Mattia (Matia), santo
Dodicesimo apostolo eletto in sostituzione di Giuda Iscariota, come si legge negli Atti (1, 23-26), che D. dimostra di conoscere perfettamente, impiegando il nome dell'apostolo e l'episodio provvidenziale della sua elezione in maniera sottilmente allusiva in due occasioni chiaramente emblematiche.
La prima citazione, in cui è menzionato come Matia (If XIX 94 Né Pier né li altri tolsero a Matia / oro od argento, quando fu sortito / al loco che perdé l'anima ria, Giuda), serve a D. per scagliare la violenta invettiva contro Niccolò III e tutti i ‛ pastori ' rapaci, e insieme per mostrare la profonda devozione e reverenza sua verso l'autorità pontificia (la reverenza de le somme chiavi, v. 101); la seconda volta, menzionandolo come Mathias in Mn II VII 9 (Sorte quidem Dei iudicium quandoque revelatur hominibus, ut patet in substitutione Mathiae in Actibus Apostolorum), nel capitolo ove sono discussi gli alterni exempla di manifestazione dell'inconoscibilità e della provvidenzialità del iudicium Dei (Disceptatione vero mediante), dei quali il primo, aut certamine, serve a D. per giustificare la missione provvidenziale di Roma e del popolo romano.
Nel duplice impiego del nome dell'apostolo, sia dato far risaltare l'alta ‛ strategia ' di D. e il magistrale impiego delle sue fonti. Gli apostoli, infatti, nella tradizione del simbolismo tipologico rappresentano i ‛ typi Ecclesiae ', come leggiamo a partire da Isidoro: " Apostoli totius Ecclesiae portant typum, qui similem potestatem in remittendis peccatis acceperunt, habentes formam patriarcharum, qui per praedicationem in toto orbe populos Christo genuerunt " (Patrol. Lat. LXXXIII 119), per cui impiegando nello stesso verso i nomi di s. Pietro, che fu il primo, e di s. Mattia, che fu l'ultimo, D. universalizza l'invettiva ritualizzando di fronte ai ‛ pastori ' rapaci la santità e la semplicità di quell'azione iniziata con umile e solenne invocazione a Dio - " Tu, Domine, qui corda nosti omnium, ostende " -. Né meno suggestivo è l'accostamento analogico tra l'elezione provvidenziale di M. con quella del popolo romano.
L'elezione di M. e tutta l'invettiva contro Niccolò III e i ‛ pastori ' rapaci, insieme col richiamo ai passi dei Vangeli sinottici (cfr. Matt. 10, 9-15; Marc. 6, 8-11; Luc. 9, 3-5), ove Cristo proclama e affida l'altissima missione agli Apostoli, costituiscono, con tutta probabilità, il nerbo dell'epistola ai Cardinali (XI 9 Quippe de ovibus pascuae Iesu Christi minima una sum; quippe nulla pastorali auctoritate abutens, quoniam divitiae mecum non sunt. Non ergo divitiarum, sed gratia Dei sum id quod sum, et " zelus domus eius comedit me ") ove, per aperta analogia, sia con s. Paolo, " Ego enim sum minimus apostolorum, qui non sum dignus vocari apostolus, quoniam persecutus sum ecclesiam Dei. Gratia autem Dei sum id quod sum, et gratia eius in me vacua non fuit " (I Cor. 15, 9-10) sia col salmo 68, 10 " quoniam zelus domus tuae comedit me, / et opprobria exprobrantium tibi ceciderunt super me ", che ritorna nel Vangelo di s. Giovanni (2, 17, nel capitolo della cacciata dei mercanti dal tempio), è affermata l'imperativa e provvidenziale missione da D. avocata.