sanitade (santade; santate)
Ricorre nel Convivio, per indicare lo stato di salute di un organismo che è sano, cioè in condizioni di buona salute: IV XXV 12 la buona disposizione [delle nostre membra], cioè la sanitade, getta sopra quelle uno colore dolce a riguardare. Ricorre con lo stesso valore in un contesto metaforico suggerito dall'osservazione che la lettura della canzone Le dolci rime e la ‛ esposizione ' secondo il senso letterale di essa saranno rimedio sufficiente e necessario per guarire gli uomini dalla loro errata opinione intorno alla natura della nobiltà: però che in questa canzone s'intese a rimedio così necessario, non era buono sotto alcuna figura parlare, ma conveniesi per via tostana questa medicina, acciò che fosse tostana la sanitade (I 10).
Invece che le condizioni di buona salute in generale, il termine indica l'equilibrio delle facoltà intellettuali e psichiche in una traduzione dal Digesto: Cv IV XV 17 In colui che fa testamento, di quel tempo nel quale lo testamento fa, sanitade di mente, non di corpo, è a domandare (Dig. XXVIII tit. 1 § 2 " In eo qui testatur, eius temporis quo testamentum facit, integritas mentis, non corporis sanitas exigenda est ").
La forma sincopata ‛ santade ', sempre per " sanità ", " salute " (cfr. provenzale santat; francese antico santé), spesso è ricorrente in testi del Duecento e del Trecento; compare due volte nel Fiore: CX 8 vuol ch'uon le diparta a gente umane / di cui forza e santade ha gran paura, cioè " per la cui forza e salute sta in pensiero " (diversamente intende il Petronio: " da cui forza e salute son fuggite via "), e CXI 11 le limosine che son donate / a' vecchi o magagnati san possanza, / a cui la morte serìa gran santate, cioè " sarebbe una grande liberazione ".