BRASCA, Santo
Nacque a Milano da Matroniano e da Margherita Rozio nella seconda metà del 1444 o nella prima metà del 1445 e morì dopo il 10 dic. 1522. Queste date si deducono da una lettera scritta dal B. il 21 ag. 1497 ("la vista me comincia vacillare per esser già conducto a l'ettà de anni 52") e da un atto notarile del 10 dic. 1522 in cui figura il suo nome. Nel 1464, sotto Francesco Sforza, il B. entrò come coadiutore nella cancelleria delle Entrate ordinarie, e nel 1476, sotto Galeazzo Maria Sforza, diventò cancelliere nella stessa magistratura. Si ha un'idea del circolo dei suoi conoscenti a quest'epoca da una nota nei diari di Cicco Simonetta: il 25 maggio 1478 "Emilio Henrigono, filius quondam de Simone Henrigono, fece un convito a una sua cassina, fuora de Porta Renza", e fra gli invitati troviamo il B. in compagnia di altri funzionari sforzeschi e nobili milanesi: Giulio Sforza, Francesco Visconti, Pietro Martire Stampa, Battista Landriano, Ambrogio del Maino, Bartolomeo della Croce, Napoleone Spinula, ecc. (I Diaridi Cicco Simonetta, a cura di A. R. Natale, Milano 1962, pp. 242 s.).
Nel marzo del 1480 il B., "inspirato dalla pueritia per insino a questa hora... de andare personalmente a visitare la sanctissima cità de Ierusalem" (come ci dice all'inizio del suo Viaggio, ediz. 1966, p. 45), ottenne il permesso di fare un pellegrinaggio in Terrasanta. Partì da Milano il 29 aprile e fu di ritorno il 5 novembre successivo. Il resoconto del suo viaggio, dedicato ad Antonio Landriano, tesoriere ducale, fu stampato a Milano nel 1481 per esortazione di Ambrogio Archinti (cfr. P. Litta, Le famiglie celebri ital., sub voce Archinto, tav. I; e F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, I, 2, Mediolani 1745, coll. CCXXIV ss.) da L. Pachel e U. Scinzenzeler. Esistono a stampa due altri resoconti dello stesso pellegrinaggio, fatti dal domenicano tedesco Felix Fabri (o Faber: il suo nome tedesco è Schmid): Evagatorium in Terrae Sanctae peregrinationem (in Bibliothek des literarischen Vereins in Stungart, I-III, Stuttgart 1843-49), e da un anonimo francese: Le voyage de la Saincte Cyté de Hierusalem (a cura di Ch. Schéfer, Paris 1882), i quali viaggiarono col B. da Venezia nella galea di Agostino Contarini.
Il B. tenne un diario durante il viaggio e riprodusse poi nel suo libro gli avvenimenti giorno per giorno. Il racconto di Fabri è molto corto e serve quasi da introduzione al resoconto del suo secondo viaggio del 1483. Il B. e l'anonimo francese si integrano a vicenda, dato che il francese ci racconta il viaggio di un pellegrino modesto, soggetto a scomodità d'ogni sorta, mentre il B. ci informa sulla vita di un viaggiatore più ricco, che poteva por riparo ai disagi più gravi.
Prima d'imbarcarsi il B. si fermò un mese a Venezia, e a parte la lista di chiese e reliquie, comune a tutti i racconti di pellegrinaggi, descrive il palazzo ducale, l'Arsenale, Murano, lo sposalizio del mare, la processione del Corpus Christi, l'accoglienza fatta al capitano generale Antonio Loredan per il suo ritorno nella città, ecc. I pellegrini s'imbarcarono il 5 giugno. Il B. nota le orazioni dette ogni sera nella galea, e continua durante tutto il viaggio a mettere per iscritto le preghiere e gli inni detti e cantati ai vari luoghi sacri. È probabile che abbia usato durante la stesura del suo testo uno di quei processionali adoprati dai pellegrini, di cui parla anche Fabri. Le preghiere del B. corrispondono a quelle menzionate da Gabriele Capodilista nel resoconto del suo pellegrinaggio del 1458 (pubblicato a Perugia prima del 1475).
A Corfù il capitano generale Vittore Soranzo, che aveva sostituito Antonio Loredan, "molto ne dissuadete l'andare inante, dicendo ch'el Turco era acampato a Rhodi con 350 vele, le quale circondavano tuto quel colfo" (p. 59). Molti pellegrini, inclusi i vescovi di Ginevra e di Le Mans, abbandonarono il viaggio a questo punto, ma il B., avendo "già fatto una bona parte del viagio, pagato lo patrono, patite pene assai per le agitatione del mare... vedendo etiam. el periculo esser tanto nello ritornare quanto nel andare" (p. 60), decise di continuare. Arrivato in Terrasanta, il B., che venne trattato dal patrono della galea i "como filiolo", andò con il Contarini ad abitare nel monastero francescano di monte Sion, mentre gli altri pellegrini alloggiarono in "l'ospitale de San Giohanne, ove si sta molto inscommodamente perché se dorme e mangia in su la terra" (p. 68). Segue una vivace descrizione dei "mori" a Gerusalemme, con frequenti richiami a costumi milanesi.
Al Santo Sepolcro il B. con altri sei pellegrini fu creato cavaliere aurato da un legato eriale, fra' Giovanni di Prussia. Dopo la visita dei luoghi sacri a Gerusalemme e nei dintorni, si recò con un gruppetto di pellegrini fino al fiume Giordano e al Mar Morto. L'11 agosto la galea ripartì da Giaffa e fece la prima fermata a Cipro. Il B., insieme con altri nobili, fu presentato alla regina, Caterina Cornaro, e ricevette l'Ordine della Spada. I pellegrini si fermarono tre giorni a Rodi, dove era appena finito l'assedio, di cui il B. racconta le vicende, deplorando "el fracasso che hano dati queli maladeti turchi et cani a quela povera cità" (p. 122). Il 26 ottobre arrivò a Venezia; il 1º novembre il suo passaggio a Cassano fu festeggiato da amici milanesi; poi egli passò due giorni "per recreatione" nella casa dei Brasca a Zelo nel Lodigiano, prima di rientrare a Milano, accompagnato da "fratelli, amici e parenti".
Al suo ritorno il B. continuò l'attività di cancelliere ed ebbe anche vari altri incarichi, di cui abbiamo notizie in una lettera che scrisse a Massimiliano Sforza, figlio del Moro, nel 15 13, dove elenca i suoi servizi per casa Sforza: "in tutte quante le cittadi del dominio più volte ho [sic] per vacacione o per demeriti de officiali sono stato proposto referendario, canepario del sale, sindicatore, finché il bisogno se provedeva de altro officiale, fatte descricioni de huomeni, descricioni de biade, descricione de generali, scacciati li giudei due volte del dominio...". Nel 1493 fu nominato referendario generale e commissario del Sale, ma non sembra che abbia assunto questa carica fino al 1498, quando abbiamo la nomina di suo fratello Ambrogio a "cancellarium. apud magistratum ipsum ordinarium loco Sancti fratris". L'intervallo è probabilmente dovuto ai viaggi fatti dal B. in questo periodo come ambasciatore di Ludovico il Moro a Lucca, Genova, nel Monferrato e in Germania, alla corte di Massimiliano I. Nel 1494 fu a Innsbruck col fratello Erasmo per persuadere l'imperatore a non ostacolare l'entrata di Carlo VIII in Italia. Egli ritornò a Milano nel luglio dello stesso anno. Nel 1495 fu di nuovo mandato in Germania, questa volta con Baldassarre Pusterla e Gianfrancesco Marliano, per accelerare l'investitura imperiale del Moro, e per aiutare Erasmo nella sua difesa dei marchesi di Incisa contro Oddone di Incisa e la marchesa Maria di Monferrato .
L'ambasciata più importante del B. è quella del 1497, quando egli sostituì Erasmo, alla corte di Massimiliano. Il suo primo compito fu di nuovo quello di interessarsi del marchesato di Incisa e di procurare l'investitura imperiale per il marchese Oddone, il quale, dopo la morte della marchesa di Monferrato, aveva capovolto la sua posizione e ottenuto l'appoggio del duca di Milano. Le missive che abbiamo di questa ambasciata (Arch. stor. di Milano, Potenze estere) danno molti particolari sui problemi dell'Impero (i suoi rapporti coi principi tedeschi, con gli Svizzeri, ecc.) e mostrano gli sforzi del B. per interpretare ogni mossa da parte dei Francesi e dei loro alleati. Il maggior numero di lettere risale al periodo agosto-settembre 1497, quando particolarmente attuali erano i problemi di Gorizia e di Carpi. Il B. doveva difendere gli interessi di Giberto da Carpi contro quelli del cugino Alberto, e venne rimproverato dal Moro quando Massimiliano favorì Alberto. Le sue lettere hanno un tono aperto di cui talvolta si scusa: "in ogni cosa 10 scrivo troppo sincero" (25 ott. 1497); egli non limita le sue informazioni agli affari politici: si lamenta con Ludovico che si sente trascurato, non ha soldi e non ha vestiti (l'oratore veneto, Giorgio Pisani, ha persino dovuto offrirgli "de le sue veste"; ibid.), e non gli piace il cibo tedesco: "guazeti de carne de porco pistà con lacte e cipolle" (ibid.).
In queste missive abbiamo altre notizie della famiglia del B.: il fratello Tommaso ("ducalis caballariorum. officialis") organizzava i corrieri diplomatici che operavano fra Milano e Innsbruck e Worms (fu poi sostituito dal fratello Giovanni nel 1499); il fratello Ambrogio, che aveva accompagnato Bianca Maria Sforza in Germania dopo il suo matrimonio con Massimiliano nel 1493, ritornò a Milano nel 1497 con gli altri Milanesi del seguito della regina. Il B. deplora un incidente collegato a questa partenza: "havendo la Maestà del Re facto fare repertorio de li argenti consegnati a Milano a la Regina se ne trova manchare circa 80pezi, che è gran vergogna a la natione milanese" (27 ott. 1497).
Ritornò a Milano alla fine del 1497 e nel 1498 assunse la sua carica presso l'amministrazione del Sale. Dopo la sconfitta del Moro, fu esiliato con Tommaso per un anno, ma nel 1500 era di nuovo a Milano e la sua carica fu riconfermata da Luigi XII; questa conferma fu ripetuta nel 1512 quando il re nominò Silvio, figlio di Tommaso, futuro successore del Brasca. Il suo nome figura in certi documenti del 1501 che riguardano gli arazzi eseguiti dai de Predis per Massimiliano: le transazioni per un prestito fatto dai banchieri G. P. Porro e C. da Ello al de Predis sono firmate "in domo habitationis prefati domini Sancti de Braschis sita in Porta Ticinensi parr. Sancte Euffemie intus Mediolani": il B. doveva essere uno dei, testimoni. C'è anche una lettera di Massimiliano al B. che garantisce lo sborso dei 1000 ducati reclamati da Ambrogio de Predis come compenso per gli arazzi (cfr. E. Motta, Ambrogio Preda e Leonardo da Vinci, in Arch. stor. lomb., XX[1893], p. 983 n.).
Nel 1502, dopo la morte del fratello Erasmo, il B. fece costruire per la famiglia Brasca una cappella, dedicata a Tutti i santi, nella chiesa di S. Eufemia. Due iscrizioni in questa cappella (cfr. V. Forcella, Iscrizioni delle chiese... di Milano, I, Milano 1889, p. 395) ci forniscono altre notizie del B.: era "quaestor regius", "bis quaestor ter eques", "in utraque lingua clarus": cioè, durante il periodo francese era stato nominato due volte alla carica di maestro delle Entrate; oltre alle investiture in Terrasanta e in Cipro era stato fatto cavaliere una terza volta; sapeva non soltanto il latino ma anche il greco. Un'altra iscrizione, del 1512, rivela che egli fece una donazione in quell'anno alla Congregazione di Carità a Milano (Forcella, cit., VIII, Milano 1891, p. 194).
Durante il breve periodo in cui gli Sforza riebbero il potere, Massimiliano Sforza destituì il B. dalla carica di maestro delle Entrate, poi gli fece riavere il posto e nel 1514 decretò che Silvio assistesse suo zio, che ormai era vecchio e malato, in questa carica, avendo i privilegi e le funzioni ad essa relativi, e stabilì che alla morte del B. il nipote gli succedesse. Nel 1515 Massimiliano lo nominò consigliere nel Senato segreto ducale. A parte vari atti notarili che riguardano rendite fondiarie (il B. aveva molti possedimenti nei dintorni di Milano), le sue disponibilità sono rese note dall'ultimo testamento redatto il 14 luglio 1522.
In esso egli lascia istruzioni per la fondazione di una confraternita collegata alla chiesa di S. Eufemia, che chiama Consorzio di Tutti i santi. Questa confraternita doveva aver sede nella sua casa in via Rugabella ed esser amministrata da suo fratello Ambrogio e da altri deputati che egli nomina.I redditi dovevano essere impiegati a vestire i poveri nel giorno di Tutti i santi, ad assegnare due doti annuali, e a distribuire il giorno di Pasqua un boccale di vino, una libbra di formaggio e del pane ai poveri di S. Eufemia e di Zelo nel Lodigiano (questa confraternita fu aggregata al Luogo pio della divinità nel 1784:cfr. A. Noto, Gli amici dei poveri di Milano, Milano 1951, pp. XXVI, 171, 258; P.Morigi, Raccolta nobilissima nella quale si descrivono tutte le opere di carità..., Milano 1602, p. 97): Il B. lasciava dei soldi ai figli dei suoi fratelli Tommaso e Giovanni, e metà della sua casa a S. Eufemia al fratello Ambrogio; alla morte di questo detta parte doveva passare alla confraternita. La proprietà a Zelo e due stanze della casa a S. Eufemia erano destinate a Bianca (probabilmente la sua governante), moglie di Giovanni Pietro Borochino, con la figlia Tommasina. A costei, egli lascia anche una dote e parecchi oggetti di valore. Il ragazzo che il B. aveva allevato a casa sua, Francesco Bosolo (detto Bosolino), doveva essere educato fino all'età di vent'anni dalla confraternita.
Secondo i suoi desideri il B. fu sepolto nella cappella di Tutti i santi nella chiesa di S. Eufemia. La cappella, che ora non esiste più, fu descritta da Carlo Torre: "benché non habbia pitture vassene però fastosa per un Tumulo di Casa Brasca, che si tiene da un lato, costrutto di marmo bianco e nero nobilmente scolpito con rebeschi e figure" (Il ritratto di Milano, Milano 174, p. 62).
Il resoconto del viaggio del B. (pubblicato senza titolo, ma conosciuto come Vaggio del Santo Sepolcro, o Itinerario alla santissima città di Gerusalemme, o Itinerario da Venezza a Gerusalemme, ecc.) è seguito da tre pagine di consigli pratici per futuri pellegrini; questi consigli furono inseriti in tutte le edizioni del Viaggio da Venetia al Santo Sepolcro, attribuito a Noè Bianchi, dal 1519 in poi. Ai consigli il B. aggiunge una seconda "guida" a Nazareth, al monte Sinai e al Cairo, che egli non visitò, ma su cui ottenne informazioni dai guardiani di Beirut (Francesco Suriano) e di monte Sion (Giovanni Tomacelli) che conobbe a Gerusalemme. Per questa sezione si basa inoltre sul testo dell'Itinerario di Gabriele Capodilista, che aveva anche seguito per la descrizione dei luoghi santi a Gerusalemme e nei dintorni. Neppure Capodilista aveva visitato tutti i posti di cui parla, ma si deve esser servito di vari testi che circolavano, e che forse anche il B. ha utilizzato, per esempio di Roberto da Sanseverino, fra' Niccolò da Poggibonsi, Marin Sanuto (Torsello), sir John Mandeville, ecc. Il Viaggio si conclude con una pianta del Santo Sepolcro, una "Oratione per Sancto Brascha facta a piedi nudi in monte Calvario a di 29 iulij 1480" e una "Oratione per Sancto Brascha facta in la vale de Iosaphat a la sepoltura de la vergene Maria" (cfr. F. S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, II, 1, Milano 1741, pp. 208 s.) e con la lettera di Ambrogio Archinti. Il Viaggio fu ristampato a Milano nel 1497 dal Pachel e nel 1519 a opera dell'editore Nicolò da Gorgonzola. Alcuni esemplari delle edizioni del 1481 e del 1497 sono preceduti o seguiti da "Memorie de le castelle e terre grosse che sono sopra Po da Pavia per insino a Venetia". Sono citate anche un'edizione milanese del 1487 e una fiorentina senza data (T. Tobler, Bibliographia geographica Palaestinae, Leipzig 1867, p. 53) nonché un'edizione quattrocentesca senza indicazione di luogo e di anno (Catalogue ofthe Libri collection, London 1862, p. 26). Esistono due manoscritti del Viaggio, uno alla Biblioteca Marciana di Venezia (cl. VI, cod. 147) e l'altro alla Bibl. Trivulziana di Milano (cod. 598).
Il ms. alla Trivulziana è una copia miniata della prima edizione a stampa. Al fondo della prima pagina c'è uno stemma con croce d'argento a otto punte su campo rosso: si tratta dello stemma della famiglia Marinoni, per cui presumibilmente il ms. fu stilato. Il ms. alla Marciana è forse una copia del ms. del B. (ha dei particolari omessi dalle edizioni a stampa); aggiunti al fondo in mano diversa sono dei versi greci datati 1513 che I. B. Mittarelli attribuisce al B. (Bibliotheca Codicum mss. S. Michaelis Muranum, Venezia 1779 p. 185).
Il Viaggio è ora edito in S. B., Viaggioin Terrasanta (1480) con l'Itinerario di G. Capodilista (1458), a cura di A. L. Momigliano Lepschy, Milano 1966.
Fonti e Bibl.: Arch. stor. di Milano, Notarili, 7005, 8495; Potenze Estere, 579, 587; M. Sanuto, Diarii, I, Venezia 1879, pp. 675, 736; I. A. Sassi, Historia literario-typographica mediolanensis, Milano 1-145, p. CCXXXIII; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, p. 2036; G. Sangiorgio, I Lombardi viaggiatori fuor d'Europa, Milano 1882, p. 12; G. Pozzo, Catal. dei codici manoscritti della Trivulziana, Torino 1884, p. 44; G. B. di Crollalanza, Diz. storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti, I, Pisa 1886, p. 170; E. Motta, Giangiacomo Trivulzio in Terra Santa, in Arch. st. lomb., XIII (1886), pp. 866-878; F. Calvi, Bianca Maria Sforza Visconti regina dei Romani e gli ambasciatori di Ludovico il Moro, Milano 1888, p. 64 n.; L. G. Pélissier, Louis XII et Ludovic Sforza, I, Paris 1896, p. 77; M. Newett, Canon Pietro Casola's Pilgrimage to Jerusalem, Publ. of the Univ. of Manchester n. 5, Manchester 1907, pp: 9-13; M. Sander, Le livre à figures italien depuis1467 jusqu'à1530, I, Milano 1942, p. 222; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco (1450-1500), Milano 1948, ad Indicem;H. F. M. Prescott,Jerusalem Journey, London 1954, pp. 30-32; R. J. Mitchell, The Spring Journey, London 1964, pp. 17 s.; C. Santoro, Icodicimedievali della Biblioteca Trivulziana, Milano 1965, p. 64; A. L. Momigliano Lepschy, S. B.:The Language of his "Viaggio", in Italian Studies, XXI (1966), pp. 31-41.