FELICE, santo
Appartenente al clero ravennate, era economo di quella Chiesa ed abate del locale monasterium di S. Bartolomeo quando, alla morte dell'arcivescovo Damiano, venne eletto a succedergli sulla cattedra di S. Apollinare. Ricevette l'ordinazione episcopale probabilmente nel 709, a Roma, dalle mani del papa Costantino I.
Queste due ultime circostanze, ignorate da Agnello, il cronista degli arcivescovi di Ravenna, ci vengono riferite dall'anonimo autore della vita di Costantino I inserita nel Liber pontificalis della Chiesa romana. L'anonimo biografo del papa riferisce inoltre che durante la funzione sacra F., a differenza di quanto avevano fatto i suoi predecessori, si rifiutò di redigere - o, almeno, "exposuit ut maluit" - le "solitas cautiones", i documenti, cioè, che, come tutti i vescovi soggetti alla giurisdizione della Chiesa di Roma, era tenuto a deporre per l'occasione sulla tomba di s. Pietro insieme con il testo scritto, autografo e firmato, della professione di fede ortodossa. Poiché il primo di essi, la cautio propriamente detta, riguardava l'impegno ad osservare alcune particolari norme disciplinari e liturgiche nel governo pastorale, ed il secondo, l'indiculum sacramenti, doveva contenere il testo - pure autografo e firmato - del giuramento di fedeltà a s. Pietro, al papa e ai suoi successori, alla Sede apostolica ed al patrimonio dottrinale da essa custodito, il gesto di F. rappresentò senza dubbio un ulteriore episodio della lotta per l'autonomia dalla Chiesa di Roma, autonomia che del resto era stata riconosciuta alla Chiesa di Ravenna dall'imperatore Costante II all'epoca dell'arcivescovo Mauro (circa 644-673) con un privilegio di autocefalia, cui però aveva rinunziato in un secondo tempo l'arcivescovo Teodoro (673-693).
Due anni dopo la sua ordinazione romana anche F. fu vittima della feroce repressione compiuta a Ravenna dal patrizio Teodoro per ordine dell'imperatore Giustiniano II. Arrestato e condotto a Costantinopoli assieme con altri notabili della sua città come lui fatti prigionieri, ebbe, a differenza di quelli, risparmiata la vita. Accecato, venne infatti relegato a Cherson, nel Ponto. Dopo la rivoluzione, che nel dicembre del 711 rovesciò Giustiniano II e portò al potere supremo Filippico Bardane, F. fu richiamato a Costantinopoli dall'esilio di Cherson: riabilitato, stabilì ottimi rapporti col nuovo sovrano, di cui avrebbe approvato secondo alcuni studiosi anche la politica religiosa, giungendo ad accogliere sia gli atti sia la professione di fede - ispirati alle dottrine monotelitiche - del conciliabolo che, convocato e presieduto dallo stesso Filippico Bardane, aveva nel 712 condannato i canoni approvati dal terzo concilio costantinopolitano.
Né Agnello, né - e si tratta di circostanza ancor più rilevante, perché fonte non legata alla Sede ravennate - l'anonimo autore della biografia del papa Costantino I inserita nel Liber pontificalis della Chiesa romana accennano ad un'adesione di F. alla politica religiosa promossa da Filippico Bardane ed alle dottrine monotelitiche da lui seguite e propugnate in antagonismo con quelle ortodosse difese dalla Sede apostolica. Il cronista degli arcivescovi di Ravenna sottolinea alcune circostanze: che il nuovo sovrano aveva richiamato F. dall'esilio; che lo aveva reintegrato nella dignità e nelle funzioni arcivescovili; che gli aveva dato l'ordine di rientrare nella sua città e di riassumervi il governo della sua Chiesa; che gli aveva fatto restituire tutti gli arredi sacri e il tesoro della Chiesa ravennate, che erano stati sequestrati e portati a Costantinopoli dopo i fatti del 711 ("Non perdidit ex eis nisi candelabrum unum"); che, "pro remedio animae", aveva aggiunto, di suo, un ricchissimo donativo; che, infine, "iussit exarari privilegia omnia secundum petitionem pontificis". Quanto all'anonimo biografo di Costantino I, egli si limita ad annotare che F., "ab exilio reductus, poenitentia motus, licet oculorum lumine privatus, tamen ad proprium rediit thronum"; e che, fatta ammenda dei propri errori sottomettendosi alla Sede apostolica e consegnando al pontefice i documenti che si era rifiutato di presentare nel 709 all'atto della sua ordinazione episcopale, "sicque reconciliationis promeruit absolutionem".
Tuttavia, la fortuna di F. non durò a lungo. Il 3 giugno 713 si ebbe a Costantinopoli un nuovo colpo di Stato, che travolse Filippico Bardane e portò sul trono imperiale Anastasio II. Una volta consolidatosi al potere, il nuovo sovrano mutò radicalmente la politica religiosa del suo predecessore: fedele ai canoni del terzo concilio costantinopolitano, restaurò l'ortodossia combattendo il monotelismo e ristabilì con la Sede apostolica rapporti di intesa e collaborazione. Anche F., così come il patriarca di Costantinopoli Giovanni (VI), si vide costretto ad adeguarsi ai mutamenti di indirizzo voluti dal nuovo imperatore e ad assistere, perciò, al tramonto - sul piano disciplinare - di qualsiasi speranza di autocefalia per la Chiesa di Ravenna.
È a questo periodo di tempo che bisogna forse attribuire quel ristabilimento dei buoni rapporti fra F. e la Chiesa di Roma del quale si è fatto cenno e che implicò, da parte del presule, un atto di sottomissione formale alla Sede apostolica. Scrive infatti l'anonimo autore della biografia del papa Costantino I: "et solita, quae ab universis in scrinio episcoporum fiunt indicula, et fidei expositione et hic confessus est". Su ciò nulla riferisce Agnello, così come nulla aveva detto circa l'ordinazione romana di Felice.
F. morì a Ravenna, verosimilmente nel 725. Il suo corpo fu sepolto nella basilica extraurbana di S. Apollinare in Classe, dove si conserva tuttora il sarcofago che ne contenne le spoglie.
Dalla narrazione di Agnello apprendiamo che, negli ultimi anni di vita, F. ordinò di dare alle fiamme tutti i suoi scritti perché, come riferisce il biografo, era divenuto cieco ed era quindi impossibilitato a revisionarli. In realtà sembra più verosimile spiegazione del gesto il fatto che quegli scritti non fossero troppo conformi all'ortodossia romana. Ai tempi di Agnello si conservava ancora di F. una omelia su un passo del Vangelo secondo Matteo (24,15), a noi non pervenuta. Degli altri suoi scritti oggi ci resta solo l'introduzione alla collectio Feliciana, la raccolta delle omelie di s. Pier Crisologo, da lui curata. A F. si deve, inoltre, la revisione dell'antico officio liturgico della Chiesa ravennate, che risaliva all'epoca dell'arcivescovo Massimiano (546-556). Senipre secondo Agnello, F. fece eseguire lavori di ristrutturazione ed ampliamento dell'episcopio; in particolare fece costruire (o semplicemente ristrutturare) il "salutatorium", cioè la sala delle udienze vescovili, e la sua residenza privata, quella che fu detta la "donius Felicis", ubicata presso il complesso dell'episcopio.
A tutt'oggi risulta ancora particolarmente difficile individuare con precisione i termini cronologici del pontificato di Felice. Circa l'ordinazione episcopale, gli elementi, assolutamente insufficienti, forniti da Agnello (successo a Damiano, deceduto il 13 maggio 708) e quelli contenuti nella vita di Costantino I inserita nel Liber pontificalis della Chiesa romana (ordinazione episcopale da parte di papa Costantino I) indurrebbero a collocarla nel 709 (Stein, Bertolini, Orioli); tuttavia, una epigrafe murata presso la cattedrale di Comacchio riferentesi a lavori di ampliamento del primitivo edificio di culto indicherebbe, seppure in modo non decisivo e per induzione, F. come arcivescovo di Ravenna già nel 708 (Samaritani), come altra parte della critica storica ha voluto basandosi solo sulla scorta delle notizie fornite da Agnello (Testi Rasponi). Considerando poi che Agnello attribuisce a F. sedici anni di pontificato, con la data del 708 concorderebbe anche la data del 724 proposta per la morte del presule sulla scorta dell'epitafio dello stesso F. conservatoci da Agnello, nel quale si ricorda come F. abbia governato la sua Chiesa per dodici anni ancora dopo il suo ritorno dall'esilio (Holder Egger).
La repressione del 711 ordinata da Giustiniano II, sebbene venga presentata dalle fonti come rappresaglia per l'aiuto a suo tempo offerto dai Ravennati al papa Sergio durante i torbidi che seguirono il secondo concilio trullano, doveva invece avere con ogni probabilità lo scopo di impedire eventuali tentativi di restaurare l'autocefalia della Chiesa di Ravenna da parte del clero locale e, soprattutto, da F., che del resto, in occasione della sua ordinazione episcopale, già aveva manifestato non poche insofferenze nei confronti della Chiesa romana, allora in buoni rapporti con l'imperatore (Ostrogorsky, Simonini). Va detto inoltre che Agnello e l'anonimo autore della vita del papa Costantino I inserita nel Liber pontificalis della Chiesa romana prendono posizioni diametralmente opposte circa i rapporti intercorsi fra il presule e Giustiniano IL L'anonimo del Liber pontificalis romano spiega la crudeltà di Giustiniano II presentando il supplizio cui F. fu sottoposto come una punizione divina. Per contro Agnello esalta la giustizia e la santità di F. ricorrendo all'artificio di introdurre nella narrazione accenni a miracolosi prodigi che avrebbero preceduto il suo ritorno in patria dall'esilio.
Fonti e Bibl.: Agnelli qui et Andreas Liber pontificalis Ecclesiae Ravennatis, in Mon. Germ. Hist., Scriptores rerum Lang. et Italic., a cura di O. Holder-Egger, Hannoverae 1878, pp. 366-375; Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, I, Paris 1886, pp. 389, 391; H. Rubei, Historiarum Ravennatum libri X, Venetiis 1589, pp. 213 s.; G. Fabri, Le sagre memorie di Ravenna antica, Venezia 1664, pp. 442 s.; Id., Effemeride sacra ed istorica di Ravenna antica, Ravenna 1675, p. 333; S. Pasolini, Huomini illustri di Ravenna antica, Bologna 1703, pp. 10 s.; B. Bacchini, Observatione ad vitam sancti Felicis, in Agnelli ... vitae pontificum Ravennatum, Mutinae 1708, pp. 380-389; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, II, Venetiis 1717, coll. 342 s.; Appendix ad Agnelli Ravennatis pontificale, inL. A. Muratori, Rer. Ital. script., II, 1, Mediolani 1723, p. 202; C. Baronio, Annales ecclesiastici..., XII, Lucae 1742, pp. 212, 228 s.; P. P. Ginanni, Dissertaz. epistolare sulla lett. ravennate, Ravenna 1749, p. XLV; J. A. Amadesi, In antistitum Ravennatum chronotaxim, II, Faventiae 1783, pp. 4-9; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia..., II, Venezia 1844, pp. 65-67; P. Uccellini, Diz. stor. di Ravenna, Ravenna 1855, p.164; P. Luther, Rom und Ravenna bis zum 9. Jakhundert..., Berlin 1889, pp. 46 s.; A. Testi Rasponi, Note marginali al "Liber pontificalis" di Agnello ravennate, II, in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le prov. di Romagna, s. 3, XXVII (1908-909), p. 248; Series chronologica antistitum Ravennatum, in Synodus diocesana Ravennatensis XXII..., Ravenna 1914, p. 333;E. Stein, Beiträge zur Geschichte von Ravenna in spätrömischer und byzantinischer Zeit, in Klio, XVI (1919), pp. 56 s. nota 6, 59; O.Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardì, Bologna 1941, pp. 413, 417, 419, 422;G. Lucchesi, F., arcivescovo di Ravenna..., in Bibliotheca sanctorum, V, Roma 1964, coll. 560 s.; A. Simonini, La Chiesa ravennate. Splendore e tramonto di una metropoli, Ravenna 1964, pp. 75 s.; G. Ostrogorsky, Storia dell'impero bizantino, Torino 1968, pp. 122-124; A. Guillou, Régionalisme et indépendance dans l'Empire byzantin au VIIe siècle, Roma 1969, pp. 212-24, 216; A.Simonini, Autocefalia ed esarcato in Italia, Ravenna 1969, pp. 117-132; S. Benz, Félix, in Dict. d'hist. et de géog. ecclèsiastique, XVI, Paris 1970, coll. 911-914; A. Guillou, L'Italia bizantina dall'invasione longobarda alla caduta di Ravenna, in Storia d'Italia (UTET), diretta da G. Galasso, I, Torino 1980, pp. 284-288;G. Orioli, Cronotassi dei vescovi di Ravenna, in Felix Ravenna, s. 4, I-II (1984-85), p. 327. La prefazione di F. alla così detta Collectio Feliciana èstata edita, col titolo di B. Felicis XL Ravennatum arch. in sermones... praefatio, in J.-P. Migne, Patrol. Lat., LII, coll. 77s. Circa la revisione della liturgia ravennate: G. Zattoni, Un frammento dell'antico officio ravennate, in Scritti storici e ravennati, Ravenna 1975, pp. 149-163. Per la costruzione del "salutatorium" e della "domus Felicis": F. W. Deichinann, Studi sulla Ravenna scomparsa, in Felix Ravenna, s. 4, III-IV (1972), pp. 110-112.Per la "lastra di Comacchio"; A. Samaritani, Ivescovi di Comacchio, Padova 1961, pp. 6 s.; Id., Vita religiosa tra, istituzioni e società a Comacchio dall'Alto al Basso Medioevo (secc. VIII-XIV), in Analecta Pomposiana, XI (1986), pp. 13-24.