Ma comincia la decimazione: Zoe viene presa mentre prega alla confessione di S. Pietro durante l'anniversario degli Apostoli ed è gettata nel Tevere, Tranquillino è lapidato mentre va a pregare alla confessione di S. Paolo. Nicostrato, Claudio, Castorio, Vittorino, Sinforiano sono gettati in mare, Tiburzio è decapitato, Castolo propagginato, Marco e Marcelliano attaccati a pali. S. è pure scoperto e l'imperatore ordina di saettarlo. Il supplizio lo lascia esanime, ma non morto. Irene, madre di Castolo, se ne accorge e trasporta l'eroe nel proprio appartamento. In seguito a lunghe cure, S. risana. Ma un giorno che l'imperatore si trova presso i "gradus Heliogabali", S. lo apostrofa rimproverandogli di perseguitare i cristiani. L'imperatore comanda di verberarlo a morte. Il corpo, gettato nella Cloaca Massima, e ritrovato dalla pia matrona Lucina, fu seppellito sull'Appia "ad catacumbas", presso il luogo dove erano state temporaneamente deposte le salme degli apostoli Pietro e Paolo. Più tardi sorse in quel sito una basilica (l'odierna di S. Sebastiano).
Il redattore di questa passio scrisse certamente in Roma, perché registra con precisione i dati topografici. Egli anche mantiene un certo colorito storico, pur lavorando di molta immaginazione e applicando all'età dioclezianea i titoli di cariche sorte molto tempo dopo. Il martire sepolto al II miglio dell'Appia, in un ipogeo cemeteriale non più antico del sec. III, dovette essere una vittima di quella epurazione nelle file dell'esercito che compì Diocleziano prima ancora di emanare gli editti persecutorî. La cripta del martire fu, agli inizî del sec. V, sistemata da due presbiteri del titolo di Bizante, Proclino e Urso. La basilica superiore, dedicata dapprima alla memoria degli apostoli Pietro e Paolo, fu nel tardo Medioevo (dopo il sec. VIII) detta di S. Sebastiano. La festa del santo si celebra il 20 gennaio.
Iconografia. - Come s'è detto, il santo fu martirizzato con frecce che sino dalla remota antichità furono il simbolo della peste, perciò S. fu assunto come protettore contro questa epidemia. Già durante la peste del 680 Pavia gli aveva dedicato un altare, e nella stessa occasione i Romani nella chiesa di S. Pietro in Vincoli fecero eseguire un musaico con la sua immagine, tuttora esistente: vi appare vestito di tunica e di clamide palatina, recando la corona gemmata, e ha barba grigia e tonda. Rappresentazioni anteriori sono quelle del cimitero di Calisto (sec. V) e di Ravenna (sec. VI).
Con il sec. XIV il tipo cambia totalmente: giovane di bell'aspetto, è raffigurato nudo, legato a una colonna o anche a un tronco, il corpo crivellato di frecce.
In Germania, come a Venezia e in altre scuole pittoriche, spesso è rappresentato come un giovane vestito da guerriero o da paggio, con frecce in mano: altri suoi attributi sono la spada, la palma e la corona del martirio.
Assai comuni, specialmente nell'Umbria, le sue immagini votive isolate; quando è a lato della Vergine, spesso è accompagnato da altri santi protettori contro la peste, quali Antonio, Giorgio, Cosma e Damiano, Rocco. Comune anche è la scena del martirio; saettato da arcieri, impassibile al dolore, con un fondo di rovine classiche. Rari invece i cicli leggendarî (Semitecolo, 1367, nella libreria capitolare di Padova; Gubbio, S. Secondo, affreschi di Giovanni Bedi, 1458; Empoli, duomo, predella del Botticini, ecc.).
Bibl.: La passio è in Acta Sanctorum, gennaio, II, 265-278; altra redazione in B. Mombritius, Sanctuarium, vol. II dell'ed. Solesmense, pp. 459-76. Deduzioni critiche in A. Dufourcq, Étude sur les "Gesta Martyrum" romains, Parigi 1900, pp. 186-89, e 301. Sulle catacombe di S. Sebastiano, v.: O. Marucchi, Le catacombe romane, Roma 1933, pp. 251-81. Per la basilica superiore, v.: Chr. Huelsen, Le chiese di Roma, Firenze 1927, p. 460, n. 48; per S. Maria in Pallara, ibid., p. 353, n. 71. - Per l'iconografia, v.: D. v. Hadeln, Die wichtigsten Darstellungsformen d. hl. Sebastian i. d. italienischen Malerei bis zum Ausgang d. Quattrocento, Strasburgo 1906; K. Künstle, Ikonographie der Heiligen, Friburgo in B. 1926; G. Boudrès, Le thème iconographique de St. Sébastien vêtu dans la peinture en Occident au moyen-âge, in Revue de l'art, LXI (1932), pp. 117-30.