santalena
Moneta d'incerta origine e che non si ritrova nelle migliaia di documenti commerciali dell'età dantesca e successive, richiamata da D. nel Convivio (IV XI 8 Veramente io vidi lo luogo, ne le coste d'un monte che si chiama Falterona, in Toscana, dove lo più vile villano di tutta la contrada, zappando, più d'uno staio di santalene d'argento finissimo vi trovò, che forse più di dumilia anni l'avevano aspettato), come pure dal Cavalcanti (Se non ti caggia la tua santalena 1).
Gli studiosi ritengono che la s. sia realmente esistita come una delle tante particolarità del bisante, il vecchio solidus di Bisanzio: così, i costantinati, i romanati, i michelati e, quindi, le santalene, differenziati tutti dall'effige di imperatori o santi. Per la nostra moneta l'effige sarebbe stata quella di s. Elena, madre di Costantino; ma si deve pensare a un'epoca molto più tarda, in cui venne ripresa la raffigurazione di Costantino con la croce, sia per un richiamo alla radice monetaria di quell'imperatore, il predetto " soldo ", che è rimasto per secoli la moneta fondamentale dell'Impero, sino a quando l'Occidente ritornò alla moneta aurea con il fiorino (v.), sia perché la croce era l'elemento distintivo della cristianità, avendosi la concorrenza del dinar o dirhem, che i saraceni batterono e diffusero nel Mediterraneo, dal sec. VII.
L'effige dell'imperatore con la croce sarebbe stata erroneamente ritenuta quella di s. Elena, da cui il nome.
Tale moneta dev'essere scomparsa ben presto, e dati gli elementi di rilievo onde essa faceva spicco all'emissione, il nome continuò a usarsi come sinonimo di ‛ bisante ', che più tardi fu coniato anche in argento.
D. vi fa riferimento in tale condizione, ma senza alcuna base numismatica. Il ricordo che più di uno staio di santalene fu rinvenuto zappando la terra a piè del Falterona richiama la credenza che la moneta, e per l'intriseco e per l'effige, venisse tesaurizzata in qualsiasi terreno: secondo la voce circolante che le attribuiva proprietà miracolose e virtù prodigiose.
Com'è avvenuto e avviene per monete pregiate e affermate, il suo nome rimase nell'uso popolare a indicare la generica unità di rinvio a una massa di ricchezza: così, ai giorni nostri ‛ scudo ', ‛ baiocco marengo ', ecc.
D. ricorre all'episodio di epoca lontana, ma ancora noto ai suoi tempi, del ritrovamento dello staio di santalene d'argento finissimo da parte del vile villano, per avvalorare le sue sottili considerazioni sulla iniquitade della Fortuna, che è cieca e favorisce i meno atti, spesso i meno meritevoli, non prendendosela con essi, ma con le odiose, inique, cieche scelte di lei, alla quale e non al più vile villano va il suo alto dispregio.
Bibl. - F. Argelati, De Monetis Italiae, Milano 1769; G.A. Zanetti, Nuova raccolta delle monete e zecche d'Italia, II, Bologna 1779, 380-385; E. Martinori, La Moneta, Roma 1915, 212; M. Cortellazzo, L'influsso linguistico greco a Venezia, Bologna 1970, 208-209.