GIOVANNI Leonardi, santo
Nacque a Diecimo, presso Lucca, nel 1541 - meno probabilmente nel 1543, come vorrebbero alcuni biografi -, ultimo dei sette figli di Giacomo, piccolo commerciante di vini, e di Giovanna Lippi. Dopo aver compiuto dal 1553 al 1558 i primi studi presso lo zio sacerdote, parroco di Villa Basilica, fu inviato a Lucca dal padre per apprendere l'arte di farmacista presso lo speziale Antonio Parigi.
Lavorò in seguito per qualche tempo nella spezieria di Michele Cardoni, dove si riuniva un gruppo di dissidenti religiosi, vicini alle posizioni di Pietro Martire Vermigli e di Bernardino Ochino, tra i quali figurava Giuseppe Cardoni, fratello del proprietario, che nel 1568, citato dal Consiglio della Repubblica di Lucca in quanto sospetto di eresia, si rifugiò a Ginevra.
A partire dal 1564 G. fece parte della Pia Società laicale dei colombini, guidata dai domenicani Francesco e Paolino Bernardini, che coniugava la tradizione savonaroliana dei domenicani lucchesi alle istanze riformatrici provenienti da Roma, in parte ispirate a Filippo Neri. In questo periodo chiese di essere ammesso nell'Ordine francescano, ma la sua istanza non fu accolta.
Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1567, intraprese gli studi ecclesiastici sotto la guida del domenicano Paolino Bernardini e del francescano Prospero Pampaloni, già teologo al concilio di Trento. L'11 marzo 1570 ricevette il suddiaconato, il 31 marzo 1571 il diaconato e il 22 dicembre dello stesso anno fu ordinato sacerdote "ad titulum patrimonii". Il vescovo Alessandro Guidiccioni gli affidò la chiesa di S. Giovanni della Magione, commenda dei cavalieri di Malta, dove iniziò l'insegnamento della dottrina cristiana ai ragazzi secondo le norme emanate dal concilio di Trento, coadiuvato dai colombini. Visti i buoni risultati ottenuti, il vescovo gli permise l'insegnamento del catechismo in tutte le chiese di Lucca, rivolto sia ai bambini sia agli adulti.
Frutto di questa attività fu l'opuscolo Dottrina cristiana da insegnarsi dalli curati nelle loro parrocchie a' fanciulli della città di Lucca e sua diocesi, edito a Lucca nel 1574, in seguito ristampato più volte. Agli stessi intenti rispondono l'Instituzione di una famiglia christiana (Roma, il Santi, 1591), il Trattato del vano ornamento delle donne, Napoli, Th. Aulisio, 1593), il Trattato della buona educazione de' figliuoli (Napoli, H. Salvioni pr. G.I. Carlino e A. Pace, 1594), il Memoriale alle donne maritate per vivere virtuosamente co' loro mariti (Lucca 1608), come pure altri scritti minori allora non pubblicati.
Allo scopo di potenziare l'opera catechetica, G. fondò la Compagnia della dottrina cristiana, strutturata come congregazione di laici con il fine unico di insegnare il catechismo ai ragazzi nelle chiese lucchesi; la Compagnia - per la quale scrisse un breve regolamento (Pascucci, 1963, pp. 41 s.) - fu approvata dapprima dal vescovo locale e quindi, dopo essersi propagata in diverse città dell'Italia centrale, da Clemente VIII il 7 dic. 1604.
Nominato cappellano di S. Maria della Rosa, il 3 maggio 1574 vi iniziò il suo ministero e il successivo 1° settembre diede vita alla Confraternita dei preti riformati della Beata Vergine, primo nucleo del futuro Ordine dei chierici regolari della Madre di Dio, che ebbe tra i primi affiliati Giorgio Arrighini, Giovanni Battista Cioni e i cugini di quest'ultimo, Cesare Franciotti e suo fratello Giulio. Il gruppo, probabilmente in seguito ai suoi orientamenti riformatori - confermati dagli stretti rapporti stabiliti con il visitatore apostolico Giovanni Battista Castelli, inviato a Lucca nel 1574 -, incontrò strenue opposizioni negli ambienti civili ed ecclesiastici locali, tanto che nel 1580 si rese necessario il suo trasferimento nella chiesa di S. Maria Corteorlandini. Non mancò però l'appoggio del vescovo, che l'8 marzo 1583 concesse al nuovo istituto l'approvazione canonica, in seguito alla quale fu celebrato il primo capitolo; in quella circostanza G. fu nominato superiore con il titolo di rettore e gli fu affidato l'incarico di redigere i primi regolamenti, approvati dal vescovo di Lucca il 1° maggio 1584. Altre congregazioni di preti riformati furono da lui istituite a Pistoia e a Pescia, ma seguirono un loro autonomo percorso.
Recatosi a Roma, nel 1587, dietro pressione delle autorità lucchesi motivate da ragioni politiche, Sisto V gli proibì di tornare in patria. L'inchiesta su G., da lui stesso sollecitata, affidata alla congregazione dei Vescovi e Regolari, si concluse nel 1590 senza confermare le accuse, ma senza scalfire le diffidenze nei suoi confronti.
L'incidente aprì una nuova fase nella vita di G., permettendogli di introdursi negli ambienti riformatori romani e di venire a stretto contatto con Filippo Neri, da lui già incontrato in un precedente soggiorno romano, nel 1584. Nel settembre 1592 fu inviato dal cardinale Michele Bonelli a dirimere un'annosa controversia tra il vescovo di Nola e le autorità comunali del casale di Sant'Anastasia relativa all'amministrazione dei beni del santuario di S. Maria dell'Arco, nella quale era intervenuto anche il viceré di Napoli Juan de Zúñiga, conte di Miranda. Dopo un fallito tentativo di instaurare la vita comune tra i preti responsabili della chiesa, questa fu affidata ai domenicani riformati di S. Severo, che ne presero possesso l'8 marzo 1594.
Nell'ottobre successivo G. si ritirò a Napoli, restandovi fino al mese di dicembre, colpito da una grave malattia. Ritornato a Roma, ottenne dal Senato lucchese il permesso di rientrare in città e vi rimase per alcuni mesi, durante i quali si dedicò alla revisione delle regole del suo istituto, che furono approvate da Clemente VIII il 13 ott. 1595.
A Lucca lo raggiunse un breve pontificio del 29 marzo 1596 che lo nominava commissario apostolico per la riforma della Congregazione di Montevergine. Il 9 aprile ricevette dal viceré di Napoli l'autorizzazione a esercitare le sue facoltà e iniziò la visita canonica dal convento napoletano, accompagnato da Pietro Casani, membro della sua Congregazione, in qualità di notaio. Dal 16 al 18 giugno riunì il capitolo generale, nel quale, in ottemperanza alle istruzioni ricevute dalla Curia romana, soppresse i conventi abitati da un numero esiguo di religiosi, nominò i superiori delle case ed emanò norme per la formazione dei novizi e per la corretta amministrazione dei beni. Una volta superati gli ostacoli opposti dai ricorsi di religiosi e laici - tra cui Diomede Carafa, che vantava diritti di patronato sul convento di S. Giacomo nel castello di Sant'Angelo a Scala -, il 22 febbr. 1597 ricevette da Clemente VIII l'approvazione per il suo operato, insieme con l'incarico di assistere in futuro la Congregazione verginiana. Nel maggio del 1597 nominò suo coadiutore per la riforma il verginiano Severo Giliberto da Solofra, allora segretario dell'abate Girolamo Perugino, e ordinò l'adozione del breviario in uso presso gli eremiti di Monte Corona.
Tra il novembre del 1597 e l'aprile del 1598, per incarico pontificio, G. condusse la visita canonica presso i suoi confratelli lucchesi i quali, in seguito alle pressioni ambientali, avevano manifestato qualche cedimento nei suoi confronti. Su richiesta del cardinale Francesco Maria Tarugi, vescovo locale, rimase circa un anno a Siena e nel marzo del 1599, accompagnato da Cesare Franciotti, si occupò nuovamente della Congregazione di Montevergine, avviando le visite dal convento di Capua.
Nel corso del capitolo, iniziato il 17 maggio 1599, fece eleggere generale Severo Giliberto da Solofra e promulgò le nuove costituzioni - approvate dal papa con breve dell'8 marzo 1599 -, composte da lui stesso e da Bernardino Morra, vescovo di Aversa, segretario della congregazione dei Vescovi e Regolari. Quest'ultimo, con un documento del 6 giugno 1599, affidò a G. l'amministrazione della sua diocesi, mantenuta fino al marzo del 1600. Il 23 dello stesso mese G. presiedette il capitolo generale di Montevergine e successivamente promulgò nuovi statuti in vista dell'apertura del noviziato - concessa, in ossequio ai decreti di Clemente VIII, solo nel maggio 1601 -, completando così la riforma della Congregazione.
Un nuovo incarico nello stesso ambito gli fu affidato l'11 sett. 1601 dal cardinale Benedetto Giustiniani, protettore dei vallombrosani: si trattava di far applicare in quell'ordine le decisioni imposte da Clemente VIII e dallo stesso cardinale in ottemperanza ai decreti tridentini, già formalmente adottate dal capitolo generale riunito poco prima. La visita iniziò il 18 sett. 1601 dal convento della Ss. Trinita in Firenze, ancora con il notaio Pietro Casani, e si concluse il 9 novembre con l'emanazione dei consueti decreti di riforma, tra cui spiccava la designazione dei monasteri di Vallombrosa e di S. Michele in Passignano come case di formazione per i giovani. Nello stesso periodo G. visitò anche il convento di Monte Senario, presso Firenze, appartenente all'Ordine dei servi di Maria.
Nel 1601 i chierici della Madre di Dio aprirono una casa a Roma, presso la chiesa di S. Maria in Portico, dedicandosi all'istruzione religiosa, in particolare dei ragazzi. Nel 1603 il cardinale Cesare Baronio fu designato protettore del gruppo e volle che G. ne fosse superiore generale, nonostante la perdurante opposizione delle autorità lucchesi, che cercarono di ostacolare l'operazione esercitando forti pressioni sui religiosi presenti nella loro città.
In consonanza con la sensibilità missionaria crescente a Roma, G. collaborò con lo spagnolo Juan Bautista Vives e il gesuita Martín de Funes a un progetto di congregazione con il relativo seminario per la formazione di sacerdoti da destinare alle missioni. Il progetto, studiato nel 1607-08, poté essere realizzato solo nel 1610 e costituì il primo nucleo del collegio di Propaganda Fide, che fu poi approvato da Urbano VIII il 1° ag. 1627.
G. trascorse gli ultimi anni della sua vita a Roma, a stretto contatto con i promotori della riforma. In particolare strinse rapporti con José de Calasanz (Giuseppe Calasanzio), fondatore delle Scuole pie, con il quale condivideva l'interesse per la formazione dei ragazzi.
Colpito da febbre violenta, morì a Roma la mattina del 9 ott. 1609 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria in Portico.
Nel 1662 i suoi resti furono trasferiti a S. Maria in Campitelli, divenuta nel frattempo sede generalizia dell'Ordine, dove sono tuttora conservati. Nel 1756 Benedetto XIV riconobbe l'eroicità delle sue virtù; fu beatificato da Pio IX il 10 nov. 1861 e canonizzato da Pio XI il 17 apr. 1938.
Alla sua morte l'istituto da lui fondato possedeva le due case di Roma e di Lucca; per volere del cardinale Benedetto Giustiniani, tra il 14 genn. 1614 e il 6 marzo 1617 fu unito alle Scuole pie del Calasanzio, ma gli orientamenti in parte divergenti dei due gruppi consigliarono la separazione. Il 14 ag. 1619 Paolo V modificò le costituzioni dei chierici della Madre di Dio, assimilandole a quelle di un ordine religioso. Il 3 sett. 1621 Gregorio XV elevò la Congregazione al grado di ordine religioso con voti solenni e il 4 genn. 1623 le concesse i relativi privilegi.
La corrispondenza di G. è stata edita, a cura di V. Pascucci, con il titolo Lettere di un fondatore (Epistolario di s. Giovanni Leonardi), Roma 1981.
Fonti e Bibl.: F. Leonardi, Breve relatione della vita e morte del venerabile padre G. L., fondatore de' chierici regolari della Congregatione della Madre di Dio, Roma 1651; L. Marracci, Vita del venerabile padre G. L. lucchese, Roma 1673; C.A. Erra, Vita del venerabile padre G. L., Roma 1758; A. Bianchini, Vita del beato G. L., fondatore della Congregazione dei chierici regolari della Madre di Dio, Roma 1861; A. Guerra, La vita del beato G. L., fondatore de' chierici regolari della Madre di Dio, Monza 1895; S. Bongi, Compendio cronologico della vita del beato G. L., Monza 1909; Romana seu Lucana. Beatificationis et canonizationis beati Joannis L. confessoris, fundatoris Congregationis clericorum regularium a Matre Dei, Romae 1933; S. G. L., fondatore dei chierici regolari della Madre di Dio, Roma 1938; F. Ferraironi, S. G. L. e Propaganda Fide, Roma 1938; Id., Cesare Baronio e l'Ordine della Madre di Dio, Roma 1940; L. von Pastor, Storia dei papi, XI, Roma 1958, pp. 436-438; V. Pascucci, S. G. Leonardi. Un protagonista della spiritualità del XVI secolo, Roma 1963; G. Tognetti, Bernardini, Paolino, in Diz. biogr. degli Italiani, IX, Roma 1967, pp. 193 s.; G. Mongelli, Storia di Montevergine e della Congregazione verginiana, III, Dall'inizio della commenda al 1666, Avellino 1968,
pp. 282-316; V. Pascucci, La riforma della Congregazione benedettina di Montevergine, in Riv. di letteratura e di storia eccl., IV (1972), pp. 167-184; G. Piras, La Congregazione e il collegio di Propaganda Fide di J.B. Vives, G. L. e M. de Funes, Roma 1976; V. Pascucci, G. Leonardi. Una scelta radicale per il vangelo, Lucca 1991; Id., L'allusivo iconografico in S. Maria Corteorlandini, Lucca 1996, ad ind.; E. Del Gallo, Franciotti, Cesare, in Diz. biogr. degli Italiani, L, Roma 1998, pp. 159 s.; Bibliotheca sanctorum, VI, Roma 1965, coll. 1033-1039, s.v.; Dict. de spiritualité, ascétique et mystique, doctrine et histoire, VIII, Paris 1974, coll. 607-614, s.v. Jean L.; Diz. degli istituti di perfezione, IV, Roma 1977, coll. 1276-1280, sub voce.