SANT'ANGELO in Formis
Chiesa nei dintorni di Capua, presso ruderi antichi, anche di acquedotti (onde il suo nome) che apparteneva a Montecassino già nel sec. X. Fu ricostruita dall'abate Desiderio (1057-1087), poi papa Vittore III, come attestano l'epigrafe del portale e gli affreschi dell'abside, massimo monumento della pittura in Campania nel sec. XI, e resta ancora mentre sono scomparse, o in tutto alterate, le attinenti costruzioni monastiche, del cui recinto rimane l'arco di entrata.
Ha la più semplice forma basilicale, senza transetto, a tre navate con colonne e capitelli di spoglio, coperte a tetto, ora con soffitto piano: ma, se nell'interno rassomiglia alle chiese di Roma, se ne distingue per il portico sulla faccíata in archi a sesto acuto su alto piedritto, e di spiccata impronta musulmana che ricorda come Desiderio avesse chiamato a Montecassino anche artefici amalfitani. Il portico è probabilmente posteriore di pochi anni alla facciata e al resto della chiesa; alla quale è in tutto conforme l'attiguo campanile, mozzato al secondo ordine. Massima importanza hanno gli affreschi del portico - Madonna orante e S. Michele; storie degli eremiti - e quelli che decorano organicamente tutte le pareti dell'interno, con il Cristo benedicente, nell'abside, tra i simboli degli evangelisti e sugli arcangeli (presso questi una figura anepigrafe, ma con nimbo quadrato, presenta il modello della chiesa, ricostruita da Desiderio: e non può essere che quella appunto dell'abate); con storie del Redentore, con Profeti e Sibille, nella navata maggiore; con storie del Vecchio Testamento nelle navate minori, mentre un Giudizio Universale occupa tutta la parete dell'entrata. Codesti affreschi, non tutti ancora liberati dalla calce, furono oggetto di lunghe controversie sui loro rapporti con l'arte bizantina o con l'arte oltramontana. Quelli sul portale hanno finezze di disegno da poterli attribuire a pittore bizantino, o a qualche immediato discepolo degli artefici bizantini chiamati da Desiderio a Montecassino; e differiscono dalle vicine storie degli eremiti, dipinte forse nel sec. XIII da un rude bizantineggiante. Quelli dell'interno, tutti del sec. XI, quantunque non senza varietà di esecutori, hanno una maniera uniforme: e in questa rivelano le loro qualità artistiche meglio che nel programma iconografico, che poté essere determinato anche da volontà estranea all'artista: derivano dall'arte bizantina che volgeva a modi patetici, ma la modificano con accenti proprî nel contrasto aspro dei colori, nelle veementi espressioni non senza qualche rapporto con l'arte oltramontana. Il regesto di S. Angelo in Formis (Montecassino, Biblioteca) ha importanti miniature di scuola cassinese (sec. XII).
V. tavv. CLV e CLVI.
Bibl.: F. X. Kraus, Die Wandgemälde von S. Angelo in Formis, in Jahrb. d. preuss. Kunstsamml., XIV (1893), pp. 3-43; id., Die Wandgemälde der S. Sylvester Kapelle zu Goldbach am Bodensee, Monaco 1902; E. Dobbert, Zur byzantinischen Frage, in Jahrbuch cit., 1894, pp. 125-159; E. Bertaux, L'art dans l'Italie méridionale, Parigi 1904, p. 267 segg.; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, Torino 1913-1927, pp. 535, 936-39; Le miniature nei codd. cassinesi, Montecassino, s. d., tav. I-IV.