SANTACROCE
. Pittori veneti del sec. XVI che si suddividono in due gruppi. Il primo, che s'inizia con Francesco di Simone e al quale appartengono Francesco Rizzo e la sua parentela, è prettamente bergamasco. La maggior parte delle loro opere è eseguita per le chiese della terra nativa e tuttora ivi esistente; esse posseggono palesi rapporti stilistici con gli altri maestri del Bergamasco, come Previtali, Marconi e, soprattutto, con Palma il Vecchio. L'altro gruppo, invece, che tradizionalmente è pure ritenuto bergamasco, non ha alcun legame chiaramente riconoscibile, né con quello di Francesco di Simone, né con la pittura della regione bergamasca dove non esistono opere loro sicure. Nessuno dei documenti li dice bergamaschi. Più probabilmente provengono da Santacroce di Trieste; ciò che è confermato dalla larga diffusione delle loro opere nell'Istria e nella Dalmazia.
1. Francesco di Simone da S., nato probabilmente fra il 1440-1450, perché già nel 1462 immatricolato alla fraglia dei pittori di Padova, morto nel 1508 (Moschini). Prima fu imitatore di modelli mantegneschi (quadri a Berlino e Parigi), ma presto subì l'influenza di Giovanni Bellini. Stabilitosi a Venezia prima del 1492, vi eseguì quadri ordinati per chiese bergamasche (Annunciazione di Spino, 1504; il trittico di Leprenno, 1507: ambedue alla Galleria di Bergamo). Nella sua attiva bottega ebbero probabilmente i primi insegnamenti molti dei pittori bergamaschi e fra loro di certo il Palma. Prediletto allievo di Francesco di Simone è Francesco de' Vecchi o de' Galizzi detto il Rizzo, pittore rozzo e angoloso, il quale alla morte del maestro ne ereditò la bottega. Prima degli studî del Ludwig egli era confuso con Francesco di Simone. Fra le opere minori del maestro si distinguono alcune Sacre conversazioni a mezze figure spesso attribuite a Giovanni Bellini o credute opere giovanili del Palma.
2. Gerolamo da S. è probabilmente quel Gerolamo di Bernardino il quale sin dal 1503 fu allievo di Gentile Bellini e ne ereditò una parte dei disegni nel 1507. Passò poi alla bottega di Giovanni Bellini e forse anche del Cima e appartenne nella sua migliore epoca a quei maestri di transizione che hanno saputo riunire a certe timidezze ed ingenuità quattrocentesche il colore più fuso, più chiaroscurato del giorgionismo; così nei due Santi della Galleria Nazionale di Londra (1512). Sin dal 1519 abbiamo una quantità di sue opere datate a Venezia e fuori, le quali conservano fino alla morte avvenuta nel 1556 uno stile sorpassato, privo ormai di ogni vitalità. Nell'età matura il pittore fu sempre più costretto a cercar lavoro lontano da Venezia, nelle chiese dell'Istria e della Dalmazia. Ivi lavora spesso anche il figlio Francesco (1516-1584) sempre nel medesimo stile conservatore che ostinatamente si mantiene persino nell'arte del nipote Pier Paolo (morto prima del 1620). Più simpatici sono certi quadretti a molte figure, spesso tratti da stampe düreriane o raffaellesche, proprî al padre come al figlio e al nipote.
Bibl.: P. Locatelli, Illustri bergamaschi, Bergamo 1867; Ludwig, in Jahrb. d. preuss. Kunsts., XXIV (1903), suppl., p. 4 segg.; G. Fiocco, I pittori da S., in L'Arte, XIX (1916), pp. 179-206 (con elenco delle opere e bibliografia); G. Gombosi, in Gaz. d. Beaux-Arts, II (1932), pp. 172-82.