SANCASCIANO da
SANCASCIANO da. – Famiglia pisana, affermatasi nel Duecento, originaria dell’omonima località del Valdarno, a circa 15 chilometri dalla città di Pisa.
Il primo esponente conosciuto fu il giudice Ranieri, attestato tra il 1243 e il 1281 e già defunto nel 1289. Nel 1243, Ranieri era già cittadino pisano, ma manteneva estese proprietà a San Casciano, dove possedeva anche una torre. Questa circostanza, insieme all’avviamento di Ranieri agli studi di diritto, induce a pensare che ci troviamo di fronte a uno di quei casi, assai comuni nel Duecento, di inurbamento di esponenti delle élites rurali.
Il giudice Ranieri sembrerebbe il primo membro della famiglia a essersi trasferito stabilmente a Pisa. Solo in città, infatti, egli poteva mettere adeguatamente a frutto i suoi studi. Negli anni Quaranta e Cinquanta, egli prestò servizio nei tribunali cittadini, ma non ricoprì incarichi di natura politica. Una vera e propria svolta fu però rappresentata dall’affermazione del popolo nel 1254. Ranieri fu infatti, insieme a Gherardo da Fagiano e Gualterotto Sampante, uno dei tre esperti di diritto che posero le proprie competenze culturali e professionali al servizio dei populares, i quali, sostanzialmente privi di esperienza, si trovarono improvvisamente di fronte alla possibilità e alla necessità di guidare la politica cittadina e ridisegnare il sistema istituzionale. Nei primi anni dopo il 1254, Ranieri svolse un ruolo politico di primissimo piano. Nei primi anni Sessanta, egli sedette più volte tra gli anziani del popolo, la massima magistratura del Comune popolare. Gli furono inoltre affidate in più occasioni missioni diplomatiche di grande importanza. In particolare, nel 1266 fu tra gli ambasciatori pisani inviati a Viterbo presso il pontefice Clemente IV per invocare l’assoluzione dall’interdetto che gravava sulla città. Nel 1269 fu mandato come ambasciatore presso Carlo I d’Angiò insieme a un altro giudice popolare, Gherardo da Fagiano.
L’influenza di Ranieri, tuttavia, era legata esclusivamente alle sue capacità personali, e non si trasmise ai suoi figli. Il giudice ebbe infatti almeno quattro figli maschi, Gherardo, anch’egli avviato agli studi di diritto, Ubaldo, Lotto e Vanni, ma nessuno di essi godette di visibilità politica. In effetti, i da Sancasciano sembrano uscire di scena già a partire dagli anni Settanta, quando Ranieri era ancora in vita. Per quasi mezzo secolo, dal 1288 – data dalla quale prende inizio il Breve vetus seu chronica antianorum, l’elenco dei nomi di tutti coloro che ricoprirono l’anzianato fino alla conquista fiorentina – agli anni Trenta del Trecento, né i figli di Ranieri né altri membri della famiglia ebbero accesso all’organo di vertice del Comune di popolo.
Il Simone da Sancasciano che fu anziano nel 1299 e nel 1304 non apparteneva infatti a questo gruppo familiare, ma a un ramo collaterale della casata nobiliare dei Lanfranchi, i cui legami con gli altri rami erano ormai inesistenti, e che si era ‘fatto di Popolo’. Anche dal punto di vista economico i discendenti del giudice Ranieri sembrano essersi dedicati ad attività commerciali, ma a livello non molto alto e senza incontrare particolare successo.
Il primo della famiglia a recuperare una significativa visibilità politica fu il mercante Baldo (diminutivo di Ubaldo), figlio di un Gherardo che era probabilmente il figlio di Ubaldo, fratello di Ranieri giudice. Nel corso del 1325, Baldo compare più volte all’interno delle commissioni di sapientes che venivano nominate dagli anziani per risolvere questioni specifiche e alle quali, dall’inizio del Trecento, erano delegate quote crescenti di potere decisionale. In una situazione di drammatica difficoltà per l’economia pisana, a causa della guerra contro gli aragonesi per il controllo della Sardegna e delle azioni di pirateria degli extrinseci genovesi che erano stati costretti ad abbandonare la loro città per i sanguinosi conflitti politici che vi erano in corso, Baldo inizialmente fu chiamato a far parte soprattutto di commissioni formate per affrontare questioni relative agli intralci al commercio e alla navigazione. Si può quindi ipotizzare che fosse il suo successo come mercante a giustificare la sua inclusione tra i sapientes. Nel 1327, egli fu scelto come esattore di un’imposta diretta per il quartiere di Foriporta, nel quale allora risiedeva, come tutti i discendenti del giudice Ranieri. La sua ascesa politica fu coronata nel settembre-ottobre del 1330 con l’ammissione all’anzianato. Egli fu poi di nuovo anziano cinque volte, l’ultima volta nel marzo-aprile del 1349.
Sulle prime fasi dell’impegno commerciale di Baldo non sappiamo nulla, ma sappiamo che, all’inizio degli anni Trenta si trasferì dal quartiere di Foriporta al quartiere di Mezzo.
A Pisa il successo economico e sociale di un mercante era spesso segnalato dalla costruzione di una nuova abitazione all’altezza delle sue ambizioni, non di rado lontana dal nucleo di residenza della famiglia d’origine. Questa circostanza, insieme alla designazione a incarichi politici di rilievo, fa pensare che il decollo delle attività di Baldo sia collocabile negli anni Venti.
L’operosità commerciale di Baldo ci è nota in maniera abbastanza approfondita solo per una fase decisamente successiva. Nell’Archivio di Stato di Pisa è infatti conservato un libro contabile (Opera del Duomo, n. 1283), che copre gli anni compresi tra il 1354 e il 1371, relativo all’attività sua e dei figli. I da Sancasciano praticavano in effetti il commercio di panni attraverso un’azienda familiare, della quale Baldo rimase titolare fino alla morte (occorsa nel 1358), e che fu poi gestita dai figli Gherardo, Giovanni, Iacopo e Filippo. Il libro giunto fino a noi è in pratica quello dei fornitori, nel quale venivano registrati gli acquisti dei panni all’ingrosso.
Baldo e i suoi figli si servivano direttamente presso decine di lanaioli, dai quali compravano grandi quantità di panni ‘pisaneschi’. Era sempre principalmente sulla piazza di Pisa che i da Sancasciano si rifornivano anche di molti dei tessuti italiani ed europei più richiesti, acquistandoli da mercanti fiorentini ma anche comaschi, bresciani, bergamaschi, parmensi, genovesi e catalani attivi nella città tirrenica. Il libro mostra però che Baldo e i suoi figli si approvvigionavano anche su altre piazze italiane. Nella seconda metà degli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta, fu principalmente Filippo a operare come agente a Firenze, Prato, Milano, Como – centri di produzione di alcuni dei panni italiani più apprezzati sui mercati internazionali – e Venezia. Nella seconda metà degli anni Sessanta, invece, i da San Casciano si dotarono di una rappresentanza stabile a Genova, composta da un socio, Giovanni da San Casciano, e da un fattore, Arrigo di Frasso. Una parte probabilmente rilevante dei panni comprati dai da Sancasciano veniva venduta al taglio in una o, tra il 1360 e il 1362, due botteghe cittadine, attraverso compagnie appositamente create con altri operatori pisani. Tuttavia, gli acquisti erano talmente consistenti da rendere plausibile che, come per altre società pisane analoghe, l’attività propriamente da ritagliatori fosse affiancata dalla vendita all’ingrosso ad altri mercanti, soprattutto forestieri.
Solo dopo la morte di Baldo, nel 1358, i suoi figli compaiono nell’anzianato. Finché fu in vita, infatti, Baldo non solo mantenne il saldo controllo della compagnia, ma conservò anche il monopolio della rappresentanza politica del gruppo familiare. Filippo fu anziano per la prima volta nel novembre-dicembre del 1358, Gherardo nel novembre-dicembre del 1359, Giovanni nel febbraio-marzo del 1366.
I da Sancasciano sono in genere inclusi dagli storici tra le famiglie che aderirono al partito ‘raspante’, una delle due fazioni (l’altra era quella dei ‘bergolini’) nelle quali dopo la morte di Ranieri Novello di Donoratico, signore di Pisa dal 1340 al 1347, si spaccò il gruppo dirigente cittadino. I ‘raspanti’ avevano un orientamento politico antifiorentino, mentre i ‘bergolini’ erano favorevoli al mantenimento di buoni rapporti politici ed economici con Firenze. I da Sancasciano accesamente ‘raspanti’ tuttavia non erano i discendenti di Ranieri giudice, ma del ramo dei Lanfranchi al quale si è già fatto accenno. Baldo e i suoi figli non sembrano avere partecipato in prima linea alle lotte di fazione. Essi compaiono solo due volte nell’anzianato negli anni della signoria ‘raspante’ di Giovanni dell’Agnello (1364-68), e non svolsero incarichi politici di rilievo. Al contrario, i figli di Baldo, e in particolare il primogenito Gherardo, conobbero una vera e propria affermazione politica durante la signoria del capo dei ‘bergolini’, Pietro Gambacorta (1370-92). Tra l’estate del 1369 – quando Pietro non era ancora formalmente signore, ma esercitava già una forte influenza sulla vita politica cittadina – e il 1391, Gherardo fu anziano per ben nove volte, Giovanni tre volte, una volta Iacopo, per un totale di tredici partecipazioni che fanno di questo gruppo familiare uno dei più presenti nella massima magistratura popolare negli anni del Gambacorta. In questa fase, Gherardo partecipò molto spesso anche alle commissioni di sapientes.
Dagli anni Settanta, in parallelo con la crescente visibilità politica dei figli di Baldo, vengono invece a cessare le attestazioni di un loro impegno diretto nel commercio. Probabilmente la fortuna accumulata consentiva loro una vita agiata investendo i capitali nelle imprese di altri operatori senza dedicarsi in prima persona alla mercatura.
Anche in questo ambito, il nostro gruppo familiare non va confuso con gli altri da Sancasciano, ramo collaterale e ‘popolarizzato’ dei Lanfranchi, residenti nel quartiere di Kinzica. Quest’altra famiglia annovera infatti negli anni Ottanta e Novanta mercanti-banchieri di primo piano, come Lapo e Simone di Lotto e Giorgio di Francesco.
La fine della signoria di Pietro Gambacorta e la presa di potere di Iacopo d’Appiano non significarono la disgrazia politica dei figli di Baldo, che compaiono ancora nell’anzianato, anche se non con una frequenza tale da far pensare a una loro particolare vicinanza al signore.
Dopo la conquista fiorentina di Pisa (1406), i discendenti di Baldo andarono incontro allo stesso destino di dispersione geografica e indebolimento economico che interessò molte altre famiglie del gruppo dirigente pisano. Il figlio di Giovanni di Baldo, che portava lo stesso nome del nonno e faceva il mercante, si trasferì a Mantova tra il 1409 e il 1412. Mariano di Gherardo scompare dopo il 1412 senza lasciare discendenza, non è possibile sapere se per estinzione o emigrazione. L’altro figlio di Gherardo, Giovanni, era ancora vivo, ottuagenario, nel 1428, quando era operaio dell’opera del Duomo, ma nel catasto di quell’anno risulta privo di eredi. Nessuno dei discendenti di Baldo si unì alla diaspora che portò i più intraprendenti mercanti pisani a trasferirsi in Sicilia, dove molti di essi si integrarono nei livelli più alti della società locale. Questa circostanza è una conferma indiretta del fatto che dopo l’eclatante ascesa di Baldo, che aveva lasciato in eredità ai figli un’attività di successo, il gruppo familiare aveva sostanzialmente abbandonato la grande mercatura. La famiglia si estinse entro i primi decenni del Quattrocento.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Pisa, Opera del Duomo, n. 1283; Comune A 50, cc. 46v-47r, 50 rv, 51r-52v, 55v-56v, 83r; Comune A 93, c. 62r; Comune A 67; Comune A 72; Breve Vetus seu Chronica Antianorum Civitatis Pisarum, a cura di F. Bonaini, in Archivio storico italiano, VI (1845), pp. 647-792, disponibile anche on-line all’indirizzo http://icon.di.unipi.it/ricerca/html/bvc.html (10 agosto 2017).
O. Banti, Iacopo d’Appiano. Economia, società e politica del comune di Pisa al suo tramonto (1392-1399), Pisa 1971, ad ind.; G. Petralia, Mercanti e famiglie pisane in Sicilia nel XV secolo, Roma 1983, ad ind.; F. Melis, Uno sguardo al mercato dei panni di lana a Pisa nella seconda metà del Trecento, ora in Id., Industria e commercio nella Toscana medievale, a cura di B. Dini, Firenze 1989, pp. 108-156; L. Ticciati, S. Casciano: la famiglia signorile, il luogo e gli abitanti nel rapporto fra città e contado, in Progetti e dinamiche nella società comunale italiana, a cura di R. Bordone - G. Sergi, Napoli 1995, pp. 101-239; A. Poloni, Trasformazioni della società e mutamenti delle forme politiche in un Comune italiano: il popolo a Pisa (1220-1330), Pisa 2004, pp. 138-141, 442 s.; A. Poloni, «Nec compelli possit effici civis pisanus»: sviluppo dell’industria laniera e immigrazione di maestranze forestiere a Pisa nel XIII e XIV secolo, in Cittadinanza e mestieri. Radicamento urbano e integrazione nelle città bassomedievali (secc. XIII-XVI), a cura di B. Del Bo, Roma, 2014, pp. 235-262; Ead., Pisa negli ultimi decenni del Trecento: i mercanti-banchieri e i ritagliatori, in Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge, in corso di stampa.