PARISIO, santo
PARISIO, santo. – Luogo e data di nascita di questo monaco camaldolese, vissuto tra il XII e il XIII secolo, sono incerti.
Sulla base della data della morte e della notizia che sarebbe vissuto fino all’età di 116 anni – notizia trasmessa dalla sua Vita e confermata, secondo l'erudito camaldolese Giovanni Battista Mittarelli, da «due vecchie iscrizioni» della chiesa e del chiostro del monastero di S. Cristina e S. Parisio di Treviso, una delle quali si conserva ancora nel lapidario della cattedrale di Treviso – la storiografia fissò presto la nascita di Parisio all’anno 1151. Anche la sua nascita a Bologna rimane ipotetica, e lo è a maggior ragione la sua appartenenza alla famiglia de’ Parigi documentata nella città emiliana nella seconda metà del XIII secolo.
La principale fonte per la sua biografia è un testo agiografico molto breve, forse scritto a partire da una redazione anteriore perduta; lo si legge nel volgarizzamento – in realtà una riscrittura in lingua volgare con numerose aggiunte – della Legenda aurea che il camaldolese veneto Niccolò Malerbi fece pubblicare a Venezia nel 1475 (IGI [Indice Generale degli Incunaboli] 5037; ISTC [Incunabula Short Title Catalogue] ij0017000).
Nel Settecento Mittarelli, sulla base di criteri di verosimiglianza cronologica, affermò che Parisio avrebbe fatto professione camaldolese nel 1163, nel monastero dei Ss. Cosma e Damiano, l’unica comunità maschile dell’Ordine a Bologna in quel periodo. Seguendo l’affermazione di Malerbi secondo la quale Parisio avrebbe trascorso 80 dei suoi 116 anni di vita a Treviso, la storiografia dell’Ordine ha fatto risalire all’anno 1186 il suo trasferimento in questa città. Vi avrebbe svolto l’ufficio di cappellano per la comunità femminile di S. Cristina, che si era da poco insediata nella località di Quinto al Tiverone, su un terreno concesso alle monache dal vescovo della città nel 1186-87. Le monache abbandonarono poco dopo il monastero per trasferirsi, attorno al 1189, all’interno delle mura della città di Treviso. Il sito scelto per il nuovo insediamento si trovava all’interno della giurisdizione parrocchiale dei canonici della cattedrale; la loro opposizione costrinse le monache a scegliere un altro terreno situato appena fuori dalle mura, che fu dato loro da un certo Giovanni Ordelaffi, il 24 febbraio 1190. Già il 29 marzo 1190, il vescovo Corrado concesse l’autorizzazione di costruire la chiesa monastica. Benché non risulti presente in occasione di questi due atti di fondazione, si può ipotizzare che la missione di Parisio come cappellano della comunità femminile abbia coinciso con questa delicata fase di inurbamento. Fu probabilmente in virtù delle funzioni svolte a Treviso che egli fu coinvolto, nel 1196, nella fondazione del monastero femminile di S. Maria di Betlemme, nelle vicinanze di Bologna, che i fondatori avevano esplicitamente sottomesso a Camaldoli. Le due comunità femminili rimasero unite fino al 25 luglio 1214, quando la badessa di S. Cristina di Treviso rinunciò alla propria autorità e a tutti i suoi diritti sul monastero bolognese. È probabile che, in questo contesto, Parisio abbia svolto un ruolo di intermediario fra la comunità trevigiana e il nuovo insediamento bolognese, del quale risulta essere cappellano il 6 febbraio 1214 (Parisius monachus et cappellanus: Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico, S. Salvatore di Camaldoli, 1214 febbraio 6) e forse ancora nel 1216 (presbitero Parixio: Archivio di Stato di Bologna, Demaniale 9/12870, n. 22).
Oltre a scontate capacità taumaturgiche, la Vita pubblicata da Malerbi attribuisce a Parisio doti profetiche che esso avrebbe esercitato in particolar modo a favore del vescovo di Treviso, il francescano Alberto Ricco (1255-1274). Parisio avrebbe prestato il suo aiuto al prelato in occasione di un processo alla Curia pontificia, durante il quale Alberto Ricco doveva rispondere di accuse mosse da due inquisitori della Marca di Treviso (1263). Di fronte alle esitazioni del prelato, restio ad allontanarsi dalla sua città minacciata, Parisio lo avrebbe incoraggiato a recarsi a Roma assieme a due ambasciatori del Comune, suo fedele alleato. Nel corso della causa, Parisio sarebbe di nuovo intervenuto per rassicurare (grazie a una apparizione) il vescovo e anticipargli il suo ritorno vittorioso.
Secondo il suo agiografo e secondo una cronaca trevigiana anonima degli ultimi anni del XV secolo, anche post mortem, Parisio (tramite una serie di apparizioni) sarebbe rimasto il principale alleato del vescovo Alberto. Ciò che qui preme sottolineare è il forte legame fra Parisio e il vescovo che, poco dopo la morte del camaldolese (avvenuta probabilmente l’11 giugno 1267), avrebbe preso l’iniziativa di raccogliere le prime testimonianze sulla sua santità.
In ogni caso, il culto di Parisio conobbe un notevole successo locale. La sua sepoltura ricevette numerosi segni di devozione popolare e si conserva tuttora un telo da parato della metà del XIII secolo nel quale fu avvolta la sua cassa mortuaria. Fin dal 1283-85, gli statuti trevigiani promulgati durante la Signoria caminese citano Parisio fra i protettori della città e dedicano una rubrica all’istanza di canonizzazione e alla scrittura dei suoi miracoli. Nel 1315, la promozione civica del suo culto conobbe un ulteriore incremento: ne sono testimoni il finanziamento della realizzazione di un’immagine di Parisio sulla porta di S. Bona, situata presso il monastero di S. Cristina, ma soprattutto la deliberazione da parte del Comune il 13 giugno di inviare a sue spese un’ambasciata incaricata di far promuovere la canonizzazione, assieme a quella di un altro santo locale, Enrico detto Rigo da Bolzano. I tentativi furono rinnovati l’anno successivo (1316) in concomitanza con l’intronizzazione di papa Giovanni XXII: furono eletti dei commissari ma, in definitiva, i consigli decisero il 13 aprile 1317 di rimandare l’affare sine die, probabilmente per mancanza di denaro e di contatti influenti in Curia. In seguito, nel 1346, le monache di S. Cristina si sforzarono a loro volta di promuovere la canonizzazione: su loro invito e con il consenso di Andrea Dandolo doge di Venezia (cui la città era soggetta), il podestà di Treviso scrisse a papa Clemente VI ad Avignone per sollecitare la canonizzazione di Parisio. Di nuovo, il fallimento fu attribuito a «la grandissima spesa che intrava», alla quale si aggiunse probabilmente il contesto bellicoso. Malgrado questa mancata canonizzazione, la festa di Parisio continuò a essere celebrata a lungo: annoverata fra i giorni festivi della città, fu oggetto di cerimonie finanziate dal Comune e regolate dagli statuti urbani. Il monastero di S. Cristina, che custodiva il corpo, ne rimase il principale polo, anche dopo il suo trasferimento intra muros fra gli anni Cinquanta e Settanta del Trecento. Il monastero prese allora il nome di S. Cristina e S. Parisio, accorpando al titolo primitivo il nome del beato, che finora era stato riservato all’ospedale attestato vicino al monastero.
Fonti e Bibl.: Del beato P. confessore del ordine de Camaldoli, in Iacopo da Varazze (traduzione Niccolò Malerbi), Legende de tutti li santi e le sancte della Romana sedia, Venezia, N. Jenson, 1475; Acta sanctorum Iunii, II, Antwerpen 1698, pp. 483-486; G.B. Mittarelli, Memorie della vita di s. P. monaco camaldolese e del monastero de’ SS. Cristina e Parisio di Treviso, Venezia 1748; G.B. Mittarelli - A. Costadoni, Annales Camaldulenses ordinis sancti Benedicti, I-IX, Venezia 1755-1762: IV, pp. 161, 236 s., V, pp. 62, 86 s., 90-94, 241 s., 295 s., 392; R. degli Azzoni Avogari, De B. Henrico qui Tarvisii decessit anno Christi MCCCXV commentarius, Venezia 1760; Regesto di Camaldoli, a cura di L. Schiaparelli - F. Baldasseroni - E. Lasinio, I-IV, Roma 1907-1922: II, n. 1337, p. 308, III, n. 1539, pp. 81 s., n. 1550, p. 88; A. Marchesan, Treviso medievale, I-II, Treviso 1923: I, pp. 412, 398, II, pp. 186 s., 194, 336-338; Ilarino da Milano, Gli antecedenti inediti di un noto episodio dell’inquisizione francescana a Treviso (1262-1263), in Collectanea franciscana, 1935, vol. 5, pp. 611-620; I. Daniele, P., in Biblioteca sanctorum, X, Roma 1968, coll. 337 s.; W.R. Thomson, Friars in the cathedral. The first franciscan bishops 1226-1261, Toronto 1975, pp. 106-113; D. Rando, Minori e vita religiosa nella Treviso del Duecento, in Minoritismo e centri veneti nel Duecento, a cura di G. Cracco, Trento 1983, pp. 68-91; Gli Statuti del comune di Treviso (sec. XIII-XIV), a cura di B. Betto, 2 voll., Roma 1984-1986, I, pp. 112 s., 204-207, II, pp. 51, 109 s., 316; A. Traversari, Hodoeporicon, trad. it. di V. Tamburini, Firenze 1985; S. Tramontin, Aspetti di vita religiosa a Treviso nei secoli XIII-XIV, in Storia di Treviso, II, Il Medioevo, dir. D. Rando - G.M. Varanini, Venezia 1991, pp. 399-412 ; A. Campagner, Cronaca capitolare. I canonici della cattedrale di Treviso, I-II, Vedelago 1992: II, pp. 107-110; Federico II, immagine e potere (catal., Bari), a cura di M.S. Calò Mariani - R. Cassano, Venezia 1995, scheda II. 6, pp. 496 s. (telo da parato della metà del XIII secolo usato per avvolgere la cassa di Parisio); C. Caby, Culte civique et inurbamento monastique en Italie à la fin du Moyen Âge. Le culte du b. P. de Trévise, in La religion civique à l’époque médiévale et moderne (Chrétienté et Islam). Actes du colloque de Nanterre (21-23 juin 1993), a cura di A. Vauchez, Roma 1996, pp. 219-234.