GUCCI, Santi
Nacque a Firenze intorno al 1530 da Giovanni di Niccolò, detto Giovanni della Camilla, e da Marietta di Santi Birbi di San Gervasio, sposata in seconde nozze (Milanesi; Sokołowski). Svolse il suo apprendistato nella bottega del padre, scultore attivo all'Opera del duomo, e, forse con il fratellastro Francesco Camilliani, presso Baccio Bandinelli. La prima e unica notizia della sua attività fiorentina è relativa a due statue di grandezza naturale, di cui una raffigurante Venere, eseguite, appena diciassettenne, su un modello a scala ridotta (Bartoli).
Subito dopo il 1550, insieme con i genitori e il fratello Pietro, anch'egli scultore e architetto, il G. si trasferì in Polonia, forse richiamato dalla presenza di Alessandro e Matteo suoi parenti, avviandosi a una brillante carriera come artista di corte.
Come altri scultori e architetti italiani attivi in Polonia nel XVI secolo, a cominciare da Bartolomeo Berrecci, il G. fu anche e, probabilmente soprattutto, un imprenditore. L'artista, infatti, fondò diverse botteghe con numerosi collaboratori e discepoli. Fu proprio a questi che il maestro affidò l'esecuzione di molte opere, riservando per sé l'ideazione e il compito di coordinare il lavoro dei singoli.
Stabilitosi inizialmente a Cracovia, risiedette in seguito in diverse città tra cui Pinczów e Janowiec sulla Vistola, dove conobbe e sposò Katarzyna Górska, proveniente da una famiglia borghese del posto, dalla quale ebbe due figlie, Marta e Anna (Fischinger).
Una prima notizia dell'attività del G. in Polonia è contenuta in una rubrica nella quale, tra le spese sostenute dal Comune di Cracovia, è annotata la somma di 40 centesimi pagata il 7 giugno 1557 a "Sancto Italo lapicidae" per l'esecuzione di un modello di mascherone in creta (Piekosiński). L'opera, andata perduta, sarebbe da mettere in relazione ai lavori di ricostruzione del mercato dei tessuti. La partecipazione del G. a una così importante impresa edilizia testimonierebbe, a quest'epoca, una raggiunta fortuna professionale. È probabile che a questa data già figurasse come artista al servizio dei sovrani. Nel 1558 lo era di sicuro, come attesta una nota di pagamento in suo favore; e lo sarebbe rimasto ufficialmente fino al 1586, anno della morte del re Stefano I Báthory. Nel 1558 il re Sigismondo II Augusto gli assicurò il serwitoriat, il privilegio della dipendenza diretta dal re piuttosto che dall'autorità cittadina, con esonero dai tributi comunali.
Tale riconoscimento potrebbe essergli stato concesso come premio per alcuni lavori svolti nel castello reale di Vilna (Kieszkowski). Tra il 1565 e il 1585 curò il primo grande ampliamento del castello costruito nel 1537 da Piotr Firlej nel piccolo villaggio di Janowiec. Al G. è stata attribuita l'ala sud con l'elegante galleria ad arcate, di cui sopravvive qualche colonna con relativi capitelli (Fischinger). Nel 1568 riceveva 30 fiorini per l'esecuzione e il trasporto di tre portali in pietra destinati al castello reale di Niepołomice, presso Cracovia, ampliato da Sigismondo Augusto tra il 1550 e il 1571.
In questo periodo l'artista visse a Pińczów, dove acquistò una casa e quasi certamente aprì una bottega di scultore. Tre anni dopo soggiornava a Janowiec, probabilmente per mantenere fede agli impegni presi con Andrzej Firlej, castellano di Lublino.
Negli anni 1574-75 il G. scolpiva i monumenti funerari del re Sigismondo Augusto, ultimo sovrano della famiglia regnante degli Iagelloni, e di Anna sua sorella, cui si dovette questa commissione, nata con l'intento di onorare la memoria della dinastia lituana che aveva regnato in Polonia per quasi due secoli (Kowalczyk, 1987).
L'incarico era stato preceduto da un'analoga iniziativa: nel 1571, sul finire dei suoi anni, Sigismondo Augusto aveva infatti affidato all'anziano scultore Giovanni Maria Mosca, detto il Padovano la realizzazione di una tomba per sé da aggiungere a quella del padre, Sigismondo I il Vecchio, nella sontuosa cappella reale della cattedrale di Wawel a Cracovia. Tuttavia, anche per la scomparsa, di lì a poco, dello stesso Padovano, il lavoro non fu mai eseguito. Nel 1575 il G. ultimò le due sculture ma solo quella di Sigismondo fu posta in situ. Il sacello della principessa fu accantonato a causa delle obiezioni di natura tecnica e di principio sollevate dal burgravio del castello di Wawel, Jost Ludwik Decjusz. Il 29 aprile il monumento funerario fu montato nella cappella. La figura di Sigismondo Augusto fu scolpita riprendendo diversi tratti ed elementi di quella del padre: il materiale anzitutto, il marmo rosso d'Ungheria, e anche le linee compositive generali, adattate al nuovo quadro architettonico e decorativo.
Nel 1583 il G. avrebbe ricevuto da Anna, salita al trono nel 1576 insieme con il marito Stefano Báthory, l'incarico di portare a termine l'impresa (ibid.). Pur essendo terminata già nel 1584, l'opera fu montata solo nel 1592, in occasione dei lavori di restauro della cappella voluti dalla stessa regina.
Sotto il regno di Stefano Báthory (1576-86), la fortuna professionale del G. aumentò sensibilmente, così come l'influenza da lui esercitata su tutta la produzione artistica dell'ultimo ventennio del XVI secolo. Intorno al 1580 fu nominato "murator arcis Rigensis" e ricevette dai sovrani ben 150 fiorini per alcuni lavori non meglio precisati (Fischinger, p. 142). Il palazzo per il re Stefano I Báthory, realizzato subito dopo il 1580 a Grodno, nel Granducato di Lituania (ora Bielorussia), fu sicuramente tra le prove più impegnative che il G. fu chiamato a fornire, come architetto, nel corso della sua carriera. Del palazzo attualmente non resta che il piano terra e alcuni frammenti di decorazione scultorea.
L'8 luglio 1585, a Niepołomice, firmava il contratto per la costruzione del castello reale di Łobzów, piccolo borgo immediatamente a ridosso di Cracovia facente parte, attualmente, della prima periferia urbana. Destinata a residenza estiva, è la sola opera architettonica la cui attribuzione al G. abbia trovato conferma in un atto ufficiale. Indicato nel contratto d'appalto come fornitore di manodopera e in parte di materiali, ricevette per tale impresa, che lo impegnò fino al 1587, un compenso di 6500 zloty (Kieszkowski). Della costruzione originaria non resta alcuna traccia, essendo stata inglobata, nel 1850, in una caserma austriaca.
Nel 1591 soggiornò prima a Varsavia e, in un secondo momento, a Ksią¶ Wielki, dove intraprese alcuni lavori per i coniugi Myszkowski, ricompensandoli così dell'attenzione e delle cure che avevano avuto per lui durante una malattia. Tra di essi la costruzione del castello (Mirów), in parte trasformato nei secoli XVIII e XIX. Il palazzo e l'annesso giardino all'italiana occupavano una bassa piattaforma quadrata collegata, a una quota inferiore, con una vasta corte d'accesso cinta da mura. Il fronte principale dell'edificio era preceduto da un breve spazio fiancheggiato da due padiglioni adibiti, rispettivamente, a cappella e a biblioteca, rafforzanti l'assialità della composizione.
Durante il soggiorno a Janowiec nel 1587, il G. eseguì nella chiesa parrocchiale della città la tomba di Andrzej Firlej e di sua moglie Barbara Szrenska.
Tra il 1591 e il 1595, G. avrebbe diretto i lavori di ristrutturazione e ampliamento del castello di Pińczów, di proprietà di Zygmunt Myszkowski, gran maresciallo della Corona.
In questo stesso periodo, secondo un'ipotesi ampiamente accettata dalla critica, il G. avrebbe elaborato il progetto d'ampliamento del castello della famiglia Leszczyński a Baranów sulla Vistola, nei pressi di Sandomierz, avvalendosi quasi sicuramente dei suoi collaboratori, prevalentemente gli artisti e gli artigiani attivi nelle botteghe di Pińczów e di Janowiec.
Il 5 maggio 1594 la regina vedova Anna Iagellona allogava al G. l'incarico di trasformare la cappella gotica di S. Maria, nella cattedrale di Wawel, in un mausoleo per il re Stefano I Báthory, morto nel 1586 e sepolto nella stessa cattedrale nel maggio del 1588.
Il contratto fu redatto con cura, inserendo descrizioni meticolose non solo della forma e della composizione dell'opera, ma anche degli effetti cromatici che si volevano ottenere con l'uso della pietra bianca e del marmo rosso d'Ungheria. La tomba, unica opera firmata dall'artista ("Santi Guci Florentinus"), fu completata nell'estate del 1595. In occasione dei lavori di rifacimento della cappella, realizzati nel 1648, diverse opere eseguite nel biennio 1594-95, furono purtroppo distrutte. Tra le poche parti superstiti si segnalano un elemento di sostegno dell'antico coro, la tomba e gli stalli reali. La tomba è del tipo a parete e si basa, nelle sue linee generali, sul modello dell'arco di trionfo romano dal quale, in certo modo, si discosta introducendo un coronamento tradizionale, affermatosi a Cracovia nell'ultimo ventennio del XVI secolo. Il monumento si compone di un alto zoccolo sostenente un'ampia arcata centrale separata dalle nicchie laterali, contenenti le statue allegoriche della Prudenza e del Coraggio, da una coppia di colonne legate da un arco a pieno centro racchiudente un timpano con cartigli araldici. Fulcro della composizione è la lastra di bronzo con la figura del re, scolpita a rilievo: la posizione sdraiata, la scarsa somiglianza alla persona del sovrano e l'evidente libertà nella rappresentazione dei suoi paramenti richiamano alcune costanti dello stile del Gucci.
Diversi progetti di monumenti funerari eseguiti, nel primo decennio del Seicento, dalle rinomate botteghe di Pińczów e Cracovia, sarebbero stati elaborati dal G. negli ultimi anni della sua vita (Fischinger). Si tratta della cappella di S. Anna (1600-07), nella chiesa parrocchiale di Pińczów, della cappella funeraria della famiglia Myszkowski (1602-14) nella chiesa dei domenicani a Cracovia, entrambe fondate da Zygmunt Myszkowski e, sempre a Cracovia, della tomba della famiglia italiana dei Montelupi (dopo il 1600), nella chiesa della Vergine (Fischinger, p. 172).
Trasferitosi, dopo il 1596, a Ksią¶ Wielki, il 10 ott. 1599 vendeva a un certo Wojciech Pikturski la casa con giardino di Pińczów, di sua proprietà. Facendo riferimento a questa, che è l'ultima notizia sull'attività dell'artista, e a un atto sottoscritto il 3 febbr. 1600, in cui si indica Katarzyna come "moglie del defunto Santi Gucci" (Tomkowicz, Addenda…), si desume che l'artista morì alla fine del 1599 o al massimo all'inizio dell'anno successivo.
Alessandro (Aleksander), costruttore attivo in Polonia nella seconda metà del XVI secolo, proveniva da una famiglia di origine fiorentina arricchitasi con gli appalti delle miniere di sale nella Russia Bianca. Per lungo periodo si è ritenuto, senza alcun fondamento, che fosse padre del Gucci. Si suppone che fosse fratello di Matteo, scalpellino presso la corte reale a Cracovia morto prima del 1550, e del meno noto Francesco. Tra il 1556 e il 1563 eseguì, prima da solo poi in collaborazione con Tomasz de Robore, diversi lavori di una certa importanza tra cui la costruzione di alcune abitazioni signorili, diversi interventi nel castello di Wawel e il restauro della chiesa gotica di S. Caterina a Kazimierz presso Cracovia. Nel 1562 "Aleksander Guczy, murator Italus de Florentia" otteneva a Cracovia il diritto di cittadinanza (Fornier). Morì nel 1572.
Con il nome di Matteo (Mateusz, Mathiae, Mathis, Matheus, Mathias) le fonti archivistiche sembrerebbero indicare due diverse persone, uno scalpellino e un architetto, attivi a Cracovia rispettivamente nella prima e nella seconda metà del XVI secolo.
Del primo Matteo si ha notizia nei registri dei pagamenti in favore dei magistri impegnati nella costruzione del castello di Wawel: un certo "Mathiae" è, infatti, menzionato più volte, tra il 1524 e il 1527, come "lapicida" (Chmiel, pp. 32 s., 74 s.). Nel 1548 "Matheo italo et lapicida regio" curava nello stesso castello la sistemazione di diversi ambienti (ibid., p. 401). A partire da questa data non è registrato alcun mandato di pagamento in suo favore. Da segnalare, infine, un atto registrato a Cracovia nel 1550, con cui Alessandro e Francesco Gucci si impegnavano a occuparsi dei beni del defunto fratello Matteo. L'assenza, tuttavia, di qualsiasi riferimento alla professione di quest'ultimo, impedisce di identificarlo con certezza con lo scalpellino di Wawel.
Le testimonianze sulla vita e l'opera del Matteo architetto, di origine fiorentina, sono altrettanto scarne. Menzionato, a partire dal 1537, come "murator" nel Liber iuris civilis della città di Cracovia e nel 1545 come assessore, "Mathias Guczy Italus" otteneva nel 1559 il diritto di cittadinanza (Fournier). Undici anni più tardi, ultimava la ricostruzione dell'antica sinagoga di Kazimierz, devastata da un incendio nel 1557. Non si conoscono né il luogo né la data della sua morte.
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