CORRADO Confalonieri, santo
Nacque a Piacenza nel 1290 (secondo alcuni nel 1284); del padre ci è noto solo il cognome, così come della madre, che fu una Landi. La sua famiglia, economicamente consistente, vantava anche tradizioni religiose, confermate dall'appartenenza ad essa della beata Adelasia, zia paterna di C., morta nel 1266 mentre era badessa del monastero di S. Siro a Piacenza.
Poiché C. non ebbe mai parte nella storia politica e letteraria del suo periodo, di lui non restano altro che le biografie degli agiografi, spesso tra loro contraddittorie e in cui, com'è noto, è spesso praticamente impossibile separare il nucleo di verità storica dalle interpolazioni fantastiche e dai topoi propri del genere.
Secondo il Mazzara (p. 296), C. molto giovane si unì in matrimonio con tale "Eufrosina figlia di Nestore cittadino di Lodi"; ma poi un incidente di caccia, in cui C. provocò un grave incendio, dette una svolta determinante alla sua vita. Essendo stato incriminato e prontamente condannato all'impiccagione dal podestà un innocente, C. fu spinto a palesare la propria responsabilità e a risarcire i danni; decisosi poi a partire da Piacenza alla volta di Roma, durante il viaggio si fermò presso un convento ed entrò nel Terzo Ordine francescano di Calendasco.
La più antica biografia di C., che risale al 1350 - questa almeno è la data nell'explicit del manoscritto - e che fu scritta in siciliano dotto da fra' Michele Lombardo, non specifica di quale località si tratti.
Il Campi invece - ma quella di indicare nuovi particolari è una caratteristica delle biografie successive - indica Gorgolano, località già scomparsa nel Seicento (p. 25). Inoltre anche la moglie sarebbe passata a vita religiosa entrando nell'Ordine di s. Chiara (ma, secondo il Dictionnaire hagiographique, p. 651, Eufrosina si fece carmelitana all'età di sessantun anni nel 1351). C. sarebbe poi arrivato in Sicilia e, respinto dagli abitanti di Palazzolo che lo fecero inseguire dai cani, si recò a Noto dove, secondo la biografia di fra' Michele Lombardo, c'erano "li meglu agenti di Sicilia" (Avolio, p. 306). Secondo il Perdicari, invece, egli si sarebbe diretto a Noto mosso dalla fama di Guglielmo Buccheri, anch'egli in odore di santità. Dapprima alloggiò nelle celle della chiesa di S. Maria del Crocefisso, poi, a causa delle continue visite dei fedeli, decise di abitare "a lu desertu" in una cava in contrada Pizzoni (Avolio, p. 303). Questo trasferimento non evitò a C. la presenza dei devoti, tanto più che il suo prestigio fu consolidato ben presto dalla guarigione, che lo consacrerà protettore degli erniosi, del figlio di un sarto "ki era ructu di li bursi di baxu et eranu li testiculi multu grossi cussi comu pani (ibid., p. 304).
Secondo le biografie, furono numerose le tentazioni del demonio, dovute principalmente alla grande quantità di cibo offertegli dai devoti: dal "grandi disiu di manjari carni di porcu" (ibid., p. 307), a quello di mangiare una "cassata" (p. 309), alla "grandi cogitacioni di manjari una bona gallina grassa, la quali li sapisssi bona" (p. 308). Per vincere queste tentazioni a C. bastava resistere qualche giorno fin tanto che la gallina, per esempio (ma lo stesso vale per gli altri due casi), "era plina di vermi, ki comu la tuccava si lassava cadiri cum tutti li pinni di li vermi miscati" (p. 308). Le biografie attribuiscono a C. anche miracoli di vario genere: C. sa già, per esempio, che il servo di un suo devoto ha nascosto uno dei due fiaschi di vino che questi gli aveva mandato (si tratta di un topos proprio delle vite dei santi); dei giovani per gabbarlo gli fanno mangiare carne di venerdì, ma quando gli palesano l'inganno tra gli avanzi si trovano lische di pesce; quando va a Siracusa per confessarsi dal vescovo, stormi di uccelli lo accompagnano con canti. Nella vita solitaria di C. si inserisce negli ultimi anni la presenza di un giovane il quale però a causa di una "temtacioni ca nun putia stari" decide di rinunziare alla vita eremitica e di "piglari mugleri" (ibid., p. 314): C. si addolora "plangendu fortimenti".
Nel 1349, secondo gli agiografi, C. salvò miracolosamente i Notigiani dalla carestia fornendo pane a sufficienza. Morì l'annoseguente(secondo alcuni il 19 febbr. 1351) e, altro topos, le campane di Avola e di Noto avrebbero suonato senza che nessuno le toccasse.
Gli abitanti delle due città, secondo la leggenda, accorsi nel suo eremo, lo avrebbero trovato morto in ginocchio; dopo violenti scontri in cui "fu miraculu di Deu ki nullu non happi mali" (ibid., p. 317), causati dal desiderio di ambedue le città di accaparrarsi la salma di C., vinsero i Notigiani e il corpo del santo venne tumulato nella chiesa madre di Noto.
Particolare interesse rivestono le vicende che portarono alla beatificazione di C., vicende in cui si intrecciano dati storici e credenze popolari. Va detto infatti che benché fosse ben presto venerato ad Avola e a Noto, C. aveva "usurpato" il posto di patrono di Noto a s. Nicola di Bari, il quale a sua volta aveva sostituito s. Luca a Nicosia. Episodi questi non casuali: difatti "che i santi avessero tutti uguale potere di intercessione e che il redentore fosse il più potente di tutti, non era nozione che potesse aver corso in un popolo vessato da una particolare feudalità, sulla quale feudalità, in pratica, veniva esemplata la gerarchia celeste: e come i gabellotti, gli sbirri, i famigli erano, per la loro stessa vicinanza e presenza, più potenti del feudatario ... così i santi, più vicini alla terra per il fatto stesso di essere stati mortali, dovevano essere indubbiamente più potenti di Dio" (Sciascia, p. 189). I Notigiani furono scomunicati, e solo il 12 luglio 1515 papa Leone X ordinò la beatificazione di C. al vescovo di Siracusa Guglielmo Raimondo Centelles. Anche in questa occasione C. avrebbe compiuto un prodigio: al frate Bernardino Brixiano che aveva smarrito il diploma del papa, apparve in sogno indicandogli dove ritrovarlo. Fu così che il vicario generale Giacomo Humano, secondo quanto si legge in una cronaca del tempo, il 28 ag. 1515 "assolvio tutti li populi di Noto della scomunica per avere adorato S. Corrado senza licenza della Santa Sede Apostolica" (Di Martino, p. 506). Nello stesso giorno venne aperta la bara: "il corpo era integro, vestito in carne, la testa separata dal corpo, con un braccio che si dimostra alli populi" (ibid.). La bara fu poi portata nella chiesa del S. Crocefisso dove si verificarono molte guarigioni di erniosi. La prima festa si celebrò il 19 febbr. 1516 e i miracoli aumentarono; ciò sarebbe stato determinante perché Paolo III, il 30 ott. 1544, autorizzasse il culto di C. in tutta la Sicilia. Infine dal 12 sett. 1625, data del diploma di Urbano VIII, in onore di C. poté celebrarsi l'ufficio e la messa.
C. viene festeggiato a Noto il 19 febbraio e nell'ultima domenica di agosto; ad Avola il 19 febbraio e nella prima domenica di settembre. Va detto che le feste, col decadere della società rurale, hanno perduto buona parte delle loro funzionalità, tra cui non ultima quella della velata protesta sociale. Ad Avola, per esempio, nell'ora del Salve Regina, si radunavano in chiesa i cosiddetti "poeti" per cantare a turno le lodi di s. Corrado ed anche lamentare le miserie del popolo. Già nel 1881 il Pitrè (1881, p. 211) ricordava che "poiché non ne venivano risparmiate le autorità locali pel loro malgoverno e pe' loro abusi, questa cantata mattutina è stata da qualche anno, con sommo dispiacere del popolo minuto, interdetta". A Noto, il sabato della vigilia, gli eremiti di s. Corrado, esercitando un loro antico privilegio, portavano a spalla l'urna del santo dalla sua cappella all'altare maggiore sul quale lo alzavano con uno speciale congegno (Pitrè, 1900, p. 301); la domenica avveniva la processione per i quartieri della città, e sulla macchina erano adagiati i bambini erniosi, tutti "osservati dal chirurgo, con la cui assistenza il Santo li guarisce" (ibid., p. 303).
Fonti e Bibl.: La vita di fra' Michele Lombardo Vetrano è pubblicata da C. Avolio, Canti popolari di Noto, con intr. di A. Buttitta, Palermo 1974, pp. 297-318. Altra biografia, anteriore al Cinquecento secondo l'Avolio, di A. Rapi, Vita di lo Beato C., in C. Avolio, Introduzione allo studio del dialetto siciliano, con introduzione di T. De Mauro, Palermo 1976, pp. 110-174. C. piacentino, in Rime vulgari siciliane, Palermo 1568; V. Littara, Conradiados, Palermo 1608; P. M. Campi, Vita di s. C., Piacenza 1614; O. Gaetani, Idea operis. De vitis Siculorum sanctorum famave sanctitatis illustrium, Panormi 1617, pp. 12, 56, 97, 107, 131; G. B. Manzini, Vita, morte e miracoli di s. C. eremita, Bologna 1648; O. Gaetani, Vitae sanctorum Siculorum, II, Panormi 1657, pp. 200 s.; F. Carrera, Pantheon Siculum sive sanctorum Siculorum elogia, Gennae 1679, pp. 36-39; G. Perdicari, Vite dei santi siciliani, Palermo 1688, pp. 306-311; F. B. Mazzara, Leggendario francescano, II, Venezia 1721, pp. 296-304; V. Littara, Vita di s. C. eremita piacentino ... stamp. in Palermo ... l'anno 1593, a cura di G. Coffa e Gallo, Palermo 1802 (altra trad. a cura di F. Balsamo, Roma 1969); S. Russo Farruggia, Storia d. città di Noto, Noto 1838, p. 90; G. Filoteo Degli Omodei, Somm. degli uomini ill. di Sicilia, in G. Di Marzo, Biblioteca stor. e letter. di Sicilia, XXV, Palermo 1877, p. 41; G. Menditto, L'urna di s. C. Piacentino, Noto 1879; B. Veratti, Della vita e del culto di s. C., Modena 1880; M. Di Martino, Spigolature d'un archivista, in Arch. stor. sicil., XXII (1897). pp. 505 s.; S. Guastella, S. C. C., Siracusa 1955; A. Butler, The lives of the Saints, New York 1956, pp. 377 s.; Dict. hagiographique, in J. P. Migne, Encyclopidie théologique, XL, Paris 1850, pp. 650 s.; Bibl. sanctorum, IV, coll. 212 s. Sulle feste si veda: G. Lanza, Breve relatione delle feste di s. C. protettore della città di Noto fatte l'ultimo di agosto dell'anno 1620, Palermo 1621; G. Pitrè, Studi di poesia popolare, Palermo 1872, pp. 85 s.; Id., Delle sacre rappresentazioni popolari in Sicilia, Palermo 1876, pp. 77 s.; Id., Spettacoli e feste, Palermo 1881, pp. 74 s., 200-204; Id., Feste patronali in Sicilia, Torino-Palermo 1900, pp. 296-308; Id., Studi di leggende popolari in Sicilia, Torino-Palermo 1904, pp. 348 s., 353; L. Sciascia, Feste religiose in Sicilia, in La corda pazza. Scrittori e cose di Sicilia, Torino 1970, pp. 184-203.