RODOLFO, santo
RODOLFO, santo. – Nacque intorno al 1035 da Rodolfo e da Rozia, probabilmente a Camporeggiano, nell’Eugubino, luogo dove sorgeva il castello avito di Montecavallo.
Secondo una tradizione diffusasi a Gubbio, Rodolfo sarebbe appartenuto alla locale famiglia Gabrielli: in realtà non esiste al riguardo alcun riferimento coevo, essendo con tutta probabilità il collegamento l’esito della posteriore volontà della famiglia di attribuirsi la discendenza dal santo; tale volontà è visibile ancora oggi nel quadro Madonna in trono con Santi e Beati della famiglia Gabrielli di Gubbio realizzato nel 1740 dal pittore lucchese Pompeo Girolamo Batoni nella chiesa di S. Gregorio al Celio a Roma su commissione del conte Forte Gabrielli (Calamoneri, 1978, p. 187, n. 119). Avvalorano questa tesi anche gli studi più recenti sulla storia eugubina, che collocano l’ascesa dei Gabrielli alla fine del XIII secolo, ben dopo, dunque, il periodo di Rodolfo (Tiberini, 1999, pp. 122-128; Id., 2006, scheda G.45).
La prima notizia certa su Rodolfo ci proviene da un documento datato marzo 1057: con la madre e i fratelli Pietro e Giovanni, donò al priore di Santa Croce di Fonte Avellana, Pier Damiani, il castello di Montecavallo, la villa e la chiesa di Camporeggiano e tutti i relativi possedimenti, per erigervi il futuro monastero di S. Bartolomeo di Camporeggiano, sottoponendolo alla giurisdizione dell’eremo – che ne avrebbe nominato l’abate – e riservando a esso un censo di 60 pesci l’anno.
Da un atto del 1059 sappiamo che Pietro divenne priore di Fonte Avellana, mentre Giovanni nel 1063 risulta abate di Camporeggiano, prove tangibili dell’esistenza di un significativo legame tra aristocrazie locali e monachesimo riformato: tramite la donazione i signori di Montecavallo salvaguardarono il proprio patrimonio e si garantirono significative posizioni di potere nelle istituzioni religiose.
La partecipazione di Rodolfo al sinodo romano del 1059 in qualità di vescovo di Gubbio attesta la sua nomina alla cattedra eugubina fra il 1058 e il 1059. Poco prima dev’essere avvenuto il suo ingresso a Fonte Avellana, sotto la guida di Pier Damiani, del quale diventerà uno dei più cari discepoli, tanto da ricevere dal maestro, assieme a Teodosio vescovo di Senigallia, il compito di giudicare e correggere i suoi scritti; ciò può indirettamente testimoniare un elevato livello di istruzione conseguito da Rodolfo. Fu lo stesso Pier Damiani a essere esonerato dall’incarico vescovile che inizialmente era stato previsto per lui, e con tutta probabilità promosse la scelta di Rodolfo alla guida della diocesi all’interno della quale rimaneva la stessa Fonte Avellana.
Dopo il 1059 l’unica fonte a nostra disposizione per ricostruire la vita di Rodolfo rimane la Vita Rodulphi, lettera agiografica scritta dallo stesso Pier Damiani a papa Alessandro II in seguito alla morte del suo discepolo, per esaltarne le virtù di santità. Come la critica ha ben evidenziato (Calamoneri, 1978, pp. 186 s.; Longo, 2012, pp. 162-166), si tratta di un’opera che, come altre dello stesso autore, vuole convincere i destinatari della bontà del programma riformatore damianita, descrivendo nel dettaglio lo stile di vita di coloro che vi aderivano in maniera più fervida e rigorosa. Per questo motivo dobbiamo essere prudenti nel valutare la precisa attendibilità della Vita, di certo non opera di storia, senza tuttavia esagerarne l’arbitraria parzialità, in quanto trattasi pur sempre di un’epistola indirizzata a destinatari colti e bisognosa, dunque, di una certa credibilità per essere accolta.
Dalle parole di Pier Damiani apprendiamo così che Rodolfo passava la maggior parte del tempo nella sua cella, al soffitto della quale si legava per sfuggire alla tentazione di uscirne, vestiva di abiti poveri indossando il cilicio e un cerchio di ferro all’altezza del petto, mangiava pochissimo, dormiva nudo e praticava costantemente la pratica dell’autoflagellazione. Accanto a quest’immagine da perfetto asceta, talvolta addirittura bisognoso di inviti alla moderazione da parte del maestro, Pier Damiani traccia il quadro del perfetto vescovo, determinato nel governare la diocesi secondo quanto appreso nell’eremo: non tralasciava mai di convocare annualmente il sinodo diocesano, vietando però ai sacerdoti di portargli donativi e persino i tributi dovuti; rifiutava anche le ammende dei lapsi, puntando piuttosto alla loro penitenza e redenzione e sfuggendo così a qualsiasi tentazione di simonia; si dimostrava anche un vescovo particolarmente generoso nei confronti dei poveri e, non appena possibile, tornava nella sua cella per riprendere la vita eremitica. Si tratta di atteggiamenti già descritti da Pier Damiani in altre agiografie e strettamente legati alla sua personale visione religiosa, in un contesto in cui «dato storico, ricordo personale e riflessione autobiografica si sovrappongono e si fondono nella narrazione agiografica» (Longo, 2012, p. 165).
Pier Damiani non manca di riportare anche qualche informazione sui fratelli di Rodolfo: di Giovanni ci comunica che rimase a Camporeggiano in quanto non portato per la vita eremitica, mentre Pietro, suo successore alla guida di Fonte Avellana, viene esaltato non meno del fratello vescovo, in particolare per l’abnegazione con la quale portava a termine le penitenze più severe.
Le continue privazioni alle quali Rodolfo si sottoponeva ne minarono presto la salute e ne causarono la morte in giovane età. Molto complesso è stabilire la data della scomparsa: non si tratta di una questione secondaria in quanto strettamente legata alla datazione della lettera contenente la Vita, scritta, secondo quanto riportato dall’autore stesso, durante il viaggio di ritorno da un incontro con papa Alessandro II vicino a Firenze, quando lo raggiunse la notizia della morte del discepolo. Secondo Pier Damiani, Rodolfo sarebbe defunto a trent’anni, sette anni dopo il suo ingresso a Fonte Avellana e un anno dopo la morte di un altro discepolo di Damiani, Domenico Loricato, avvenuta un sabato 14 ottobre.
Numerose sono state le datazioni proposte dall’erudizione di età moderna, fra le quali le più fortunate sono state quella di Jean Mabillon, che propose il 1063, e quella di Giovanni Benedetto Mittarelli, il quale optò per il 1061. Attualmente le proposte più accreditate sono due: la prima, diffusasi a partire dagli anni Sessanta per opera dell’erudizione eugubina e, soprattutto, delle analisi di Giovanni Lucchesi, colloca la morte del santo nella primavera del 1064.
Elemento decisivo per questa ipotesi è il valore attribuito al già menzionato documento del 1057, considerato il momento del passaggio alla vita religiosa citato da Pier Damiani; il soggiorno toscano con il papa riportato da Damiani sarebbe dunque quello avvenuto a Lucca nell’estate del 1064, dopo il concilio di Mantova.
Più di recente Nicolangelo D’Acunto ha posto l’accento sul fatto che tale datazione non concorda con l’indicazione temporale relativa alla morte di Domenico Loricato, fatta risalire da Lucchesi al 1060, poiché il 14 ottobre 1063 non cadde di sabato. Lo studioso, sulla base dell’identificazione del Teobaldo citato da Pier Damiani come defunto prima della morte di Loricato in san Teobaldo di Provins (il quale morì fra il giugno e l’ottobre del 1066), conclude che la morte di Domenico avvenne sabato 14 ottobre 1066, mentre quella di Rodolfo nei primi mesi del 1067, poco dopo il rientro di Damiani da Firenze, dove era stato inviato per risolvere la controversia tra i vallombrosani e il vescovo Pietro Mezzabarba. Inoltre il documento del 1057 non contiene, in effetti, indicazioni esplicite relative alla monacazione di Rodolfo (D’Acunto, 1999, pp. 393-402). Nonostante il favore che quest’ultima ipotesi ha ricevuto negli ultimi anni fra gli specialisti (Longo, 2012, pp. 154-162), tale cronologia non si accorderebbe con la presenza, a partire dal 1065, di documenti vescovili eugubini relativi al successore di Rodolfo, Ubaldo, a meno di non ipotizzare una mai tramandata rinuncia di Rodolfo alla cattedra eugubina, o di non mettere in discussione l’ormai datata edizione di tali documenti, realizzata da Pio Cenci nel 1915. L’inizio dell’incarico vescovile nel 1058-59 avvenne, poi, in un periodo in cui era consuetudine che i presuli eugubini provenissero da Fonte Avellana (Zucchini, 2008), fatto che farebbe propendere per un ingresso nell’eremo già realizzatosi a quella data.
Pur rimanendo la questione aperta, la morte di Rodolfo è dunque da collocarsi, a Gubbio o a Fonte Avellana, fra il 1064 e il 1067, in una data che gli studiosi hanno tradizionalmente collocato il 26 giugno, il 17 ottobre o il 14 dello stesso mese, privilegiando in quest’ultimo caso l’anno trascorso dalla morte del Loricato.
Fonti e Bibl.: L’edizione più recente del testo della Vita Rodulphi si trova in Die Briefe des Petrus Damiani, a cura di K. Reindel, III, München 1989, n. 109, pp. 200-207. I documenti riguardanti Rodolfo e la sua famiglia sono editi in Carte di Fonte Avellana, 1 (975-1139), a cura di C. Pierucci - A. Polverari, Roma 1972, pp. 26-28, 33-35, 43-48. Acta Sanctorum Ordinis Sancti Benedicti in saeculorum classes distributa, a cura di J. Mabillon, VI, 2, Paris 1701, p. 152; Acta Sanctorum, octobris, VIII, Bruxelles 1853, pp. 182-197; P. Cenci, Carte e diplomi di Gubbio dall’anno 900 al 1200, Perugia 1915, pp. 50-52.
L. Iacobilli, Vite de’ santi e beati dell’Umbria, I, Foligno 1647 (rist. anast. Bologna 1971), p. 660; V. Armanni, Delle lettere del signor Vincenzo Armanni scritte a nome proprio e disposte sotto diversi capi, I, Roma 1663, p. 700; M. Sarti, De episcopis eugubinis, Pesaro 1755, pp. 31-58; Annales camaldulenses Ordinis Sancti Benedicti, a cura di G.B. Mittarelli - A. Costadoni, II, Venetiis 1756, pp. 145 s., 191 s., 225-228; F. Neukirch, Das Leben des Petrus Damiani bis zum Ostersynode 1056, Göttingen 1875, pp. 91-118; U. Pesci, I vescovi di Gubbio, Perugia 1919, pp. 35-43; J. Leclercq, Documents sur S. Pierre Damien, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XI (1957), pp. 107-110; M. Della Santa, Ricerche sull’idea monastica di San Pier Damiani, Camaldoli 1961, pp. 128-134; B. De Gabrielli, Saint Rodolphe eveque de Gubbio, 1034-1064, Cavaillon 1964; Q. Rughi, Vita di S. R. Gabrielli vescovo di Gubbio, Gubbio 1964; G. Lucchesi, La “Vita S. Rodulphi et S. Dominici Loricati” di S. Pier Damiano, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XIX (1965), pp. 166-177; Id., Clavis Sancti Petri Damiani, Faenza 1970 (I edizione in Studi su s. Pier Damiani, in onore del Card. Amleto Giovanni Cicognani, Faenza 1961), pp. 67-72; Id., Per una vita di San Pier Damiani. Componenti cronologiche e topografiche, in San Pier Damiano nel IX centenario della morte (1072-1972), Cesena 1972, I, pp. 13-179, II, pp. 13-160; A. Calamoneri, San Pier Damiano agiografo, ibid., IV, Cesena 1978, pp. 179-189; P. Monacchia, I vescovi di Gubbio nei secoli XI-XII, in Nel segno del santo protettore: Ubaldo vescovo, taumaturgo, santo, Atti del Convegno internazionale di studi di Gubbio... 1986, a cura di S. Brufani - E. Menestò, Perugia-Firenze 1990, rist. con prefazione di F. Cardini, Spoleto 1992, pp. 93-115; N. D’Acunto, I laici nella Chiesa e nella società secondo Pier Damiani: ceti dominanti e riforma ecclesiastica nel secolo XI, Roma 1999, pp. 393-402; S. Tiberini, Le signorie rurali nell’Umbria settentrionale: Perugia e Gubbio, secc. XI-XIII, Roma 1999, pp. 122-128; Id., Repertorio delle famiglie e dei gruppi signorili nel perugino e nell’eugubino tra XI e XIII secolo (con un saggio introduttivo), Perugia 2006 (distribuito in formato digitale su Reti Medievali, http://www.rmoa.unina.it/3009/1/Tiberini-Repertorio.pdf, 4 gennaio 2017, e sul sito della Deputazione di storia patria per l’Umbria, http://www.dspu.it/tiberini.htm, 4 gennaio 2017, Schede familiari: G. 45); T. di Carpegna Falconieri, Aristocrazia e monasteri nelle Marche del secolo XI, in Fonte Avellana nel secolo di Pier Damiani, Atti del XXIX Convegno del Centro studi avellaniti, a cura di N. D’Acunto, Negarine 2008, pp. 75-88; S. Zucchini, Dall’eremo all’episcopato: i monaci di Fonte Avellana vescovi di Gubbio all’epoca di Pier Damiani, ibid., pp. 89-100; U. Longo, Come angeli in terra. Pier Damiani, la santità e la riforma del secolo XI, Roma 2012, pp. 149-233, 241 s.