SAN SEVERO (A. T., 24-25-26 bis)
Cittadina della provincia di Foggia, antica capitale della Capitanata e del Molise, situata a 89 m. sul mare a N. del Tavoliere fra i torrenti Radicola e Triolo. Conserva tuttora le vecchie mura semidirute e due porte delle sette antiche, e ha strade che si aprono fra case basse con tetti a basso spiovente. È un importante centro industriale e commerciale di vini rossi da taglio e bianchi da pasto, con fabbriche di liquori, di cremore e derivati, e di laterizî; ha stazione ferroviaria sulla linea Foggia-Pescara con diramazione Per il Gargano (Peschici) ed è servita da linee automobilistiche pubbliche. Il vasto territorio ha una superficie di 333,15 kmq. e 36.259 ab. (1931; 19.582 nel 1881, 32.202 nel 1911, 34.606 nel 1921), il 4% dei quali vivono in case sparse e il resto nel centro capoluogo. I prodotti agricoli principali sono grano, avena, granoturco, fave, ortaggi, vino e olio d'oliva.
Storia. - Modesto borgo, conteso dai varî dominatori succedutisi nell'Italia meridionale per la forte sua posizione, per essere una terra di confine e per la ricchezza delle sue campagne, nel sec. XII emerge alla luce della storia con una organizzazione cittadina progredita. Conquistata da Roberto il Guiscardo, ceduta in grancia ai benedettini di Torremaggiore, definì con l'abate Adenolfo e tradusse in iscritto le fin allora vigenti consuetudini tributarie e giudiziarie (1116).
Rinomata già fin dal sec. XII per il suo vino, la sua campagna era coltivata a grano ed olivo, le foreste utilizzate dalla classe dei carbonai (ricordati nel documento del 1116), ed era sede fin da allora di mercanti veneti, fiorentini ed orientali e di Ebrei. All'ombra dell'abbazia non lambita quasi affatto dalle fiamme delle guerre che avvolsero l'intera regione, Sansevero crebbe arricchendosi di elementi venuti da ogni parte. Ma all'interno, moti agrarî di rivendicazioni sociali segnarono spesso le tappe di quel progresso: dapprima contro l'abate, poi contro il signore feudale, e in tempi più recenti contro i latifondisti borghesi. Passò, per volere di Federico II (1230), ai Templari. Soppresso l'Ordine, fu devoluta al Demanio regio, e vi rimase, finché fu ridotta, dopo lungo assedio, in potere del conte di Vico (1307), cui venne riconosciuta da Sancia moglie di Roberto d'Angiò. Riscattatasi dai signori di Vico con 6500 once, ritornò al Demanio. Alfonso I d'Aragona la cedé a Paolo di Sangro; e sotto quest'ultima signoria soffrì assedî e calamità varie avendo i principi di Sangro partecipato alla congiura dei baroni e a tutte le guerre che funestarono l'Italia meridionale nel primo trentennio del sec. XVI. Venduta da Carlo V al duca di Termoli, la cittadina tentò redimersi a Uberto offrendo una somma maggiore. Ma impotente a far fronte agl'impegni assunti, fu nuovamente venduta ai Di Sangro di Torremaggiore che divennero principi di Sansevero e la tennero con durezza, fino all'eversione della feudalità (1809). Il terremoto del 1627 la ridusse un mucchio di rovine.
Democratizzatasi ai primi del 1799, ritornò presto al partito realista. A riconquistare Sansevero e la Puglia, lo Championnet, d'accordo col Governo provvisorio, decise una spedizione che mosse dalla Terra di Lavoro verso Foggia, e debellò dopo aspra lotta Sansevero.
Bibl.: M. Fraccacreta, Teatro storico-poetico della Capitanata, Napoli-Lucera 1828-43, I, pp. 189-192; II, p. 58 segg.; rapsodie IX-XI (voll. V e VI); V. Fr. D'Ambrosio, Memorie storiche della città di Sansevero in Capitanata, Napoli 1875; E. Nessi, Sansevero, in Pensa, Capitanata, Cerignola 1930; M. Fraccacreta, La passione di Sansevero nel 1799, Foggia 1929; A. Lucarelli, La Puglia nel Risorgimento. La rivoluzione del 1799, Bari 1934, pp. 253-63; O. Marangelli, Sansevero, in Ospitalità italiana, VIII (1933), numero illustrante "Foggia e la Capitananta"; id., Sansevero nei primi secoli dopo il Mille, in Popolo nuovo, Foggia, 21 gennaio 1935.