SANTARCANGELO di Romagna (A. T., 24-25-26)
Cittadina del Forlivese (Emilia) sulla destra della Via Emilia, a 38 km. da Forlì e a 42 m. s. m. A occidente scorre il torrente Uso; a oriente, a poco più di un chilometro dalla città, il Marecchia. Le colline giungono fin quasi alla Via Emilia, sì che l'abitato sale, verso sud, fino a 88 m. Dichiarata città nel 1828 da Leone XII, si è sviluppata soprattutto a S. della via Emilia: mentre ad occidente la città, posta alquanto in alto, sovrasta alla pianura, ad est discende, a poco a poco. La rocca sorge nella parte più elevata. La città ha una piazza regolare, bei palazzi, come quello comunale, l'ospedale, una grande chiesa, la collegiata. Il comune che si estende in collina e in pianura, è ampio 45,09 kmq. e produce vino, cereali e canapa; la popolazione, da 11.265 ab., nel 1921, è passata a 11.235 nel 1931 (di cui 4409 nel capoluogo). Santarcangelo è stazione della ferrovia Bologna-Rimini.
Storia e arte. - Un piccolo centro rurale romano, chiamato pago Acervolano in un documento della metà del sec. VIII, esisteva certo dove oggi rimane l'interessante pieve deuterobizantina di S. Michele Arcangelo in Acervulis (circa sec. IX), dal cui santo titolare prese nome il paese medievale che si venne formando sul colle vicino. Due diplomi di Federico I Barbarossa, datati in castro S. Arcangeli, ci dànno la più antica notizia del castello (1164), del quale alcune memorie dei primi del secolo seguente attestano l'importanza militare. Già nella prima metà di quel secolo il castello passò dalle mani del vescovo in quelle del comune di Rimini, e quindi in quelle dei signori della città, i Malatesta, che lo tennero fino al 1462, con qualche tentativo di autonomia da parte della famiglia locale dei Balacchi e qualche più o meno lunga interruzione: la più rilevante dopo la riconquista del cardinale Albornoz, quando il paese fu fatto centro di un vicariato direttamente sottoposto alla Chiesa (1358), con un largo territorio intorno, e costituì un punto di appoggio della politica ecclesiastica in Romagna. Tornato ai Malatesta nel 1376, questi ne ebbero presto anche l'investitura di diritto come vicarî pontifici, finché a Sigismondo Pandolfo, che ricostruì nella forma ancora esistente la cinta murata e la rocca (1447), fu tolto da Pio II. Nel sec. XVI, dopo la parentesi borgiana (1500-1503) e quella veneziana (1503-1505), la Chiesa lo diede in feudo ad Antonello Zampeschi di Forlimpopoli (1530-34), poi ai Pallavicino (dal 1548 alla fine del secolo, con interruzioni, in una delle quali lo ebbe Antonio Carafa).
Dei monumenti, oltre la Pieve di San Michele e la rocca, sono da ricordare gli avanzi di due ponti romani (sulla vecchia via Emilia e sull'attuale), la chiesa collegiata, vasta costruzione settecentesca di G. F. Buonamici, un arco in onore del pontefice concittadino Clemente XIV, di C. Morelli (1772), il neoclassico palazzo municipale. Della notevole chiesa di San Francesco, distrutta alla fine del secolo scorso, rimane in possesso del comune la migliore opera d'arte: l'insigne polittico del veneziano Jacobello di Bonomo, con la data del 1385.
Bibl.: (R. Daltri), Memorie risguardanti la terra di Santarcangelo, Cesena 1817; M. Marini, Memorie istorico-critiche della città di Santo Arcangelo, Roma 1844; G. Castellani, La dominazione veneta a Santarcangelo, ivi 1894; id., I Malatesta a Santarcangelo, Venezia 1906.