CATERINA Vigri (Vegri, Nigri, Negri; C. da Bologna), santa
Figlia di Giovanni (secondo alcuni Bartolomeo) gentiluomo ferrarese al servizio dei marchesi d'Este, e di Benvenuta Mammolini, nobildonna bolognese, nacque nel capoluogo emiliano l'8 sett. 1413. Trascorse a Bologna i primi anni della sua vita; tra il 1420 e il 1423 si trasferì con la madre a Ferrara. Dopo qualche tempo - le date proposte dagli studiosi oscillano tra il 1422 e il 1424 - lasciò la casa paterna per andare a vivere a corte quale compagna della figlia di Niccolò III, Margherita.
Il periodo trascorso alla corte estense, allora uno dei più vivaci centri di cultura umanistica, fu decisivo per la formazione di Caterina. Essa vi acquisì una buona conoscenza del latino; imparò inoltre a scrivere in bella grafia umanistica, a dipingere, a miniare i codici, a suonare la viola. Intorno al 1426, in concomitanza con le nozze di Margherita d'Este, lasciò la corte per unirsi ad un gruppo di pie donne costituitosi in Ferrara nel 1406 per iniziativa di Bernardina Sedazzari e diretto allora da Lucia Mascheroni.
Sappiamo poco della vita di questa comunità, dal carattere decisamente laicale; certo è che,dopo la scomparsa della Sedazzari (1425 circa), attraversò un periodo di grave crisi per l'insorgere di problemi e contrasti interni. Il gruppo si disciolse e ne uscirono in modo definitivo le più ostili ad una scelta rigidamente monastica: capeggiate da Ailisia de Baldo fondarono, fra il 1429 ed il 1430, un monastero agostiniano. Le altre, e tra esse C., diedero origine, nell'anno 1431, ad un monastero di clarisse osservanti intitolato al Corpus Domini, secondo la denominazione assunta fin dall'inizio dalla sede del loro ritiro. Parteciparono alla fondazione alcune monache provenienti dal monastero francescano di S. Paola di Mantova. Ne Le sette armi (cfr. più avanti) C. accenna a queste vicende, collegandole strettamente alle proprie iniziali difficoltà spirituali. La definitiva sistemazione del monastero pare coincidere con il raggiungimento di una matura serenità interiore.
Non conosciamo quasi nulla della storia "esterna" dei successivi venticinque anni; C., schiva di cariche onorifiche, fu a lungo preposta al forno; ricoprì però anche l'ufficio di maestra delle novizie.
Fra il 1455 e il 1456, nel quadro della creazione di nuove istituzioni monastiche nell'Italia settentrionale, venne deciso che C. avrebbe dovuto recarsi a Bologna per fondarvi una comunità di clarisse. Nel luglio 1456 C. vi giungeva accompagnata da alcune consorelle - non ne conosciamo il numero, che varia da quindici a venti a seconda dei biografi - e dalla madre. La comunità si stabilì nel monastero che poi fu detto del Corpus Domini. Ne fu badessa C., che in pochi anni riuscì a fare del monastero bolognese un centro particolarmente vivace di vita intellettuale e spirituale.
Speciale significato acquistò, nell'itinerario mistico di C., l'ultimo anno della sua vita terrena: ad una grave malattia successe un temporaneo ristabilimento, che la vide quasi estraniarsi dalla vita del monastero per coltivare più pienamente il proprio rapporto personale col Cristo. Morì, circondata dalle consorelle, il 9 marzo 1463.
C. divenne ben presto oggetto di una venerazione assai diffusa. Subito si sparse la notizia di miracoli compiuti grazie alla sua intercessione; miracolosa apparve anzitutto la "incorruzione" del suo corpo. Il culto crebbe nel tempo ed occupò largo spazio nella Bologna del Cinque-Seicento. La concessione dell'ufficio e della messa propri sono del 1524; del 1592 è l'iscrizione al martirologio, ma il processo di canonizzazione, iniziato nel 1646, si concluse solo nel 1712. Suo giorno commemorativo è il 9 di marzo.
L'opera principale di C. è comunemente nota col titolo di Le sette armi spirituali. La composizione di questo trattatello, largamente autobiografico, risale - lo si deduce da elementi interni - al 1438. Alcuni biografi, pur accettando questa datazione, parlano di una prima redazione, bruciata dall'autrice. Di recente G. Alberigo, proponendo un'interpretazione dell'opera totalmente diversa da quella tradizionale, ha indicato come momento della sua stesura il periodo compreso tra gli anni 1427 e 1431.
Nel suo scritto C., rivolgendosi esplicitamente alle consorelle, intende presentare la sua esperienza spirituale perché serva loro di esempio e di incitamento. La rassegna delle "sette armi" occupa in realtà solo la prima parte dell'esposizione (Le sette armi spirituali, a cura di P. Puliatti, Modena 1963, pp. 4-20). Dopo una sorta di prologo, in cui illustra lo scopo dell'opera, lo spirito con cui è stata scritta e quello con cui deve essere letta, l'autrice illustra le battaglie ed i pericoli che l'anima deve affrontare per passare "dalla via alla patria" seguendo il cammino dell'obbedienza (pp. 4 s.). La lotta rappresenta soltanto un momento, una fase di passaggio, per superare la quale ci si deve munire appunto, di sette armi (p. 6): "diligenzia" (pp. 7-8), "propria diffidenzia" (pp. 9-10), "in Dio confidarse" (pp. 10-12), "memoria Passionis" (pp. 12-13), "memoria mortis propriae" (pp. 13-15), "memoria gloriae Dei" (pp. 15-17), "autorità della Santa Scrittura (pp. 18-20). Particolarmente significativa appare quest'ultima "arma": la Scrittura è vista infatti come "fidelissima madre",dalla quale si deve "prendere consiglio in tutte le cose nui abbiamo a fare" (p. 18). La scrittrice, con un'immagine che rispecchia la sua femminilità, esorta quindi le consorelle a pensare "che li Evangelii e Pistole, che ogne dì oldite nella Messa, siano novelle lettere mandate a vui da vostro celestiale sposo" (p. 19). Da questo punto l'esposizione riguarda soprattutto le prove spirituali che C. ha dovuto affrontare, e le grazie celesti che ha potuto sperimentare: ella descrive infatti tre apparizioni del demonio ed in genere gli inganni di questo (pp. 20-31); sottolinea l'importanza di prendere come modello il Cristo attraverso l'esercizio dell'obbedienza e l'accettazione della Croce (pp. 37-61); narra le sue esperienze mistiche (pp. 61-79). Il bene massimo che una persona consacrata a Dio deve ricercare è dunque quello della concordia interna del suo monastero (pp. 79-81); in questa prospettiva debbono essere viste, e a questo scopo debbono essere coltivate, le virtù che all'autrice appaiono come le più importanti: l'amore del prossimo e l'umiltà (pp. 82-94). L'esercizio di queste virtù e l'accettazione della Croce permetteranno alle consorelle di non giungere a mani vuote e confuse davanti al loro sposo celeste (p. 95). L'ascesi delineata da C. appare solida ed equilibrata, fondata sulla Scrittura e su un rapporto personale col Cristo. La battaglia terrena sarà coronata non solo dal premio finale, ma anche da consolazioni spirituali in vita. L'esercizio della virtù deve rifuggire da ogni eccesso; il corpo è uno strumento donatoci da Dio: come tale deve essere custodito, e di esso, e della sua buona salute debbono preoccuparsi anche i superiori religiosi (p. 81). Le esperienze spirituali fuori del comune - come l'estasi - rappresentano, tutto considerato, un pericolo (pp. 51-53).
Le sette armi spirituali conobbero ben presto una larga diffusione. Poco dopo la morte di C. le monache del Corpus Domini ne trascrissero numerose copie dall'originale autografo della consorella, da loro conservato come una reliquia. Si contano inoltre almeno una ventina di edizioni a stampa, dalla prima, incunabola, del 1475 circa, alla più recente pubblicata nel 1963. L'opera conobbe anche numerose traduzioni, da quella in latino, opera di Giovanni Antonio Flaminio, edita a Bologna per la prima volta nel 1522, sino a quelle nelle maggiori lingue europee - francese, portoghese, inglese e tedesco - che videro in genere la luce nel Cinque-Seicento. L'interpretazione di fondo dell'opera è ancora oggi discussa. I biografi, così come gli studiosi di agiografia e di storia della spiritualità, l'hanno tradizionalmente definita come una espressione della spiritualità francescana. Di recente il Puliatti ha invece messo l'accento sull'influenza dell'educazione umanistica ricevuta da C., mentre l'Alberigo ha ricollegato l'esperienza spirituale della santa, e la sua prima scelta di vita religiosa, al più ampio movimento della devotio moderna. La datazione proposta dall'Alberigo, 1427-1431, riporterebbe infatti la composizione dell'operetta non al periodo francescano di C., ma agli anni in cui ella faceva parte della comunità di Lucia Mascheroni.
Altri scritti tuttora inediti sono comunemente attribuiti a C.; fra i più attendibili il Rosarium, meditazioni in circa seimila versi latini sui misteri appunto del Rosario; non ne possediamo l'autografo: due copie tarde (secc. XVII-XVIII) si trovano attualmente presso l'Archivio arcivescovile di Bologna. Il Breviario usato da C. e conservato nel suo monastero è in gran parte autografo; contiene interessanti note di carattere personale e pregevoli miniature di mano dell'autrice.
La fama di C. è stata conservata e sviluppata anzitutto nel monastero bolognese del Corpus Domini, dove le sue consorelle si sono sforzate di rimanere fedeli all'insegnamento della santa e di promuoverne il culto. Non a caso la prima e più significativa biografia spirituale di C., lo Specchio di illuminazione, è nata proprio nell'ambito del Corpus Domini per opera di suor Illuminata Bembi (1469). Da essa derivarono la biografia composta dall'Arienti (1472 0 1483), parte dell'opera Gynevera de le clare donne (in Scelta di curiosità letterarie...,CCXXIII, Bologna 1888) che, edita anche a parte, anonima, come Vita de la beata Catherina...(Bologna 1502), venne attribuita a Dionisio Paleotti, e l'altra, opera del Mansueti pubblicata nel 1597 a Roma. Le biografie posteriori - circa una ventina -,opera per lo più di eruditi locali o di agiografi appartenenti al movimento francescano, dipendono in gran parte dalla Vita di santa C. composta nel 1605 da F. Casanova e tuttora inedita, conservata presso l'Archivio arcivescovile di Bologna. In essa l'autore, basandosi sui documenti custoditi nel monastero del Corpus Domini e sugli scritti meno noti di C., ha cercato di dare una nuova interpretazione dell'esperienza spirituale della santa.
Fonti e Bibl.: Il materiale d'archivio relativo a C., al suo ambiente, al suo culto è molto ampio e pregevole. Nell'Arch. arcivescovile di Bologna sono conservati i 56 cartoni dell'Arch. della b. Caterina, che contengono docum. riguardanti non solo la santa, ma anche la vita del convento del Corpus Domini. Sempre nello stesso archivio, il fondo Miscellanee Vecchie contiene materiale riguardante il processo di canonizzazione (in partic.: cartoni 737-740, e 787, n. 21). Essenziale per i processi di canonizzazione resta però il materiale conservato presso la Congregazione dei Riti (Arch. Segreto Vaticano, fondo Congregatio SS. Rituum, nn. 259-266). Il grosso delle "posizioni" a stampa si trova presso la Biblioteca nazionale di Parigi (voll. segnati H 792, H 793, H 794). Riguardano ancora C. quattro cartoni del fondo Processi dell'Arch. storico della Congregazione dei Riti (nn. 54 184, 228, 371). Delle biografie di C., oltre a quelle già citate, si ricordano: G. Grassetti, Vitadella beata C. da Bologna, Bologna 1610;G. B. Melloni, Atti o mem. degli uomini ill. in santità, nati o morti in Bologna...,III, Bologna 1818, pp. 180-380, 441-483. Per la figura di C. nella storia della spiritualità si vedano: La santa nella storia, nelle lettere, nell'arte, Bologna 1912(l'opera, pubblicata per il secondo centenario della canonizzaz., contiene alcuni insostituibili contributi su C.); L. M. Nuñez, Descriptio breviarii manuscripti S. CatharinaeBononiensis...,in Arch. franc. hist., IV (1911), pp. 732-747; P. Pourrat, La spiritualitéchrétienne, II, Paris 1928, pp. 292-295;P. Puliatti, La letter. ascetica e misticadel Quattrocento, Catania 1953, pp. 99-104;M. Petrocchi, L'estasi delle mistiche ital. della riforma cattolica, Napoli 1958, pp. 17-27,G. Alberigo, C. daBologna dall'agiografia alla storia religiosa, in Atti e mem. della Deput. di storia patria per le prov. della Romagna, n. s., XV-XVI (1963-1964, 1964-1965), pp. 5-23;S.
Spanò, Per uno studio su C. daBologna, in Studimedievali, s. 3, XII (1971), 2, pp. 713-759;A. Samaritani, Ailisia de' Baldo e le correnti riformatrici femminili di Ferrara nella prima metà del secolo XV, in Atti e mem. della Deput. ferrar. di storia patria, s. 3, XIII (1973), pp. 91-156; T. Lombardi, I Francescani a Ferrara, I-V, Bologna 1974-1975, ad Indicem.