Ambrogio, santo
Vescovo di Milano (339 ca.-397), dottore della Chiesa latina. L'esegesi dantesca è tuttora impegnata nell'identificazione del passo di Pd X 118-120 Ne l'altra piccioletta luce ride / quello avvocato de' tempi cristiani / del cui latino Augustin si provide, col quale s. Tommaso d'Aquino nel cielo del Sole spiega a D. quali siano le piante che infiorano la ghirlanda (Pd X 91-92) composta dai dodici rappresentanti della sapienza cristiana. La tradizione dei commentatori fino al Buti, influenzata forse dalla lezione templi invece di tempi (Forti), ha visto quasi sempre A. nell'avvocato dei tempi cristiani (Scartazzini). Dal Buti in poi A. ha ceduto il posto a Paolo Orosio, successivamente a Lattanzio (Fea), a Tertulliano (Iaconizzi) e finalmente a Mario Vittorino (Busnelli).
L'esercitazione erudita non potrà risolvere la ‛ vexata quaestio ' senza un'approfondita analisi filologica che chiarisca la duplice uscita del testo tempi/templi: " ... ma la prima è equivoca, potendo essere plurale anche il tempio (in rima la Commedia ha sia templo che tempio). Nelle più autorevoli edizioni del passato è sempre o quasi templi, anche per suggestione di Vat; ma tempi già nel Foscolo, più tardi nel Witte, poi nella '21 ecc., e credo sia bene non allontanarsi da questa scelta per i motivi addotti dal Moore, Contributions 457-460 (con esauriente discussione delle chiose antiche). Che tempi, cui più decisamente conduce la vulgata antica (Triv, Urb ecc.), sia probabilmente plurale di tempo, si ricava anche dal non esservi esempi, nel poema, di tempio o templo al plurale " (Petrocchi).
Più importante per la problematica dantesca, almeno come ‛ dato ' storico sicuro, è la menzione di A. in Ep XI 16, cioè nella nota lettera ai cardinali italiani adunati a Carpentras per il conclave da cui, il 7 agosto 1316, uscì eletto Giovanni XXII: " iacet Gregorius tuus in telis aranearum, iacet Ambrosius in neglectis clericorum latibulis, iacet Augustinus abiectus, Dionysius, Damascenus et Beda... ". Tra i motivi che suscitano l'aspra rampogna di D. per la triste situazione della Chiesa, c'è anche la colpevole dimenticanza dell'insegnamento degli antichi dottori: A. è abbandonato nei nascondigli, tra l'indifferenza dei chierici. Sembra difficile, tuttavia, stabilire quanto in questa affermazione il topos retorico soverchi la realtà storica. Infatti, se la teologia scolastica commentava più Pietro Lombardo che i grandi dottori ricordati da D., ciò non vuol dire che lo studio delle loro opere non influenzasse ancora vivamente la pietà e la morale cristiana o più semplicemente la cultura in cui D. era storicamente inserito; Ubertino da Casale, per fare un esempio, cita innumerevoli volte varie opere di A., nel suo Arbor vitae. La stessa esegesi allegorica di A. (" il più vicino a Dante degli uomini della cultura ch'egli frequenta ") è chiamata in causa dall'Apollonio per spiegare la " disponibilità del poeta di fronte all'allegoria ". Ma è evidente che qualsiasi proposta di accostamento tra i due presuppone uno studio volto a chiarire definitivamente il posto occupato dal grande dottore latino nella biblioteca ideale di Dante.
Bibl. - Scartazzini, Enciclopedia I 78; A. Cimmino, S. Ambrogio e D.: conferenza, Napoli 1896; ID., Ancora S. Ambrogio e D., in " Giorn. d. " XIX (1911) 131-134; P. Toynbee, Dante studies and researches, Londra 1902, 121-136 (specialmente per le parole christiana tempora ricorrenti in Paolo Orosio e in s. Agostino); G. Busnelli, L'" avvocato dei tempi cristiani ", in " La civiltà cattolica " I (1914) 513-530; L. Fassò, Il canto X del Paradiso, in Lett. dant. 1535 ss.; M. Apollonio, D., I, Milano 1964, 359-360; F. Forti, in Lect. Scaligera III 349-382; R. Morghen, Il conclave di Perugia e la lettera di D. ai cardinali italiani, in L'Umbria nella storia nella letteratura nell'arte, Bologna 1954, 103-124; ID., La lettera di D. ai cardinali italiani, in " Bull. Ist. Stor. Medio Evo " LXVIII (1956) 1-31; G. Vinay, A proposito della lettera di D. ai cardinali, in " Giorn. Stor. " CXXXV (1958) 71-80; R. Morghen, Ancora sulla lettera di D. ai cardinali, in " Bull. Ist. Stor. Medio Evo " LXX (1958) 513-519.