Santillana, Iñigo Lòpez de Mendoza, marchese di
Poeta (Carrión de los Condes, Palencia 1398 - Guadalajara 1458) tra i più insigni rappresentanti del primo umanesimo spagnolo. Fu uno dei poeti che più ammirarono e più largamente imitarono i grandi trecentisti italiani, e uno dei più devoti a Dante.
Possedeva nella sua biblioteca, oggi in parte nella biblioteca Nacional di Madrid, due codici della Commedia (il Madrileno 10186, del 1344, e il Madrileno Vitrina 23-2, anch'esso trecentesco), un codice contenente il Convivio, le quindici canzoni morali della silloge del Boccaccio e tre canzoni della Vita Nuova (Madrileno 10258), e un codice contenente la Vita di D. del Boccaccio e le quindici canzoni morali (Madrileno 10227). Fece eseguire da Enrique de Villena la traduzione castigliana della Commedia conservata nel Madrileno 10186 e si fece tradurre dal suo medico Martín Gonçales de Lucena il commento di Benvenuto al Purgatorio (Madrileno 10196); da altri fece tradurre il commento all'Inferno di Benvenuto (Madrileno 10208; la versione potrebbe essere anch'essa opera di Martín de Lucena), il commento latino di Pietro (Madrileno 10207) e la vita di D. scritta in latino da Leonardo Bruni (Madrileno 10171). D. fu uno dei poeti da lui più letti e studiati; particolarmente assidua fu la lettura che fece della Commedia, come provano le postille (edite dallo Schiff) da lui apposte nei margini del Madrileno 10186, che ci forniscono anche, a volte, una preziosa testimonianza della sua ammirazione per certi episodi e dell'impressione profonda suscitata in lui da certi passi del poema. E l'influenza dantesca appare una delle componenti essenziali del suo mondo poetico; tanto che si può affermare col Battaglia (Enc. Ital. XXX) che " Dante e le sue grandi allegorie hanno costituito per il S. la traccia più sicura della sua arte ", anche se " più che l'elemento estetico e costruttivo egli ne ha sentito il contenuto moralistico ".
Le opere del S. in cui maggiormente si avverte l'imitazione della Commedia sono l'Infierno de los enamorados e la Comedieta de Ponza. L'Infierno de los enamorados è strettamente legato ai primi canti dell'Inferno, e ne dipende per moltissimi particolari: lo smarrimento del poeta nella selva, in cui viene assalito da un fiero cinghiale; l'incontro con una guida provvidenziale (Ippolito), che conduce il poeta, per ammaestrarlo, a visitare la sede degli amanti infelici, che è un " castello spaventoso " circondato da un fiume di fuoco (ricordo della città di Dite); l'iscrizione ammonitrice e terribile posta sulla porta; la sfilata degli innamorati (tra i quali si ritrovano vari personaggi citati da D., come Paride, Didone e Semiramide); l'invito rivolto dal poeta a due di essi perché vengano a parlargli e il colloquio con uno degli amanti, ecc. Paolo e Francesca sono sostituiti da Macías e dalla dama da lui amata; ma Francesca e Paolo sono ricordati tra gl'innamorati dolenti (vv. 435-436). In molti punti sono riecheggiate espressioni dantesche, e non vi mancano inserzioni di versi di D. tradotti letteralmente o quasi letteralmente, o ricordi del Purgatorio, specialmente in varie similitudini.
Non meno evidente, nonostante la maggiore indipendenza, è l'influsso della Commedia sulla Comedieta de Ponza, ove ritroviamo il consueto schema della visione, e il Boccaccio assurto all'ufficio di consolatore ricorda insieme Virgilio e Beatrice, mentre la Fortuna è, come in D. (cfr. If VII 70-96), ministra di Dio e permutatrice dei beni mondani secondo un alto disegno provvidenziale. Anche la raffigurazione delle virtù come " sette fanciulle " proviene da D. (Pg XXIX 121 ss.); e probabilmente suggerito dall'episodio di Arnaldo Daniello (XXVI 139 ss.) è il far parlare il Boccaccio in italiano. Dalla Commedia viene certo l'idea di dividere il poema in due parti, iniziando la seconda con un'invocazione alle Muse. Lo stesso titolo dell'opera - al diminutivo, per modestia, come nel Triumphete de Amor (modellato sul Trionfo d'Amore del Petrarca) - è ispirato al poema dantesco, come esplicitamente il S. dichiara nel prologo.
Ma anche in molti altri poemi abbondano le reminiscenze della Commedia. Nella Coronación de Mossén Jordi de Sant Jordi, d'ispirazione prevalentemente boccaccesca, è suggerita da D., espressamente citato, la descrizione iniziale del sogno (vv. 13-16), e da Pg IX 1-9 viene, con espliciti riecheggiamenti verbali, la descrizione del mattino, con cui si apre il poema, mentre il prato pieno di fiori circondato da un fiume ricorda il Paradiso terrestre. Nel Sueño, pure di derivazione boccaccesca, c'è, all'inizio, una reminiscenza della foresta spessa e viva (Pg XXVIII 2); e Tiresia, che fa da guida al poeta, ricorda manifestamente Catone.
Nella Defunsión de don Enrique de Villena la prima parte del poema (con la selva oscura popolata di animali feroci, il colle, ecc.) è intessuta di ricordi dell'Inferno, e vi sono citati D. e l'Acheronte. Nel Bias contra Fortuna è ancora presente il ricordo della divina foresta del Purgatorio e, nella rappresentazione della dimora dei beati, si avverte l'eco del Paradiso, alla cui imitazione torna il S. nella Canonización de los bienaventurados sanctos maestre Vicente Ferrer predicador e maestre Pedro de Villacreces frayle menor. Qualche reminiscenza dantesca compare anche in altre opere, come nel Doctrinal de privados e in una delle Respuestas a Mena. Nel Prohemio e carta al condestable de Portugal, la più notevole delle sue opere in prosa, il S., accennando a Omero e a Virgilio, ricorda le alte lodi tributate a essi da D. e dà a D. particolare rilievo tra i poeti italiani.
Se l'opera di D. che più influì sul S. fu la Commedia, non restano in lui senza eco le Rime. Nei Sonetos fechos al itálico modo, accanto alla presenza costante dei grandi modelli petrarcheschi, si avverte a volte il ricordo dei sonetti della Vita Nuova; e l'allegoria della Visión ricalca, pur con notevoli variazioni, quella della canzone Tre donne intorno al cor mi son venute. Alle rime di D., oltre che alla Commedia, risale pure - più probabilmente che al Trionfo d'Amore - l'inclusione di D., nella schiera dei seguaci d'Amore nel Triumphete de Amor.
Il ‛ dantismo ' del S. è ampiamente messo in rilievo dai contemporanei. Jaime Ferrer de Blanes, ad esempio, giudica il S. " un grandissimo dantista "; Gomez Manrique, chiedendogli un esemplare delle sue poesie, gli dice, tra le altre lodi: " vos que enmendais las obras del Dante / E aun mas altas sabeis componer "; e Diego de Burgos, segretario del S., nel suo Triunfo del Marqués immagina che D. stesso esalti l'amore di S. per la Commedia e gli dimostri riconoscenza per la fama che gli ha procurato in Spagna.
Bibl. - M. Menéndez Y Pelayo, Antologia de poetas líricos castellanos, ora nell'ediz. nazionale delle Obras, Santander 1944, II 77-137; B. Sanvisenti, I primi influssi di D., del Petrarca e del Boccaccio sulla letteratura spagnuola, Milano 1902, 127-197; M. Schiff, La bibliothèque du Marquis de Santillane, Parigi 1905, LXXII-LXXXIV, 271-319; A. Vegue Y Goldoni, Los sonetos al itálico modo de D.-Iñigo López de Mendoza, Marqués de S., Madrid 1911; M. Casella, in " Bull. " XXI (1914) 33-35; C.R. Post, Medieval Spanish Allegory, Cambridge, Mass., 1915; R. Seronde, D. and the French Influence on the Marqués de S., in " Romanic Review " VII (1916) 194-210; A. Farinelli, D. in Spagna, Francia, Inghilterra, Germania, Torino 1922, 92-124; P. Le Gentil, La poésie lyrique espagnole et portugaise à la fin du moyen âge, Rennes 1949, 259-278; W.P. Friederich, Dante's Fame Abroad (1350-1859), Roma 1950, 28-34; J.M. Azáceta-G. De Albéniz, Italia en la poesía de S., in " Revista de Literatura " III (1953) 23-38; M. Penna, Notas sobre el endecasílabo en los sonetos del Marqués de S., in Estudios dedicados a R. Menéndez Pidal, V, Madrid 1954, 253-282; R. Lapesa, La obra literaria del Marqués de S., ibid. 1957, passim; ID., El endecasílabo en los sonetos de S., in " Romance Philology " X (1957) 180-185; E.S. Webber, Santillana's Dantesque Comedy, in " Bulletin of Hispanic Studies " XXXIV (1957) 37-40. Sui codici danteschi posseduti dal S. cfr. anche il volumetto Exposición de la biblioteca de los Mendoza del Infantado en el siglo XV, Madrid 1958 (nn. 6, 16, 17, 57, 58) e la rassegna di M. Morreale, Apuntes bibliográficos para el estudio del tema " D. en España hasta el s. XVII ", in " Annali Corso di Lingue e Letterature Straniere Università Bari " VIII (1966) 101-104.