SAN DEMETRIO Corone (A. T., 27-28-29)
Grosso aese della provincia di Cosenza, situato a 521 m. s. m., sul fianco NO. della Sila Greca. È capoluogo del comune omonimo (69,87 kmq.), nel cui territorio si trovano anche il paesetto di Macchia Albanese, 3 km. a NE. di San Demetrio, e molte abitazioni sparse specialmente nel terreno collinoso a O., verso il Crati. La popolazione totale del comune era di 3297 ab. nel 1871, 5125 nel 1901, 3503 nel 1921 (forte emigrazione), 4694 nel 1931 (di cui 2600 nel centro principale); occupazioni essenziali l'agricoltura e la pastorizia.
S. Demetrio ha popolazione albanese, che conserva il linguaggio originario, con tendenza però sempre maggiore a usare anche il linguaggio calabrese e a sostituirlo, specialmente negli usi economici, al proprio. Usato tuttora è l'abbigliamento femminile, composto (vestito di gala; esiste anche un costume giornaliero più semplice, con tendenza al disuso) di gonna rossa e verde (camisola) con lembo gallonato, giacchettina con orlo e spalle gallonate e maniche stellate (gipuni), e di una breve veste di raso verde o turchino, trapunto e gallonato d'oro (zogha), con fittissime pieghettature verticali, che si sovrappone alla gonna, legandola al petto con un cinto di seta ornato davanti di una placca a ricami dorati (pantera). Caratteristici gli usi nuziali contraddistinti da canti a coro in lingua albanese e da un simulacro di ratto della sposa. Il rito è bizantino (eparchia vescovile di Lungro istituita nel 1919 da Benedetto XV per gli Albanesi di Calabria).
San Demetrio ha un R. Liceo-ginnasio italo-albanese e un convitto nazionale (già Collegio italo-albanese o corsiniano esistente sino al 1794 a S. Benedetto Ullano per la formazione del clero cattolico di rito greco), accanto al quale è la chiesa di S. Adriano, insigne monumento di arte normanna del sec. XI o XII, con resti musivi e scultorei assai importanti.
S. Demetrio è unito con servizio automobilistico a Cosenza (da cui dista 65 km.) e alla stazione ferroviaria di Corigliano Calabro (km. 31).
Storia. - Ai piedi del monte Santo, san Nilo di Rossano fondò (955), presso le rovine della chiesetta dei Santi Adriano e Natalia, un monastero, ben presto distrutto dai Saraceni, ma poi (980 circa) risorto per opera di San Vitale da Castronuovo. Strettamente unita alla vita del monastero fu quella della città, che divenne con gli anni il centro intellettuale degli Albanesi e sede di un loro vescovato. Ferdinando IV di Borbone vi istituì (1791) un collegio italo-greco, tuttora fiorente, che, soppresso il vecchio monastero (1794), incorporò la chiesa di Sant'Adriano. Alla fine del sec. XVIII la giurisdizione civile apparteneva alla Curia; la criminale ai Sanseverino di Saponara.
Giustiniani, Dizionario, VIII, p. 142; P. Orsi, Le chiese basiliane della Calabria, Firenze 1929, pp. 153-186.