DE SANCTIS, Sante
Nacque a Parrano (prov. di Terni) il 7 febbr. 1862 da Sante e da Amalia Bologna.
Laureatosi in medicina e chirurgia all'università di Roma nel 1886 con una tesi in neuropatologia, sulle afasie, cominciò subito a esercitare come medico condotto in provincia, a Orvieto e Ficulle, ove rimase sino al 1891. Nei 1892 frequentò il laboratorio di anatomia patologica di G. Mingazzini nel manicornio di S. Maria della Pietà a Roma, occupandosi soprattutto dell'anatomia normale e patologica del sistema nervoso centrale e assistendo alle autopsie dei ricoverati deceduti. Nel 1892 venne nominato aiuto presso la clinica psichiatrica dell'università di Roma, e tale titolo gli fu confermato in seguito sino al 1899; in questo periodo alla direzione della clinica si succedettero A. Solivetti, C. Bonfigli ed E. Sciamanna e, principalmente sotto la guida di quest'ultimo, il D. approfondì la ricerca psicopatologica, frequentando al contempo l'istituto di fisiologia di L. Luciani, dove erano in corso ricerche sul sistema nervoso, e l'istituto di antropologia di G. Sergi. Quest'ultimo esercitò una notevole influenza sulla sua formazione, avviandolo alla psicologia fisiologica e interessandolo alla morfologia dei tipi umani e all'etnografia. Negli anni 1893-94 e 1894-95 tenne, per delega di C. Bonfigli, un corso di psicopatologia generale e semeiotica pratica. Nel 1893 si recò a Zurigo, dove studiò con A. Forel i fenomeni ipnotici; inoltre, per perfezionarsi negli studi psichiatrici, fu a Parigi, alla Salpétrière, dove frequentò in particolare i reparti di J. Falret e J. Séglas e conobbe P. Marie, come egli stesso riferisce nell'Autobiografia.
Nei primi anni di attività scientifica si occupò principalmente di anatomia del sistema nervoso, pubblicando vari articoli, tra cui: Contributo alla conoscenza del corpo mammillare nell'uomo, in Ric. fatte nel Labor. di anatomia norm. d. R. Univ. di Roma, IV (1894), pp. 125-35; Ricerche anatomiche sul "Nucleus funiculi teretis", in Riv. sper. di freniatria e med. leg. d. alienazioni ment., XXI (1896), pp. 547-79; L'idromicrocefalia, in Annali di nevrologia, XXIII (1900), pp. 265-84, 361-99; Ricerche intorno alla mielinizzazione del cervelletto nell'uomo, in Ric. ... Lab. di anat. norm. ... Roma, IX (1903), pp. 345-73, lavoro questo che dette un valido contributo alla conoscenza delle commissure cerebellari.
Venuto a conoscenza dei primi esperimenti di psicologia fisiologica, da poco resi noti da W. Wundt (di cui spesso si dichiarò allievo lontano) e dalla sua scuola, il D. imparò, praticamente da solo, a escogitare, applicare e valutare nei risultati la tecnica sperimentale, dimostrandosi sin dall'inizio uno strenuo difensore della psicologia, in anni in cui questa disciplina incontrava, soprattutto nel mondo accademico, ostilità e incomprensione.
Nei primi tempi il D. seguì la teoria associazionistica, spostandosi poi verso un'analisi funzionalistica e dinamica della vita psichica. I suoi primi contributi psicologici riguardarono l'attenzione (da ricordare le Ricerche perioptometriche sui degenerati, in Ann. difreniatria e scienze aff., III [1891-93], pp. 331-76, impostate sulla scia delle concezioni lombrosiane, secondo le quali il reperto perioptometrico nei cosidetti "degenerati" dimostrava un'eccessiva variabilità, sintomo che la scuola di Lombroso riconobbe per nuovo e confermò) e i fenomeni di contrasto, concetto parzialmente avvicinabile a quello freudiano di ambivalenza: nei vari studi che dal 1895 al 1903 dedicò a questo argomento, il D. descrisse un fenomeno che chiamò paraprosessia, consistente nell'inibizione di un movimento quando in esso vien concentrata troppa attenzione, che venne in seguito studiato, e parzialmente confermato, da E. Kraepelin, A. Pick e H. Lieprnann. Si occupò inoltre dei sogni e del sonno, in particolare in I sogni e il sonnonell'isterismo e nella epilessia, Roma 1895, citato da S. Freud (Traumdeutung, Wien 1900, cap. I, paragr. H) a sostegno dell'ipotesi dell'esistenza di nessi clinici ed eziologici tra sogni e psicosi, e in Isogni. Studi clinici e psicologici di un alienista, Torino 1899, opera che non precedette, come da più parti si è detto, la pubblicazione della Traumdeutung (datata 1900, ma uscita l'anno precedente), e sulla quale pesa il duro e fondato giudizio di Freud: "Sono stato purtroppo costretto a constatare che il diligente lavoro [del D.] era straordinariamente povero di idee, povero al punto da non far nemmeno intuire la possibilità dei problemi da me trattati" (postscriptum del 1909 al I cap. della Traumdeutung); I sogni fu tradotto in tedesco (Die Träume, Halle 1901), come pure, più tardi, La mimica del pensiero, Palermo 1904 (Die Mimik des Denkens, Halle 1906), in cui il D. stabiliva una netta distinzione tra la mimica connessa con la comunicazione linguistica e la mimica del pensiero, ritenendo che questo avesse un'espressione specifica, differente da quella dell'emozione, concentrata nella zona oculare.
Nell'Autobiografia (in Contrib. psicol. dell'Ist. di psicol. dell'Univ. di Roma, VII [1940], pp. 5-33) il D. dichiarò: "Credo che trassi un forte aiuto per raffinare la mia consapevolezza oltre che dagli studi psicologici anche dalle mie conoscenze psicoanalitiche, dalla lettura delle opere di S. Freud e dalla conoscenza personale del Freud stesso (che avvenne de visu soltanto nel 1906, ma che per corrispondenza risaliva al 1900, all'epoca, cioè, della comparsa della sua opera: Die Traumdeutung)" (p. 16).
"L'influenza freudiana mi è chiara nella pratica di ogni giorno e nello studio dei minorenni criminali. Dichiaro con piacere che da S. Freud imparai a completare le mie conoscenze sull'anima infantile, sugli individui nervosi e sull'interpsicologia famigliare. Il Freud ebbe grande influenza su di me, ma non tanto per ciò che riguarda la psicoanalisi come apportatrice di chiarezza nella storia della religione, del linguaggio, del costume, quanto per lo straordinario apporto alla conoscenza dell'animo umano, che formò il fine principale dei miei studi nell'ultimo decennio. Cosicché, posso dire che debbo a S. Freud quel poco di penetrazione delle anime inferme al di là della comune semeiotica mentale, che ha poi confermato il mio entusiasmo per la psicopatologia" (ibid., p. 26).
In realtà la prospettiva psicoanalitica restò sostanzialmente estranea al pensiero del D., anche se egli si sforzò talora di recarle dei contributi originali (propose, ad e s., il complesso di Caino, ma ammise in seguito che esso era riducibile a quello adleriano di inferiorità) e ne favori la diffusione in Italia, appoggiando anche, quando era già un'autorità in campo scientifico, l'attività del piccolo gruppo di psicoanalisti italiani (V. Benussi, E. Weiss, G. Levi-Bianchini) che nel 1932 sfociò nella costituzione della Società psicoanalitica italiana.
Abilitato per titoli alla privata docenza in clinica psichiatrica nel 1896, l'anno seguente ebbe la nomina al posto di medico ordinario del manicomio interprovinciale Vittorio Emanuele II a Nocera Inferiore. Nel 1898 promosse a Roma la fondazione dell'Associazione romana per la cura medico-pedagogica dei fanciulli anormali; nel 1899, quasi contemporaneamente alla Scuola normale ortofrenica di Roma diretta da M. Montessori, si aprì in via Tasso il primo asilo-scuola, sostenuto per i primi anni esclusivamente dall'associazione. Subito dopo fu aperto, sempre a Roma, il primo ambulatorio per le malattie nervose e mentali dell'infanzia. Nel 1899 il D. cominciò a frequentare il laboratorio di anatomia patologica dell'università di Roma, compiendovi lavori anatomici sotto la guida di E. Marchiafava.
Nel 1901 il Consiglio superiore della Pubblica Istruzione (relatore il senatore C. Cantoni) respinse la sua domanda di conferimento della libera docenza in psicologia sperimentale, che solo in seguito ai voti espressi in seno al congresso della Società freniatrica italiana - auspici L. Bianchi ed E. Morselli - gli fu poi concessa nel dicembre dello stesso anno. Egli fu così abilitato alla privata docenza di psicologia presso la facoltà di filosofia dell'università di Roma, e nel 1902 L. Luciani volle che assumesse nel suo istituto l'incarico dell'insegnamento della psicologia fisiologica, che sino ad allora mai era stato impartito nell'università italiana.
Tra i contributi originali della prima produzione neuropsichiatrica del D. si segnalano: Sopra un caso di necrosi totale delle unghie in ambedue le mani (in LoSperimentatore, LX[1887], pp. 31-34), descrizione di un singolare fenomeno verificatosi in seguito ad attacchi epilettici, che suscitò l'interesse di Th. Meynert; Nuove ricerche e nuove considerazioni sul campo visivo dei pazzi morali (in Riv. sper. di freniatria, XX [1894], 2, pp. 397-424) in cui descrisse un sintomo di esauribilità retinica, il tipo a spirale, noto come "fenomeno di De Sanctis-Fórster"; due ricerche sulle connessioni tra taluni disturbi neuropsichiatrici e la musica, Ossessioni e impulsi musicali (in Policlinico, III [1890], pp. 62-77), ed Equivalenti musicali di attacchi epilettici. Attacchi di canto (in Riv. quind. di psicol., I [1897], pp. 91-96).
Nel 1904 pubblicò a Milano, in collaborazione con E. Morselli, Biografia di un bandito. G. Musolino di fronte alla psichiatria e alla sociologia, lavoro che doveva suscitare le aspre critiche di G. Sergi (Le illusioni degli psicologi, in Rivista d'Italia, II [1904], pp. 703-16) in quanto gli autori si allontanavano dal suo insegnamento di stampo materialistico e deterministico. In questo lavoro si delineava già la concezione del D., opposta a quella freudiana e più affine a quella di W. Wundt, secondo la quale "il cosciente domina il subcosciente, lo precisa, lo limita", essendo quindi l'azione volitiva sempre chiaramente cosciente.
In seguito alla legge Giolitti sui manicomi e sugli alienati, emanata il 14 febbr. 1904, che attribuiva un ruolo ufficiale alla psichiatria come attività pubblica, fissava norme valide per tutto il territorio nazionale e istituiva al contempo commissioni di vigilanza, il D. fu nominato dal ministro dell'Interno, come medico alienista, componente della Commissione di vigilanza per i manicomi pubblici e privati della provincia di Siena, carica in cui fu poi confermato sino al 1907.
Nell'anno accademico 1904-05 supp. nell'insegnamento di clinica psichiatrica e nella direzione dell'istituto psichiatrico, E. Sciamanna e, alla morte di questo, fu confermato "con encomio" nell'incarico della supplenza sino a che la cattedra non fu assegnata ad A. Tamburini. Nel 1905 organizzò a Roma il V congresso internazionale di psicologia, il cui successo stimolò il ministro della Pubblica Istruzione L. Bianchi a far bandire i concorsi per le prime tre cattedre di psicologia nella storia dell'università italiana, assegnate l'anno successivo a F. Kiesov, C. Colucci e allo stesso D. che, per accettare la nomina a professore di psicologia sperimentale presso la facoltà di medicina di Roma, rifiutò gli inviti rivoltigli dalle università di Sassari (1905) e Messina (1906) di dirigere la cattedra di clinica delle malattie nervose e mentali.
L'istituto di psicologia fu dotato, all'inizio, di scarsissimi mezzi e non ebbe, sino al 1910, una sede autonoma, venendo ospitato prima da G. Sergi, poi da L. Luciani e infine da A. Tamburini. Il D. lo diresse per ventitré anni (con una breve parentesi di un anno, 1929, in cui fu direttore della clinica psichiatrica) fino a quando, essendogli stata offerta la direzione della clinica neuropsichiatrica alla morte del Mingazzini, la accettò a patto che non venisse soppressa la cattedra di psicologia sperimentale, che venne messa a concorso e passò a M. Ponzo. Durante questi anni si adoperò in ogni modo per lo sviluppo e la diffusione della psicologia, tanto da esserne ricordato come uno dei pionieri in Italia. Nel 1910, alla costituzione della Società italiana di psicologia, ne divenne presidente, carica che ricoprì sino alla morte, quando gli successe C. Colucci. Fu anche condirettore, dopo la morte di G. C. Ferrari (1932), della Rivista di psicologia.
Nell'ambito della sua produzione di psicologia generale è da ricordare la relazione Fenomeni psichici e sistema nervoso al II congresso della Società italiana di psicologia a Roma nel 1912.
In essa si illudeva di ricomporre la scissione tra parallelismo dualistico e monismo, elaborando la teoria del proporzionalismo psicofisico, che da un lato ricadeva nel parallelismo e dall'altro si riallacciava alla teoria dell'armonia prestabilita, affermando l'esistenza di un rapporto di proporzione (intesa come una sorta di consonanza) tra sistema nervoso e attività psichica, in quanto in essi il D. notava variazioni comparabili dal punto di vista genetico, topografico, dinamico e patologico. Sviluppò questo pensiero più tardi (Su una legge psicologica, in Arch. ital. di psicol., V[1926], pp. 1-14), elaborando la legge del ciclo, secondo la quale un principio ciclico si trova a fondamento dell'attività nervosa e psichica: l'effetto si ricollega sempre con le sue cause modificandole e trasformandosi a sua volta in causa agente; la percezione risveglia l'attività cosciente nella corteccia cerebrale, la quale a sua volta risveglia riflessi bulbari e talamici che ritornano a stimolare la coscienza facendo così sorgere lo stato emozionale completo. Concezioni, queste, che per la genericità, l'approssimazione e la mancanza di seria dimostrazione scientifica non sfuggirono alla critica.
Il Trattato di psicologia sperimentale in due volumi (Psicologia generale, Roma 1929, Psicologia applicata, ibid. 1930), che usciva a quasi 60 anni di distanza dai Principi di psicologia del Sergi (Messina 1874) raccoglieva e sistematizzava i recenti sviluppi della psicologia, puntando a delinearla chiaramente come scienza (sottolineando anzitutto l'aspetto empirico della ricerca psicologica) e valorizzando al massimo il contributo degli studiosi italiani.
Nel primo volume il D. ribadì il concetto più volte esposto di energia psichica indifferenziata, parzialmente assimilabile alla libido junghiana; egli riconobbe sempre che i concetti di forza ed energia psichica rappresentavano delle spiegazioni-limite, ma li ritenne comunque indispensabili per spiegare fenomeni come le "esperienze psichiche senza contenuto" che egli affermava di avere osservato nel corso di esperimenti sul sonno. Pur rendendosi conto della limitatezza insita in spiegazioni psicologiche di questo genere e riconoscendo che esse lasciavano un "residuo" insoluto, sostenne l'opportunità del ritrarsi dello "scienziato pratico" dinanzi alle questioni metafisiche, ritenendo che prima di incappare in queste ultime ci fossero una serie di campi, invasi dalla suggestione, dalla filosofia e dalla religione, nei quali la psicologia poteva procurare certezze. Attribuì a quest'ultima un fine eminentemente pratico e, in ultima analisi, etico, ritenendo che dovesse tendere al "perfezionamento dei mezzi per la conoscenza degli uomini e degli aggregati umani". Sostenne sempre, contro F. De Sarlo, la necessità di liberare la psicologia da ogni ipoteca filosofica e metafisica, e, dissociandosi sia dall'indirizzo organicistico di Lombroso (la cui influenza è evidente negli scritti di criminologia) sia dal fisiologismo di Sergi, ritenne che la psicologia si dovesse fondare indubbiamente su basi biologiche e naturalistiche ma che andasse sottolineata l'indipendenza della dinamica psichica dalle basi fisiologiche e l'accessibilità ai contenuti della coscienza tramite: tecniche sperimentali, allineandosi, con queste concezioni, al pensiero wundtiano.
Tra i campi di applicazione della psicologia che lo interessarono maggiormente vanno ricordati la criminologia, il lavoro e la religione; i risultati del lavoro pluridecennale su tali argomenti sono in massima parte riportati nel secondo volume del Trattato di psicologia sperimentale.
Per quanto riguarda la criminologia, oltre ai due saggi contenuti nel Trattato, in cui il D. analizzò metodi e problemi della psicologia giudiziaria, i personaggi che vi sono implicati, le complesse questioni della psicologia della testimonianza, la dinamica dell'azione criminosa e il problema dell'imputabilità del reo, va ricordato il Trattato di psichiatria forense (finito di pubblicare nel 1920, a Milano), in collaborazione con S. Ottolenghi, di cui il D. redasse la parte I (L'esame dell'alienato e criminale, 1909) e la sez. I della parte II (Gli alienati, 1909). Egli cercò di dimostrare la presenza della componente biologica e caratterologica nei delinquenti, propendendo però nello stesso tempo per un passaggio dal concetto di istinto a quello di tendenza e sostenendo fermamente la possibilità della redimibilità del criminale attraverso la psicoterapia o "cura morale"; cercò inoltre di precisare i rapporti tra delitto e debolezza mentale e di utilizzare il contenuto manifesto dei sogni come "reattivo della criminalità latente del sognatore". Contro la concezione materialistica, affermò anche in questo campo la responsabilità dell'agire umano, in ciò apprezzato moltissimo da A. Gemelli.
Il D. collaborò alla riforma del codice penale e, con Ottolenghi, all'organizzazione della polizia scientifica. Con Ottolenghi e M. D'Amelio fu copresidente, dal 1933, della Società italiana di antropologia criminale. Fu anche il primo insegnante in Italia di psicologia giudiziaria e criminale, con i corsi tenuti per più di vent'anni nella Scuola di applicazione giuridico criminale fondata da E. Ferri, e poi nell'università di Roma (corso di perfezionamento di diritto penale).
Il lavoro fu argomento a lui carissimo particolarmente dal 1911 al 1930. Iniziò con i suoi allievi le prime ricerche sul lavoro mentale verso il 1909, servendosi del metodo delle addizioni di Kraepelin, leggermente modificato, e di un metodo originale consistente nel completamento a memoria di parole mutilate della sillaba finale, più vicino del primo alla realtà comune del lavoro mentale e, avendo la precauzione di tralasciare vocaboli dalla forte risonanza emotiva, altrettanto omogeneo (Su un nuovo procedimento per lo studio del lavoro mentale, in Riv. di psicol. appl., VII [1911], 3, pp. 213-27). Nel 1911 il metodo fu perfezionato con l'aggiunta della lettura semplice delle parole e quindi con un confronto delle due curve, e sottrazione di una dall'altra, da cui si ricavava la curva del "lavoro mentale epurato" dal lavoro fisico, curva che tendeva ad avvicinarsi all'ascissa indicando che, con il progredire dell'apprendimento e lo svilupparsi dell'automatismo, lo sforzo mentale, a parità di sforzo fisico, si attenua. Il concetto di lavoro del D. che emergeva da tali ricerche era, quindi, quello di operazione psicofisica, in cui coesistono sempre sforzo mentale e muscolare. Il D. si occupò anche di orientamento professionale e ricerca delle attitudini (Psicologia della vocazione, in Riv. di psicol., XV [1919], pp. 30-69), anche con metodi originali tra cui il "suggestimetro", e del lavoro dei ritardati mentali, di cui riteneva andasse presa maggiormente in considerazione la possibile produttività (Illavoro e gli anormali, in Infanzia anorm., XII (1919), pp. 29-54; Sul valore economico dei fanciulli e giovani anormali, in collab. con E. Wohinz, in Atti della III Confer. internaz. di psicotecnica applic. all'orient. profess., Milano 1922).
Le applicazioni della psicologia alla religione lo occuparono principalmente tra il 1921 e il 1928 (La conversione religiosa, Bologna 1924 e Londra 1927, che Freud definì in Ein religiöses Erlebnis, 1928, "un'opera pregevolissima nella quale, fra l'altro, vengono utilizzate tutte le scoperte della psicoanalisi"); precedentemente, per il tramite della regina Margherita che aveva informato del suo interesse per la psicologia religiosa A. Fogazzaro, era entrato in relazione con quest'ultimo.
Nel 1922 il D. fu l'unico straniero chiamato a collaborare con una monografia sui sogni al Handbuch der vergleichenden Psychologie di G. Kafka (München 1922, III, pp. 231-329).Già (1924) delegato regionale per il Lazio, nel 1930 fu nominato presidente della Lega italiana di igiene e profilassi mentale, sulla cui problematica aveva contribuito fin dal 1910 (Patologia e profilassi mentale, Milano) a risvegliare l'attenzione.
Nel congresso della Lega italiana per l'igiene e profilassi mentale (Roma 1933), in cui vennero tra l'altro discusse le disposizioni di legge che miravano in alcuni paesi a limitare le nascite nelle famiglie ritenute portatrici di tara ereditaria neuropsicopatica, assunse posizione di vigorosa opposizione a quel tipo di eugenica "catastrofica", pur proponendo lo studio dell'ereditarietà e delle predisposizioni e la vigilanza sulla qualità delle nascite da parte della Direzione di sanità dello Stato.
Assunta nel 1930 la direzione della clinica delle malattie nervose e mentali di Roma (Mingazzini nel 1919 aveva fuso in essa gli istituti di psichiatria e neurologia), lasciò la sua impronta, nei pochi anni della sua direzione, attraverso la creazione di un reparto di neuropsichiatria infantile, munito di due laboratori, morfologico e psicofisiologico, per lo studio della costituzione e per la determinazione del grado di sviluppo o deficienza mentale. Aggiunse inoltre un laboratorio biologico e uno di psicopatologia sperimentale. La produzione psichiatrica del D., che si affiancò per tutta la vita a quella psicologica, consta di numerosissime pubblicazioni e riguarda essenzialmente l'infantilismo, con vari articoli, particolarmente dal 1901 al 1912, il mongolismo (Ilmongolismo, in Riv. di patol. nerv. e ment., XII [1907], pp. 481-503), la nevrastenia, l'isterismo e l'epilessia, trattate ripetutamente. Particolarmente apprezzata fu la sua monografia sulle nevrosi nel Trattato italiano di medicina interna, a cura dell'Istituto biochimico italiano, Milano 1931. Il problema della frenastenia fu trattato dal D. dal punto di vista anatomopatologico, clinico, psicopedagogico e assistenziale; da ricordare le conferenze tenute al Seminario psicopedagogico, fondato con L. Credaro nel 1907 e soppresso nel 1916, la costruzione dei Reattivi per la misura dell'insufficienza mentale (Roma 1910), affini a quelli di Binet e Simon ma con attenzione concentrata sui livelli più bassi della scala, e soprattutto il libro L'educazione dei deficienti, Milano 1915.
Il D. riteneva che andassero distinti innanzitutto i "veri" dai "falsi anormali", le difficoltà dei quali si possono far risalire a cause morbose comuni o all'influenza negativa di fattori ambientali e alla cui educazione si sarebbe dovuto provvedere con le classi differenziali. Nel primo gruppo si sarebbero dovuti invece comprendere da un lato gli anormali sensoriali e dall'altro quelli psichici, da differenziare ulteriormente in frenastenici minori (deboli di mente, instabili di carattere, ossia gli attuali caratteriali, e deboli--instabili) e maggiori (idioti, imbecilli, dementi); all'educazione dei veri anormali, eliminati dalla scuola, si sarebbe dovuto provvedere con gli asili-scuola (fondati con criteri di prevalenza dell'educazione sull'istruzione, con lo scopo di far raggiungere una forma di adattamento alla vita soprattutto attraverso l'avviamento al lavoro), riservando al gruppo dei frenastenici maggiori l'internamento.
Vanno inoltre ricordati come contributi originali l'isolamento nosografico della sindrome aparetico-afasica tardiva (Sopra una sindrome della frenastenia cerebropatica postnatale, in Riv. ital. di neuropat. psich. ed elettroter., IX [1916], pp. 1-49) e soprattutto l'individuazione della Dementia praecocissima catatonica o catotonia della prima infanzia (Comunic. alla R. Acc. med. di Roma, maggio 1908), sindrome più volte confermata (tra gli altri dal Kraepelin, che nell'ottava ediz. della Psychiatria [Leipzig 1899] ne riporta la descrizione completa); il Kraepelin tenne sempre in molta considerazione il D. e definì la sua opera "straordinariamente multilaterale e feconda" (E Banissoni, Notizie bibliogr. ..., che ha riportato al termine del suo lavoro alcuni giudizi sul D. di Murri, Kraepelin, ecc.) ed entrata a far parte della letteratura psichiatrica classica, corrispondente in pratica all'odierna schizofrenia (o autismo) infantile. Il trattato La neoropsichiatria infantile (Roma 1925), preceduto da numerose monografie sui disturbi neuropsichiatrici dell'età evolutiva, ebbe una grande risonanza (fu tradotto tra l'altro anche in russo).
Per merito del D., si può dire, la neuropsichiatria infantile assurse alla dignità di branca autonoma degli studi psichiatrici. P anche da ricordare che la prima cattedra di neuropsichiatria infantile nel mondo fu quella di un allievo del D., L. Ciampi, all'università di Rosario di Santa Fé (1918).
Collaborò all'Enciclopedia Formiggini con voci di pedagogia e psichiatria e all'Enciclopedia Italiana con le voci: Anormale, Deficiente, Scuole per deficienti, Infanzia, Pazzia e Psichiatria. Fu un lavoratore instancabile, sempre scientificamente aggiornato e produttivo, e fu molto apprezzato dai suoi contemporanei. Ebbe numerosi riconoscimenti, fu affiliato a varie società e presidente della Società italiana di psicologia, della Lega italiana per l'igiene e profilassi mentale e della Federazione laziale dell'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia; fu anche consulente per le malattie del sistema nervoso presso le Ferrovie dello Stato. Fu religioso e piuttosto incline al misticismo e dichiarò nell'Autobiografia di non essersi mai voluto iscrivere alla massoneria nonostante le molte insistenze fattegli. Si interessò assai poco di politica, dichiarandosi comunque anticomunista e affascinato dalla personalità e dall'opera di Mussolini, pur non condividendo gli ideali di eroismo, conquista e potenza del fascismo e dichiarando di non averlo mai compreso e sentito sino in fondo.
Il D. morì a Roma il 20 febbr. 1935.
Gli successe alla cattedra di clinica delle malattie nervose e mentali U. Cerletti. Un anno dopo veniva inaugurata la nuova sede, nella città universitaria, dell'istituto di psicologia da lui fondato e che è ora a lui dedicato.
L'Autobiografia del D., pubblicata inizialmente in C. Murchison, History of psychology in autobiography, III, Worcester, Mas s., 1936, pp. 83-120, si trova anche in Riv. di psicol., XXXIII (1937), pp. 1-16 e 69-83, e in Contributi psicol. dell'Ist. di psicol. dell'Univ. di Roma, VII (1940), pp. 5-33, seguita da una bibliogr. completa compilata da C. De Sanctis, F. Banissoni e A. Fantini; una bibliogr. fino al 1932 si trova anche nel Psyschological Register di C. Murchison, III, Worcester, Mass., 1932, pp. 1058-63.
Fonti e Bibl.: necrol. di D. Pisani, in Le Forze sanitarie, VI (1935), pp. 377 s.; F. Banissoni, Contributo della Scuola di Roma allo studio del lavoro, in Arch. ital. di psicol., VIII (1930), pp. 153-61; E. Costa, Ricerche sperim. sul lavoro mentale puro, ibid., pp. 269-89; Riv. di psicol., XXVI (1930), 4 (fasc. in on. del D., contiene: G. C. Ferrari, S. D., pp. 217 s.; F. Banissoni, Notizie bibliogr. sull'opera di S. D., pp. 219-32; C. Tumiati, S. D. e l'igiene mentale in Italia, pp. 312 s.; M. F. Canella, Umanità criminale, pp. 321-30); Ibid., XXXI (1935), 1 (fasc. in mem. del D., con contrib. di M. Ponzo, A. Gemelli, F. Banissoni, C. Musatti, E. Bonaventura, C. Colucci, A. Gatti, E. Galli, C. Tumiati, G. Corberi, G. Tarozzi, G. Vidoni); M. Ponzo, La figura di S. D. nella scienza e nella vita, in La Scuola superiore, XI-XII (1935), pp. 524 ss.; L. Cimatti, S. D. e la psicotecnica ital., in Organizz. scient. del lavoro, X (1935), p. 6; V. Challiol, S. D., in Riv. sperim. Di freniatria, LIX (1935), I, pp. IX-XVI; M. Ponzo, Attualità e visione dell'avvenire nell'opera di S. D., in Riv. di psicol., XXXII (1936), pp. 1-26;U. Cerletti, S. D., in Annuario 1936-37 dell'Univ. di Roma, Roma 1937, pp. 545-49; R. Appicciafuoco, La psicologia sperimentale di D., Roma 1946; Riv. di psicologia. LVI (1962), pp. 421-60 (contiene: U. Cerletti, Ricordo di S. D. psichiatra; M. Gozzano, Ricordo di S. D. pioniere della neuropsichiatria infantile; A. Cacchione, Le istituzioni create da S. D. per il recupero dei fanciulli minorati psichici; L. Canestrelli, Ricordodi S. D. psicologo; C. Musatti, Ricordi e impress. su S. D. psicologo; B. Di Tullio, Ricordo di S. D. criminologo); G. Mora, S. D., in Amer. Journ. of Psychiatry, CXIX (1963), pp. 895 s.; M. Salemme, S. D. e la psicol. sperimentale, in Atti del XXI Congr. naz. di stor. d. med., Perugia 1965, Roma 1966, pp. 172-75; C. De Sanctis, Aspetti del movimento in Italia a favore dell'opera di recupero. Le figure di S. D. e di G. Montesano, in Igiene mentale, X (1966), pp. 11-24; M. Petrocchi, Le basi teoriche della psicoanalisi secondo Freud e D. nei confronti della psicologia razionale di Duns Scoto, in Pubbl. dell'Ist. di stor. d. medicina di Roma, Roma 1968, pp. 3-10; I. Fischer, Biographisches Lexikon der hervorragenden Arzte [1880-1930], II, p. 1360; Encicl. Ital., XII, p. 659; App., II, 1, p. 774.