SANTA MARIA d'ANGLONA
Località della Lucania presso Tursi, centro abitato dell'Età del Bronzo che perdura, con qualche interruzione, fino al Medioevo con il nome di Anglona. La lunga vita è collegata alla sua posizione nel punto più stretto (qualche decina di metri) tra i fiumi Sinni e Agri, gli antichi Siris e Akiris. Il centro occupa l'unica collina più importante sulle basse alture, che separa i due fiumi e dalla quale si controllano la pianura e i primi terrazzi dominanti il mare Ionio nonché un vasto retroterra.
La vita del sito è legata alla storia di Siris. Le prime tracce di vita organizzata iniziano con l'Età del Bronzo e si infittiscono con il Bronzo Finale in un abitato senza fortificazioni. Con la prima Età del Ferro le necropoli si concentrano sulle basse colline che dominano la Valle Sorigliano che proprio per questa particolarità è sempre collegata, come toponimo, a S. M. d'A., formando un tutt'uno. Già nell'ultimo quarto dell'VIII sec. a.C. sono presenti in queste necropoli oggetti di corredo del mondo greco-orientale, come le falere in oro di tipo cipriota e le «Glasvogeh», tipi diffusi nel Medio Oriente e raramente arrivati nel mondo italico. Nel VII sec. a.C., attraverso la colonia di Siris, giungono nelle necropoli, assieme alla ceramica greca importata dalla madrepatria o dalle colonie, pure alcune fibule di tipo frigio, presenti appunto in tombe di Siris. Qualche corredo recentemente venuto alla luce è completamente greco, mentre alcune olle fittili presentano una decorazione con figure femminili piangenti stilizzate, prima attestazione sullo Ionio del soggetto imitante vagamente il patrimonio figurativo tardogeometrico greco. Non vi sono invece finora molti elementi relativi al VI e al V sec., ma ciò può essere piuttosto conseguenza della mancanza di ricerche.
All'epoca della fioritura di Siris è ipotizzabile la presenza nelle vicinanze di qualche phrourion con una guarnigione: nessun altro luogo sembrerebbe più adatto a questo scopo della collina di Santa Maria d'Anglona.
Con il IV sec. a.C., la vita riprende tanto sulla collina quanto nelle vicinanze. Sul lato E di quella, in contrada Conca d'Oro, come avviene d'altronde quasi sempre in questa fase, sorge un piccolo santuario campestre dedicato ad Artemide Bendìs. Gli ex voto rappresentati da statuette fittili locali ripetono motivi riscontrati anche a Eraclea o a Taranto. Il piccolo santuario ebbe vita assai breve perché, molto probabilmente, fu abbandonato in occasione della battaglia di Eraclea nel 280 a.C. tra Pirro e i Romani.
A quest'epoca, e forse già dal periodo arcaico, l'abitato situato sulla collina deve aver avuto un nome che si deduce molto chiaramente da una serie di menzioni fatte nelle Tavole di Eraclea (IG, xiv, 645, 11. 12, 54, 64, 70, 113) e da Plutarco (Pyrrh., 164): si parla di una strada che conduce da Eraclea verso Pandosìa, nell'area di Eraclea e del suo territorio lungo l'Agri. Che si tratti di S. M. d'A. e non di Pandosìa bruzia è avvalorato dall'uso dell'espressione «sopra Pandosìa», che si trova appunto più in alto di Eraclea; inoltre è più volte ripetuto il nome del fiume Agri (Akiris), lungo il quale si estende il terreno appartenente a Dioniso.
Non risulta finora che l'abitato di Pandosìa abbia avuto un impianto urbano regolare o una difesa, in quanto occupava una terrazza imprendibile. Il villaggio medievale, sovrapposto a quello antico, potrebbe comunque aver annullato qualsiasi traccia di un simile impianto. La continuità di un abitato anche nel periodo romano è attestata, oltre che da monete, da ceramica aretina e da altri tipi di sigillata.
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(D. Adamesteanu)