MASSIMIANO, santo
MASSIMIANO, santo. – Nacque a Pola, in Istria, nel 498; le notizie su di lui provengono dal Liber pontificalis Ecclesiae Ravennatis, scritto nel IX secolo da Agnello Ravennate che dichiara di aver avuto a disposizione gli scritti dello stesso Massimiano.
A Pola M. iniziò la carriera ecclesiastica fino a diventare diacono presso la chiesa di S. Maria Formosa. Intorno al 525 intraprese un viaggio che lo portò fino ad Alessandria e qualche anno più tardi, nel corso dello stesso viaggio o più verosimilmente durante un secondo, si recò a Costantinopoli.
A Costantinopoli M. fu presto introdotto alla corte di Giustiniano, di cui seppe guadagnarsi stima e affetto. Alla morte del vescovo di Ravenna Vittore, avvenuta nei primi mesi del 545 (probabilmente il 15 febbraio), di fronte ai rappresentanti della Chiesa ravennate, giunti in Oriente per chiedere all’imperatore di concedere la cattedra vescovile al candidato da loro prescelto, Giustiniano rifiutò e preferì piuttosto affidare il ministero a M., che fu così ordinato il 14 ott. 546 a Patrasso.
L’imperatore pretese la consacrazione dal vescovo di Roma, il papa Vigilio, che era diretto, per volere imperiale, alla corte di Costantinopoli al fine di discutere la questione dei Tre Capitoli, sorta in seguito all’emanazione, nell’anno 544, di un editto con il quale, nel desiderio di trovare un accordo con i monofisiti, Giustiniano aveva condannato post mortem i vescovi Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Cirro e Ibas di Edessa, avversati dai monofisiti. Di fronte alle incertezze di Vigilio, che non aveva approvato l’editto, l’imperatore lo aveva convocato a Costantinopoli, dove il pontefice giunse nel 547.
La notizia dell’elezione di M. portò subito agitazione tra il popolo ravennate, che non approvava la scelta dell’imperatore, tanto che il nuovo vescovo dovette faticare non poco per essere accolto dai cittadini; al suo arrivo in Italia, alla fine del 546 o agli inizi del 547, il clero e i fedeli mostrarono nei suoi confronti ostilità e freddezza e si rifiutarono di accoglierlo in città. Oltre al modo in cui era avvenuta l’elezione, che non aveva certo incontrato il favore degli Occidentali per l’evidente ingerenza della corte imperiale sugli affari ecclesiastici e sui diritti della Chiesa, era messa fortemente in discussione anche l’ortodossia di M., che appariva allineato alla politica religiosa giustinianea. Nei primi mesi del suo episcopato M. fu costretto a risiedere fuori della porta di S. Vittore. Grazie alla sua abilità diplomatica e alla sua indiscussa energia pastorale egli riuscì a poco a poco a riconciliarsi con i cittadini di Ravenna, che finalmente lo accolsero solennemente all’interno della città.
L’attività pastorale di M., che si estese dal 546 al 556, si distinse per due grandi campi di interesse: uno legato al suo impegno edilizio quale organizzatore, riformatore e costruttore di edifici di culto, l’altro connesso alla sua produzione letteraria.
Primo risultato della sua opera di innovazione edilizia di Ravenna fu la dedica della chiesa bizantina di S. Vitale, la quale per la tecnica costruttiva, per la decorazione e per la novità e originalità rispetto alla tradizionale architettura cristiana italiana si dimostra un’opera di altissimo livello architettonico.
La costruzione della basilica, iniziata sotto l’episcopato di Ecclesio e continuata dai successori Ursicino e Vittore, fu terminata sotto Massimiano. Il mosaico absidale, databile al 547, presenta un’immagine di M., raffigurato accanto all’imperatore Giustiniano e alla sua corte in abiti pontificali con in mano la croce della benedizione, il capo calvo e la barba corta, con uno sguardo austero e profondo.
Un’altra importante chiesa consacrata da M., come ricorda un’iscrizione datata 9 maggio 549 (ricordata in Liber pontificalis Ecclesiae Ravennatis, p. 77), fu S. Apollinare in Classe, la cui costruzione, decisa da Ursicino e continuata da Vittore, fu probabilmente ultimata da M. stesso.
La basilica fu eretta presso il porto fortificato di Classe fuori dal centro urbano con il fine di raccogliere le reliquie di s. Apollinare, successivamente traslate entro le mura della città. In un secondo momento M. fece porre nell’edificio le reliquie del suo predecessore, Probo, e quelle di altri vescovi e fece ornare il frontone della chiesa con mosaici raffiguranti lo stesso Probo, Elocadio e Calocero.
Nella seconda metà del 549 M. compì un secondo viaggio a Costantinopoli, dove, durante i lavori di costruzione dell’Apostoleion, erano stati scoperti i sarcofagi degli apostoli Andrea, Luca e Timoteo, collocati sotto la nuova basilica nel 550. M., grazie al favore di cui godeva ancora presso l’imperatore, ricevette in dono alcune importanti reliquie dei santi.
Probabilmente proprio in quell’occasione egli ottenne da Giustiniano il riconoscimento dei diritti della sua Chiesa sulla selva di Vistrum in Istria, nonché la concessione in quella zona di un patrimonio fondiario di tale rilevanza da giustificare la creazione di un rettore assegnato alla sua gestione. Ciò ampliava enormemente l’autorità di M. sul territorio istriano, concedendogli diritto di ingerenza sugli affari ecclesiastici della Chiesa di Aquileia, che si era schierata in prima fila nel contrastare la condanna dei Tre Capitoli. Forse, proprio in relazione a questa volontà di ampliamento dei propri interessi vescovili, M., una volta rientrato in Italia, diede inizio a Pola ai lavori di ricostruzione della basilica di S. Maria Formosa. Inoltre fece edificare, sempre in quella città, una domus rectorialis per l’amministrazione dei territori della Chiesa di Ravenna in Istria. All’ingresso del porto fece erigere una chiesa in onore dell’apostolo Andrea, cui egli aveva sempre dimostrato una particolare devozione.
Rientrato nella sua diocesi, nel gennaio 550 M. diede inizio alla costruzione di una basilica dedicata a S. Stefano (andata distrutta) nella quale, secondo la testimonianza di Agnello (p. 72), volle depositare le reliquie portate dall’Oriente. Alla stessa epoca deve farsi risalire il restauro della chiesa di S. Andrea Maggiore, arricchita con colonne di marmo del Proconneso, nella quale fece deporre la barba di s. Andrea.
Il 4 apr. 553 M. è citato con il titolo di arcivescovo di Ravenna in un documento ufficiale (cfr. Tjäder), nel quale si fa riferimento alla donazione di argento e di territori alla sua Chiesa nelle aree di Urbino e di Lucca. Questo titolo probabilmente risale al 548, quando egli appariva in Italia come il solo esponente della condanna imperiale dei Tre Capitoli.
A date non precisabili risalgono i lavori di restauro e di abbellimento di molti altri edifici; in particolare gli interventi di M. per la ricostruzione delle chiese di S. Agnese, di S. Probo di Classe, del battistero degli Ortodossi, di S. Agata Maggiore. A lui si deve anche la costruzione della basilica di S. Giovanni in Marmorato, arricchita con immagini in mosaico di M. e dei suoi predecessori.
Al suo episcopato risale anche la cattedra d’avorio di pregiatissimo valore artistico, oggi conservata nel Museo arcivescovile di Ravenna, che l’imperatore Giustiniano, a dimostrazione della stima e dell’affetto verso M., fece intagliare a Costantinopoli e trasportare a Ravenna.
A M. sono attribuite moltissime opere letterarie, andate in gran parte perdute e di cui si ha conoscenza grazie alla biografia di Agnello (pp. 80 s.), il quale ricorda una Chronica e dice di avere avuto notizia dell’esistenza di un volume di Sermoni, diviso in dodici libri, inviato a Roma già da molti anni. Sempre secondo Agnello, M. compose un Sacramentario completo, nel quale raccolse una serie di formule liturgiche da recitare in occasione delle festività cristiane.
Il periodo di episcopato di M. si rivelò, dunque, florido e importante per la storia della città e della diocesi di Ravenna non solo per la grande attività di rinnovamento architettonico e artistico, ma anche in relazione al suo impegno nei contrasti della Chiesa occidentale con Bisanzio e con l’Oriente, soprattutto sulla questione teologica dei Tre Capitoli.
Dopo la ratifica da parte del papa Vigilio, l’8 dic. 553, delle decisioni del concilio di Costantinopoli che confermava la condanna dei Tre Capitoli, le reazioni in Occidente furono immediate e negative, soprattutto nell’Italia settentrionale, dove le Chiese decisero di separarsi da Roma dando origine al cosiddetto scisma di Aquileia in contrasto con la posizione imperiale. Grazie alla sua autorità e alle sue conoscenze, M. riuscì a insinuarsi nella provincia ecclesiastica aquileiese e ad affermare in Istria la sua autorità. In assenza del papa da Roma e del vescovo milanese Dazio, membro di spicco della cerchia pontificia che si trovava al seguito di Vigilio, M., che aveva abbandonato l’iniziale allineamento alla politica religiosa giustinianea, si trovò a esercitare la sua opera di primate sull’Italia per riportare all’unità le diverse Chiese italiane che avevano abbracciato lo scisma di Aquileia.
Dopo aver lasciato i suoi beni alla Chiesa di Ravenna, M. morì il 22 febbr. 556 e fu inumato sotto l’altare maggiore di S. Andrea, dove il suo corpo rimase fino al 1809, quando la chiesa fu sconsacrata, per essere traslato nella cattedrale. Il Martirologio romano lo celebra il 21 febbraio.
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