LENA, Santa Cristina de
Monastero sito nella regione delle Asturie, a km. 35 ca. a S di Oviedo, in posizione isolata, su un'altura che domina la valle della Lena, piccolo corso d'acqua che discende dai monti Cantabrici. Del complesso monastico rimane solo la piccola chiesa restaurata alla fine dell'Ottocento (Álvarez Martínez, 1988).La pianta della chiesa, 'a sala', pressoché orientata, presenta l'addizione di quattro corpi di fabbrica: intorno a un quadrato centrale, lungo l'asse principale, sono infatti disposti il presbiterio, il vestibolo e due ambienti, identificabili come cappelle, che si aprono nei fianchi nord e sud della navata. L'articolazione della pianta dell'edificio, basata sulla giustapposizione della figura geometrico-proporzionale del triangolo pitagorico, appare come una norma unificante del programma costruttivo asturiano altomedievale e preromanico, che predilige la distribuzione delle simmetrie spaziali dei volumi interni (Arias Páramo, 1992, p. 36).L'esterno, rispondente all'icnografia interna, risulta articolato da contrafforti poggiati su di uno zoccolo di base che corre lungo tutto il perimetro dell'edificio a causa del declivio del terreno; il portico di facciata, sebbene desunto da prototipi visigoti, è strettamente legato al tipo carolingio del Westwerk, con loggia verso l'interno (Dorigo, 1992, p. 274).L'interno della chiesa, voltata a botte con costolature trasversali, presenta il presbiterio rialzato - separato dalla navata da una recinzione in muratura a triplice arcata - al quale si accede mediante due rampe di scale; l'abside, posta su di un piano sopraelevato rispetto al presbiterio e raggiungibile da ulteriori tre gradini, è fiancheggiata da due nicchie e preceduta da una triplice arcata su colonne binate addossata alla parete di fondo. In posizione corrispondente e simmetrica al presbiterio, lungo l'asse principale dell'edificio, è la tribuna che copre il portico e la prima campata, alla quale si accede da un'unica rampa di scale laterale. La copertura di questi due ambienti è rialzata e sottolinea all'esterno l'asse principale dell'edificio. Le pareti della navata sono articolate da arcate cieche su colonne alle quali corrispondono le nervature della volta a botte, che ricadono su un'imposta aggettante. Tra le arcate e quest'ultima trovano posto dei dischi scolpiti incorniciati da un motivo a cordoncino doppio.Il presbiterio, concepito come un proscenio teatrale, è schermato da una recinzione in muratura, a triplice arcata su colonne e capitelli di tipo corinzio, animata da cinque pannelli di reimpiego, traforati da motivi geometrici, provenienti da finestre e datati da un'iscrizione al 643 (Aragoneses, 1954). Tra le colonne dell'arcata centrale trovano posto transenne scolpite, anch'esse di reimpiego - decorate da tralci vegetali includenti grappoli cuoriformi perlinati, da cerchi con motivi a croce greca a braccia patenti e da fiori stilizzati -, probabilmente provenienti da un altro edificio (Puig i Cadafalch, 1961, p. 116) e tagliate grossolanamente lungo il lato inferiore per essere adattate alle basi dei pilastri; sulla cornice superiore è ancora leggibile l'iscrizione dedicatoria: "Offeret Flainus abba(s) / in onore apostolor(um) D(ei) / s(an)c(t)or(um) Petri Pauli / antisti [...]" (Vives, 1942, nr. 513). Sebbene Gómez Moreno (1919, p. 83) identifichi il personaggio citato dall'iscrizione con un certo Flainus, abate di L. nel 905 e vescovo di Oviedo dal 909 al 912, la datazione delle transenne rimane dubbia, poiché anche nel 915 è documentato un abate con lo stesso nome (Puig i Cadafalch, 1961, p. 116). Alla recinzione presbiteriale corrisponde la triplice arcatura cieca che incornicia, sul fondo del presbiterio, l'abside e le due nicchie laterali; essa si presenta su colonne binate scanalate a elice e capitelli cubici, dai profili cordonati, decorati negli spazi di risulta da figure monastiche e da animali speculari. Le stesse cornici cordonate di origine visigota decorano i bordi dei dischi scolpiti con figurazioni animali posti tra le arcate e le imposte della navata.Non è nota la data della fondazione di L., desumibile tuttavia da confronti puntuali con gli edifici fondati durante il regno di Ramiro I (842-850), come il Belvedere (più tardi Santa Maria) di Naranco e la chiesa di San Miguel de Liño (o de Lillo). La chiesa di L. presenta tali corrispondenze con gli edifici ramirensi, sia nell'impostazione architettonica sia nella decorazione plastica, da permettere l'ipotesi che questi fossero stati progettati dallo stesso architetto (Fontaine, 1973, p. 324).Nel panorama dell'architettura preromanica asturiana (v. Asturie) la chiesa di L. costituisce un nodo di importanza fondamentale poiché raccoglie l'eredità visigota e la trasforma ottenendo effetti innovativi dall'originale sapore scenografico. Le innovazioni apportate dall'edilizia ramirense, nella pur indiscutibile continuità con la usuale tipologia architettonica di età visigota (per es. Quintanilla de las Viñas, San Pedro de la Nave e Santa Comba de Bande), sono da identificare nella generale riduzione dimensionale degli edifici, nelle illusionistiche prospettive ottiche create dalle arcate e dalle variazioni altimetriche dei piani e nell'articolazione dei pilastri esterni, corrispondenti all'icnografia interna (Dorigo, 1992, p. 274). La decorazione plastica, infine, nonostante riproponga tematiche iconografiche di tradizione visigota, appare caratterizzata da un trattamento arrotondato del rilievo (Caballero Zoreda, 1992, p. 185).La chiesa di L., in un periodo di grande risveglio culturale come quello che permeava l'intero territorio europeo grazie all'impulso carolingio, costituisce un'evoluzione della tipologia del Belvedere di Naranco e della chiesa di San Miguel de Liño nella direzione della sperimentazione spaziale e nell'articolazione dei volumi interni, intesi come una raffinata rappresentazione teatrale di uno scenario illusorio, sottolineato dalla modulazione coloristica della luce che, filtrata dai trafori della recinzione presbiteriale lasciando la navata in penombra, crea efficaci effetti ottici (Fontaine, 1973, p. 325).
Bibl.: C. Vigil, Asturias monumental, epigráfica y diplomática, Oviedo 1887 (rist. anast. 1987), I, p. 410 nr. 3; J.B. Lázaro, Eremita de Santa Cristina de Lena (Oviedo). Reseña de las obras hechas para su restauración, Madrid 1894; M. GómezMoreno, Iglesias mozárabes. Arte español de los siglos IX a XI, 2 voll., Madrid 1919 (rist. Granada 1975); V. Lamperez y Romea, Historia de la arquitectura cristiana española en la Edad Media, Madrid 19302 (1908-1909), I, p. 85; J. Vives, Inscripciones cristianas de la España romana y visigoda (Monumenta Hispaniae sacra. Serie patristica, 2), Barcelona 1942; H. Schlunk, La decoración de los monumentos ramirenses, Boletín del Instituto de estudios asturianos 5, 1948, pp. 95-126; M.J. Aragoneses, En torno a la ermita de Santa Cristina de Lena. Nuevos hallazagos visigodos: el epígrafe del año 643 y el tablero de la Frecha, AEA 27, 1954, pp. 147-154; J. Puig i Cadafalch, L'art wisigotique et ses survivances: recherches sur les origines et le développement de l'art en France et en Espagne du IVe au XIIe siècle, Paris 1961, pp. 116-120; F.J. Fernández Conde, La iglesia de Asturias en la Alta Edad Media, Oviedo 1972; J. Fontaine, L'art préroman hispanique (La nuit des temps, 38), I, La Pierre-qui-Vire 1973, pp. 315-325; S. Noack, Die asturische Kirche Santa Cristina de Lena (tesi), Hamburg 1982; M. Berenguer, El templo de Santa Cristina de Lena (Asturias), sus posibilidades como construcción visigoda, Boletín del Instituto de estudios asturianos 38, 1984, pp. 733-753; M.S. Álvarez Martínez, Santa Cristina de Lena (Guías del patrimonio histórico asturiano, 3), Oviedo 1988; L. Arias Páramo, Trazados geométricos previos en la decoración del prerrománico asturiano: las celosías de la iglesia de Santa Cristina de Lena, AEA 63, 1990, pp. 227-247; id., Geometría y proporción en la arquitectura prerrománica asturiana: la iglesia de San Julián de los Prados, in Aspetti e problemi di archeologia e storia dell'arte della Lusitania, Galizia e Asturie tra Tardoantico e Medioevo, CARB 39, 1992, pp. 11-62: 36-41; L. Caballero Zoreda, ¿Visigodo o Asturiano? Nuevos hallazagos en Mérida y otros datos para un nuevo ''Marco de referencia'' de la arquitectura y la escultura altomedieval en el Norte y Oeste de la Península Ibérica, ivi, pp. 139-190: 181-185; W. Dorigo, Elementi di continuità fra l'architettura asturiana e i precedenti di età visigota e paleocristiana, ivi, pp. 249-274.D. Ricci