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PIETRO Crisologo, santo

di Francesca Fiori - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 83 (2015)
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PIETRO Crisologo, santo

Francesca Fiori

PIETRO Crisologo, santo. – Primo metropolita dell’Emilia, attestato nei decenni centrali del V secolo; venne così denominato a partire dal IX secolo per la raffinata eloquenza (da chrisòs «oro» e lògos «parola»).

Il Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis di Andrea Agnello (IX secolo), la più antica fonte a nostra disposizione per la biografia di Pietro Crisologo, contiene non poche inesattezze. Buona parte delle notizie che lo riguardano sono riportate da Agnello nella vita di Pietro II (Liber Pontificalis, a cura di O. Holder-Egger, 1878, pp. 289-291; a cura di D. Mauskopf Deliyannis, 2006, pp. 208-218) con il quale viene identificato, mentre in realtà si tratterebbe di Pietro (I) antistes (Liber Pontificalis, ed. Holder-Egger, pp. 310-315; ed. Mauskopf Deliyannis, pp. 170-175) vissuto all’epoca di Galla Placidia (388/392-450) e dell’imperatore Valentiniano III (425-455). A Pietro I viene inoltre erroneamente attribuita la costruzione del battistero della basilica petriana a Classe e di un edificio detto Tricoli, che invece furono fatti realizzare da Pietro II, mentre i dati relativi alla sua morte e sepoltura sono da riferire a Pietro (III) senior (Liber Pontificalis, ed. Holder-Egger, pp. 337-341; ed. Mauskopf Deliyannis, pp. 258-265).

La notizia riportata da Agnello sulle origini imolesi di Pietro Crisologo e sulla sua formazione sotto la guida del vescovo Cornelio («Natione ex Corneliense territorio, nutritus et doctus a Cornelio illius sedis antistes»: Liber Pontificalis 47, ed. Holder-Egger, p. 310; ed. Mauskopf Deliyannis, p. 208) potrebbe trovare fondamento nel sermone pronunciato dallo stesso vescovo ravennate in occasione della consacrazione di Proietto (m. 483) come nuovo presule del Forum Cornelii. Nell’incipit egli esprime una particolare devozione nei confronti della Chiesa imolese («sed Corneliensi ecclesiae inservire peculiarius ipsius nominis amore compellor») e riconosce Cornelio come padre spirituale («pater mihi fuit»; Sermo 165, in Sermoni III, p. 252, rr. 4-14).

Più controverso appare il passo del Liber Pontificalis sull’elezione episcopale. Il diacono Pietro, insieme allo stesso Cornelio, partecipò alla delegazione diretta a Roma per la consacrazione del nuovo vescovo eletto a Ravenna dopo la morte di Orso (m. 424-429?). L’episodio riprende il topos agiografico dell’agnizione conseguente alla visione notturna, qui attribuita a papa Sisto III (432-440) a cui Pietro sarebbe apparso in sogno affiancato dai santi Pietro e Apollinare. Il principe degli Apostoli lo avrebbe indicato come l’unico in grado di illuminare la Chiesa ravennate con la propria dottrina («ut pinguedo olei lucerne illuminans, cum ab igne fuerit applicata»). Il pontefice si rifiutò allora di consacrare colui che era stato eletto nella capitale dell’impero d’Occidente, o qualsiasi altro candidato, fino a quando non scorse Pietro fra i membri della delegazione: la scelta di costui, inizialmente contestata da una parte dei presenti («non ex nostro fuit ovile»), si concluse con la proclamazione da parte del papa (Liber Pontificalis 49, ed. Holder-Egger, pp. 311 s.; ed. Mauskopf Deliyannis, p. 213). La fonte è messa tuttavia in discussione dalla cronologia del sermonario di Pietro Crisologo, che anticipa l’inizio della sua attività fra il 425, dopo che divenne imperatore Valentiniano III, e poco prima del 431, quando Ravenna fu elevata al rango metropolitano.

Nel corso del suo episcopato il vescovo pronunciò numerose omelie che furono raccolte per la prima volta dal suo successore Felice (708-724), senza un preciso ordine cronologico o una qualche suddivisione per argomento. I centosessantotto sermoni, ai quali se ne assommano quindici extravagantes, rappresentano una fonte importante sull’affermazione della Chiesa ravennate nel quadro della gerarchia delle sedi vescovili nonché sulla liturgia ravennate e sull’ordinamento delle letture evangeliche. Il ricordo della morte e della sepoltura di s. Apollinare nel sermone 128 costituisce una delle prime attestazioni del culto tributato al martire (Sermo 128, in Sermoni III, 3, p. 34, rr. 37-41). I sermoni, oltre a documentare la posizione del vescovo intorno alle dispute dottrinali dell’epoca, in particolare alla controversia cristologica sulla divina maternità di Maria (Sermo 145, in Sermoni III, 6, p. 134, rr. 74-88), attestano la sua dura opposizione nei riguardi del giudaismo (Sermo 164, in Sermoni III, 8, p. 250, rr. 75-103), dell’eresia (Sermo 109, in Sermoni II, 4, pp. 329 s., rr. 74-88) e della persistenza delle ritualità pagane (Sermo 155, in Sermoni III, pp. 188-190; 155 bis, ibid., pp. 192-194).

Insieme a Galla Placidia, alla quale si rivolge con l’epiteto di mater christiani perennis et fidelis imperii in un’omelia di ordinazione episcopale pronunciata alla presenza della famiglia imperiale (Sermo 130, in Sermoni III, 3, p. 43, rr. 35-45), edificò la basilica petriana a Classe e quella di S. Giovanni Evangelista a Ravenna (420-430), nella cui abside, sopra la cattedra episcopale, l’augusta volle effigiata l’immagine del vescovo affiancato da un angelo e raffigurato con una lunga barba e le mani protese nell’atto di celebrare la messa (Liber Pontificalis 27, ed. Holder-Egger, p. 291; ed. Mauskopf Deliyannis, p. 174).

La notizia in Agnello della consacrazione della basilica dei Ss. Giovanni e Barbaziano da parte di Pietro (Liber Pontificalis 51, ed. Holder-Egger, p. 313; ed. Mauskopf Deliyannis, p. 215), invece, non può ritenersi attendibile.

Nel 448 Pietro accolse nella propria sede il vescovo Germano di Auxerre (378-448), giunto a Ravenna per intercedere a favore degli Armoricani presso Valentiniano III. In seguito alla morte improvvisa del presule gallico dopo una malattia durata sette giorni, il vescovo ravennate ne serbò la cocolla e il cilicio mentre all’imperatrice Galla Placidia, che si era presa personalmente cura del morente, fu riservata la capsella contenente alcune sante reliquie (Constance de Lyon, 1965, VI, 28, p. 174; VII, 35, p. 188; VII, 42, p. 198; VIII, 43, p. 200).

Nel 449, in quanto vescovo della sede imperiale d’Occidente, Pietro fu interpellato dal presbitero e archimandrita costantinopolitano Eutiche che era stato condannato per la posizione monofisita nel corso della sinodo di Costantinopoli (448) presieduta dal patriarca Flaviano (m. 449). Il nostro ribadì la sua posizione dottrinale sulla questione cristologica e si mantenne al di fuori della controversia in assenza di un riscontro scritto da parte di Flaviano, quindi esortò Eutiche a sottomettersi alle decisioni del papa Leone I (440-461) (ACO II, 3,1, pp. 6 s.; Sermoni III, pp. 340-342).

La lettera risale probabilmente allo stesso periodo in cui Eutiche rivolse, prima del 18 febbraio 449, un appello al pontefice al quale egli rispose con un tono prudente (ACO II, 4, pp. 3-5). Se nel testo di Pietro si vuole cogliere un riferimento al Tomus ad Flavianum di Leone Magno (ACO II, 2, 1, pp. 24-33), la sua risposta potrebbe essere stata redatta dopo il 13 giugno 449.

È probabile che sia morto fra il 451 e il 458, anno in cui già esercitava la propria attività pastorale il suo successore, il vescovo Neone.

Le circostanze della scomparsa sono descritte da Agnello che, anche in questo caso, si avvale di stilemi agiografici. Il vescovo ravennate fece il proprio ingresso nella basilica di S. Cassiano a Imola, offrì doni preziosi al martire («cratere aureo uno e patera argentea altera et diademata aurea magna preciosissimis gemmis ornata») che furono santificati attraverso il contatto con le spoglie di quest’ultimo («omnia a sancti Cassiani corpore imbuit»), poi li depose sull’altare. Pietro benedisse la folla e pronunciò una lunga preghiera di commiato. Infine, dopo aver ricordato la propria formazione in seno alla chiesa imolese, affidò l’anima a Dio e il proprio corpo al santo spirando fra le lacrime dei presenti il giorno 3 dicembre. Fu seppellito per sua volontà dietro la chiesa in luogo da lui indicato (Liber Pontificalis 52, ed. Holder-Egger, pp. 314 s.; ed. Mauskopf Deliyannis, p. 218).

La scelta della sepoltura nei pressi della tomba di Cassiano, secondo la prassi della inumazione ad santos, sarebbe avvenuta, dunque, al di fuori della sede episcopale ma pur sempre in una località sottoposta alla giurisdizione territoriale del vescovo ravennate.

La notizia è stata oggetto di dibattito da parte degli studiosi, tuttavia una tale decisione, che potrebbe essere dipesa dalla volontà di farsi inumare accanto al patrono della chiesa che lo aveva cresciuto, non può essere spiegata solo con l’assenza a Ravenna di importanti edifici di culto martiriale, per quanto nel V secolo sia attestata l’esistenza di un piccolo oratorio (ritrovato sotto il pavimento della basilica di S. Vitale), considerato come il primo santuario del martire Vitale, e lo stesso Crisologo nel sermone 128 facesse menzione generica della sepoltura in area ravennate del martire Apollinare. La basilica dedicata al patrono ravennate sorse a Classe solo nel VI secolo.

Fonti e Bibl.: Sancti Petri Chrysologi Collectio sermonum a Felice episcopo parata, sermonibus extravagantibus adiectis, a cura di A. Olivar, in Corpus Christianorum, Series Latina, 24-24A, Turnhout 1975-1981; Opere di San Pier Crisologo. Sermoni [1-62 bis], a cura di G. Banterle et al., I, Milano-Roma 1996; Sermoni [63-124], II, Milano-Roma 1997; Sermoni [125-179] e Lettera a Eutiche, III, Milano-Roma 1997; Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis, a cura di O. Holder-Egger, in MGH, Scriptores rerum langobardicarum et italicarum saec. VI-IX, Hannover 1878; Agnellus Ravennas Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis, a cura di D. Mauskopf Deliyannis, in Corpus Christianorum, Continuatio Mediaevalis, 199, Turnhout 2006; Constance de Lyon, Vie de Saint Germain d’Auxerre, a cura di René Borius, Paris 1965; Acta conciliorum oecomenicorum (= ACO), a cura di. E. Schwartz, II, Berolini-Lipsiae 1932; G. Lucchesi, Note intorno a san Pier Crisologo, in Studi Romagnoli, III (1952), pp. 97-104; Patrologia, III, Dal Concilio di Nicea (325) al Concilio di Calcedonia (451). I padri latini, a cura di A. Di Berardino, Torino 1978 (rist. 1992), pp. 544 s.; G. Cortesi, Cinque note su san Pier Crisologo, in Felix Ravenna, CXXVII-CXXX (1984-1985), pp. 117-132; J.-C. Picard, Les souvenir des évêques. Sépultures, listes épiscopales et culte des évêques en Italie du Nord des origines au Xe siècle, Roma 1988, pp. 148 s., 177 s., 484; R. Benericetti, Il Cristo nei sermoni di S. Pier Crisologo, Cesena 1995, pp. 57-66; Prosopographie de l’Italie chrétienne (313-604), sous la direction de C. Pietri - L. Pietri, II (L-Z), Roma 2000, pp. 1728-1730; D. Mauskopf Deliyannis, Ravenna in late antiquity, Cambridge 2010, pp. 68 s., 84-86, 196 s.; F. Trisoglio, Introduzione a Pietro Crisologo, Brescia 2012.

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