GREGORIO Illuminatore (arm. Lusavuorič), santo
Secondo la tradizione è il santo fondatore del cristianesimo in Armenia. Nato a Vagharsapat (257); figlio di Anak, principe parto. Durante l'occupazione persiana fu condotto in Cappadocia e vi fu educato al cristianesimo. Ritornato in Armenia nel tempo in cui Tiridate il Grande esplica il suo zelo per la religione idolatrica, G. fu perseguitato e imprigionato. Convertì poi Tiridate, e la religione cristiana fu dichiarata religione di stato. G. fu consacrato patriarca degli Armeni da san Leonzio, vescovo di Cesarea. Nel 325 mandò suo figlio Aristace, che aveva consacrato vescovo, al concilio di Nicea. Organizzata la chiesa armena, passò gli ultimi anni di contemplazione e penitenza in una grotta ai piedi del monte Sebuh e ivi morì nel 332.
A G. si attribuiscono a torto i trenta canoni disciplinari e morali aggiunti alla redazione armena di quelli del concilio di Nicea, e molte preghiere contenute nel breviario armeno. Inoltre va sotto il suo nome una ventina di omelie: l'insieme di questi scritti è detto Yačxapatum (στώματα). Dette omelie furono stampate per la prima volta a Costantinopoli nel 1737 e poi a Venezia (S. Lazzaro) nel 1838. La redazione biblica ivi usata, le definizioni dogmatiche, le allusioni allo zoroastrismo e alla dominazione preponderante degli Arsacidi sono argomenti per cui si attribuisce l'opera a un tempo più tardivo, che intercederebbe fra quello degl'interpreti della Bibbia e quello del concilio di Calcedonia. Il Nève però ammise che G. potesse avere scritto in greco o in siriaco e che più tardi avvenisse la trascrizione in armeno con le altre modificazioni volute dal tempo. La quale ipotesi sembrerebbe confortata dagli argomenti delle omelie (attributi divini, persone divine, disciplina ecclesiastica). Nelle domande apocrife di S. Gregorio I. a un angelo sulle sorti dell'anima dopo morte s'incontrano motivi comuni alle opere apocrife della Visione di Enoch e del IV libro di Esra. Identici motivi a distanza di luogo e di tempo ricorrono nella tradizione escatologica persiana e nella redazione armena della leggenda di S. Zosimo.
Il capo del santo e parte del suo corpo furono trasportati a Napoli. Altre città d'Italia posseggono reliquie di S. Gregorio e hanno o ebbero per esso un culto che non si spiega se non con la presenza di profughi armeni. Quanto alla venerazione e al significato attribuito alla sua mano destra, v. ečmiadsin.
Fonti ed edizioni: Fonte principale per la vita di G. è l'opera di Agatangelo (v.). Per il testo greco v. l'ed. di P. de Lagarde: Agathangelus und die Akten Gregors von Armenien, in Abhandlungen der Gesellschaft der Wissenschaften zu Göttingen, CXXXV.
Per lo studio critico delle opere di Agatangelo e della vita di S. Gregorio, v. la completa nota degli studî a pp. lxvi-vii dell'edizione di Tiflis, 1909, e la bibliografia di A. Ghazikian s. v. Agathangelos e Grigor Lusavuorič: V. anche Baptême des Armeniens par saint Grégoire, in Analecta bolland., 1907, pp. 117-20. Da consultare anche gli altri storici del sec. V, in particolare Mosè Corenese, Storia, libro II, cap. 80.
È conservato in armeno un panegirico su S. G., attribuito a S. Giovanni Crisostomo, Oratio Panegyrica de vita et laboribus S. Gregorii... Armeniae, Venezia 1878.
Versioni: M. Schmid, Reden und Lehren des heiligen Gregorius des Erleuchters Patriarch v. Armenien, Ratisbona 1872. La seconda omelia è stata tradotta in francese dal Nève in Revue Catholique, giugno 1866, pp. 332-441, tomo xxiv.
Bibl.: J. Catholicos, Hist. d'Armenie, cap. VIII (trad. Saint-Martin, pp. 31-34) e H. Coppieters, in Revue d'hist. ecclés., V (1904), pp. 90-91; E. Ter Minassiantz, Die armenische Kirche u. ihre Beziehungen zu den syrischen Kirchen (Texte u. Untersuchungen, n. s., XI, 4); v. anche agatangelo; eliseo.